Giuseppe Tito |
Fonte: Ciriaco M. Viggiano da Il Mattino
Meta - Le spese non mancavano. A quelle ordinarie, però, i vertici della coop San Michele - secondo i magistrati - avevano dovuto aggiungere quelle «necessarie» per aggiudicarsi la gestione del parcheggio sul mo lo di Meta: 2.500 euro al mese per sei mesi da versare a Giuseppe Tito, sindaco e consigliere metropolitano in quota Pd, cui la Guardia di finanza ha notificato ieri un avviso di conclusione delle indagini. Per questa ma anche altre vicende. I reati ipotizzati dalla Procura di Torre Annunziata? Corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, abuso d'ufficio, turbativa d'asta, peculato, omessa denuncia e falso. Sotto inchiesta pure il comandante dei vigili urbani Rocco Borrelli, le dirigenti comunali Paola De Maio e Rina Paolotti, gli imprenditori Nunzio Lardaro, Antonino Staiano, Carmela Izzo e Aniello Donnarumma. Stando a quanto ricostruito dal pm Silvio Pavía con l'aiuto delle fiamme gialle di Massa Lubrense, coordinate dai tenenti Nunzio Difonzo e Leonardo Cuneo, l'affidamento della gestione del parcheggio sul molo di Meta per il 2012 sarebbe avvenuto m base a un accordo tra Tito, all'epoca assessore al Corso pubblico, e Antonino Staiano, socio fondatore della cooperativa San Michele. Per ottenere la gestione del servizio il presidente della società Nunzio Lardare avrebbe versato all'attuale sindaco, tramite Staiano, appunto 2.500 al mese per sei mesi: una somma che sarebbe stata ricavata occultando parte degli incassi giornalieri del parcheggio.
Ecco perché i finanzieri hanno sequestrato 15mila euro che Tito avrebbe percepito tra aprile e ottobre del 2012. In più, il sindaco e Staiano avrebbero indotto Lardaro ad assumere Carmela Izzo con l'incarico di amministrare in via esclusiva la cassa del parcheggio. In questo scenario c'è spazio anche per il comandante Borrelli, inquisito per abuso d'ufficio e turbativa d'asta per aver curato à iter di affidamento del servizio. Nel mirino della Procura è finito pure il trasporto scolastico per il 2014-2015 che sarebbe stato affidato alla ditta Amps nonostante questa fosse priva dei requisiti indicati dalla legge regionale 13 del 2011. La società, infatti, non risultava iscritta all'albo campano, era titolare di una licenza a livello nazionale e non disponeva di un'autorimessa nel territorio di Meta avendo la sede legale e quella operativa a Piano. Perciò i magistrati ipotizzano l'abuso d'ufficio per Tito, definito «sindaco e istigatore», e Rina Paolotti, dirigente comunale che a settembre 2014 firmò la determina di affidamento del servizio. Stesso discorso per Antonino Staiano, amministratore di fatto dell'Amps, che grazie a quel provvedimento avrebbe avuto la possibilità di gestire un servizio al quale altrimenti non avrebbe potuto aspirare. Terza questione al centro dell'inchiesta è l'appalto per le luminarie natalizie del 2014 che sarebbe stato di fatto assegnato alla ditta Tecnoservice prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte. Qui è implicata Paola De Maio, numero uno dell'ufficio Lavori Pubblici: nonostante la dirigente avesse fissato la scadenza del bando per il 3 novembre, le luminarie sarebbero state montate dalla Tecnoservice tra il 13 e il 14 ottobre. Dopo le proteste della minoranza e su ordine di Tito, De Maio annullò la procedura per poi indire una seconda gara vinta sempre dalla ditta di Aniello Donnarumma. Ma c'è di più. Tra il 15 e il 16 ottobre il Comune avrebbe ordinato di smontare le luminarie. Gli operai, però, non avrebbero rimosso i fili di ferro e i cavi elettrici, lasciandoli scoperti. Danni che Tito e Borrelli, in un'informativa trasmessa alla Procura, avrebbero attribuito «all'opera di ignoti». Salvo poi pagare una ditta metese per rimuovere fili di ferro e cavi elettrici invia Santa Lucia, al Casale e nella frazione di Alberi. Di qui le accuse di falso, omessa denuncia e peculato.
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