di Filomena Baratto
Vico Equense - La nostra vita comincia con il Padre, quello nei cieli, che amandoci, ci protegge. La paternità ci è stata data prima della maternità. E in questa “deiezione” sulla Terra, suolo freddo e pieno di insidie lo stesso Padre ci ha dato il conforto della madre. Una donna che si preoccupasse di noi, ci allevasse e ci tirasse su con tutto l’amore di cui era capace, in una simbiosi perfetta. Ella ama prima ancora di capire. Ma un padre non ha nessun cordone ombelicale con il figlio se non il seme che ha piantato. Il titolo se lo deve conquistare, non lo eredita, non lo detiene. Una conquista culturale, educativa e affettiva. Al padre padrone si è sostituito quello permissivo e oggi è la volta del padre orsacchiotto, quello amorevole che gioca con il figlio, lo aiuta, lo sostiene, si vestono allo stesso modo, e hanno l’aria di essere amici o compagni di scuola. Non si può solo giocare ed essere amico del figlio, ritornando bambino con lui. Il padre, fan dei figli o il tipo Peter Pan non sappiamo a cosa possa servire.“Responsabilità” è quello che ci vuole. Il padre rassicura con la sua presenza, col suo affetto, ed educa quando non si sottrae al ruolo delegando gli altri. Il suo senso paterno risentirà sempre di quel bambino che è stato, di quel padre che ha avuto, di quelle mancanze mai colmate. E quale sia il suo stato o la sua condizione, deve comunque educare e crescerà con i figli, se non lo ha ancora fatto.
Il padre conquista il figlio con la sicurezza, fornendogli quel punto di riferimento di cui ha bisogno, con la sua presenza continua e attiva. Per essere amato deve svolgere il suo ruolo pienamente evitando di agevolare il figlio in tutto e per tutto. Siamo passati da un padre arcigno e manesco a un altro senza spina dorsale, un padre accomodante che non vuole affrontare i problemi ma solo rimandarli, come se i figli dovessero capire da soli. La crescita non fornisce la conoscenza necessaria ad ogni costo. Non garantisce la maturità e la figura paterna è fondamentale senza la quale ci si disorienta. Forse c’era più amore in quel rincorrere il figlio con la cinghia in mano e mai picchiarlo, che oggi lasciarlo alla mercè della quotidianità come se bastasse vivere per crescere. Il padre è diventato una sorta di mamma alternativa assolvendo a tutte quelle funzioni che prima svolgeva solo lei. Così lascia molte cose al caso, un vuoto dove si innesta la sua debolezza e non la sua autorevolezza. Non sa dire di no, cerca il compromesso, senza sapere che questo rappresenta l’inizio di una piccola tirannia. La famiglia mulino bianco degli anni 80 è lontana anni luce. Oggi della casa restano le pareti, ma il focolare bisogna ricostruirlo. Con la scusa della famiglia allargata non sappiamo più a chi tocca fissare le regole, ammesso che si percepiscano ancora come una necessità e non come qualcosa di obsoleto. Senza regole non c’è alcuna educazione e talvolta la scambiamo per conoscenza del galateo. Tra sapere come si saluta alle due del pomeriggio e come comportarsi quando riceviamo un’offesa, c’è un abisso. I figli hanno bisogno di regole, di chiarezza di ruoli, e vogliono sentirsi dire un sì o un no con convinzione. Un padre che dà un assenso, lo deve dare pienamente, convinto e quando dice no, non deve transigere. Cambiare idee con i figli, da un momento all’altro, in base all’occorrenza, può essere rischioso e fa perdere la credibilità. Si acquista autorevolezza con la presenza, condividendo con lui momenti importanti, supportandolo quando manca di fiducia in se stesso. Una presenza assidua dà al padre un potere che non può acquistare con nessuna cinghia e nessuna alzata di voce o intimorendo. E’ questo un rapporto privilegiato dove la fiducia è data dalla conoscenza, dal confronto e dal dialogo. Un figlio conosce e si abitua al pensiero del padre e guarderà a lui sempre, come la strada da seguire, la guida, il suo eroe e a cui tendere e somigliare. L’educazione in genere, e in particolare quella paterna, è fatta di un ascolto, di dialogo costruttivo, un prendere atto che un figlio dipende da noi, dai nostri pensieri, atteggiamenti, dalle nostre priorità che diamo alla vita. Quello che una volta si otteneva con le punizioni , lo si ottiene oggi con l’ascolto, senza per questo accondiscendere o mercanteggiare quelli che sono i doveri e gli impegni da entrambe le parti. Ci vuole più forza a dare delle regole, ad ascoltare che ad alzare la voce o peggio mediare con i soldi e dire di sì. Spesso, venendo a mancare il tempo, si affida un figlio alla società credendo che gli amici gli spieghino le cose, che le cattiverie lo fortifichino, che, stando per strada, impari la vita, che il miglior insegnamento venga dagli altri. Quanti genitori riempiono il loro vuoto dando laute somme di denaro per colmarli di “cose” ma non di affetto. Il denaro insegna loro che tutto può essere comprato, anche il bene. Con queste basi cresciamo un despota, un uomo freddo che non avrà calore da alcuna cosa nella vita. Il padre orsacchiotto darà al figlio il denaro, quello autorevole solo quello di cui necessita. Un padre autorevole lascia che il figlio desideri e non compra prima ancora che possa chiedere. Dobbiamo riappropriarci della figura paterna, forse oscurata da una figura materna gigante, diventata tale per essere stata lasciata sola per troppo tempo a dirimere questioni importanti, assolvendo ad ogni ruolo compreso quello di educare. L’eroe paterno oggi è lontano, in un viaggio da cui ancora non ritorna e il figlio lo vive nell’attesa, lo aspetta, lo immagina, lo chiede, ma non c’è. Un padre che insegni ad ubbidire, verbo in disuso. Chi non ubbidisce da ragazzo non potrà essere autorevole a sua volta da adulto e così si finisce per essere deboli e incapaci di gestire. Egli ha una grande influenza anche sul rapporto madre figlio, è colui che illumina, mette in luce, chiarisce, come un mediatore.
Il padre è come uno specchio in cui il figlio si guarda ad ogni età per trovarci il suo eroe. E meglio ancora se questo eroe è un umano lontano dai sogni, che piange e ride, prova dolore e sentimenti proprio come il figlio, un padre che sia prima ancora un uomo e sia capace di insegnare l’umanità, fatta di genialità e miseria allo stesso tempo. Solo mostrandosi vero, insegnerà ad essere forti.
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