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giovedì 27 luglio 2017

Zi’ Vicenza - ‘Na tazzulella 'e cafè

Dipinto di Antonio Asturi
di Filomena Baratto

Vico Equense - Ci sono personaggi che attraversano la nostra vita come meteore, eppure così intensamente che è difficile liberarsene. Zi’ Vicenza è stato un flash per me, ma ha lasciato un ricordo chiaro e indelebile. Abitava a San Salvatore, borgo vicano, era una donnina piccola e brontolona, con al seguito cani e gatti presi dalla strada e trattati come figli. L’ho conosciuta che era anziana, aveva una personalità affascinante, tanto da tirarla fuori dalla memoria. E poi, non so come, o perchè o cosa mi abbia riportato a lei, ma ho sentito il bisogno di inserirla tra i personaggi del mio nuovo romanzo. A volte non siamo più padroni della nostra creatività e i personaggi si presentano a noi pur non avendoli cercati, come accade per i “Sei personaggi in cerca di autore” di Pirandello. Lei, attraverso un filo di labili ricordi, sfumati, appena leggibili, eppure così intensi, in punta di piedi ha bussato alla mia fantasia, presentandosi in tutta la sua indole vulcanica. Viveva con una sorella, una donna tranquilla, serena, contrariamente a lei, tutto un fuoco. Mi colpiva la sua perspicacia, la rapidità di pensiero, l’avere sempre una risposta pronta per tutti, a tratti scorbutica, ma all’occorrenza affettuosa, premurosa, anche dolce. Quando andavamo a fare loro visita, a zia ‘Ngiolina, preferivo lei. A volte le si dava della matta, ma come tutti i matti che si criticano, aveva un animo sensibile, fin troppo. Voleva sembrare distaccata dai fatti, dai problemi, ma poi era una fucina di risposte. Vivevano sole, lei era sempre fuori a passeggio con la “figliolanza”, difficile trovarla in casa. Di lì a poco arrivava con la sua corte al seguito, che faceva mangiare lanciando cibo ben nascosto nelle tasche: semi, pane, frutti. Quest’immagine che dava entrando in casa, mangiucchiando sempre qualcosa, parlando strada facendo con i suoi piccoli amici, era proprio l’immagine della felicità ai miei occhi di bambina. Ora mi è diventata così cara, che,avendo finito di scrivere il romanzo e abbandonando il personaggio, mi sento già orfana. Ma dopo le emozioni vissute con lei scrivendo la storia in cui l’ho inserita, sono di nuovo qui a parlarne, segno che mi ha lasciato qualcosa dentro di inspiegabile.

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