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mercoledì 22 novembre 2017

Molestie sessuali e violenze


di Filomena Baratto

Vico Equense - Il molestatore è chi non lascia in pace qualcuno per qualche motivo e si accanisce nei suoi confronti. Il termine significa importunare, infastidire, tormentare. Il molestatore sessuale è tra quelli più accaniti. La molestia, secondo il codice penale, art. 660, prevede sia l’arresto fino a sei mesi, che un’ammenda e rientra tra i delitti meno gravi di quelli a fondo sessuale, ma non per questo trascurabile. Per violenza sessuale basta che in un pullman un uomo abbia l’impulso a toccare e a strofinarsi contro una persona non consenziente. E’ questa la pratica del “frotteurismo “. Essa diventa reato contro la persona con l’art. 609 bis del codice penale. In ogni rapporto senza consenso dall’altra parte, scatta la violenza. Il molestatore si accanisce, perde la consapevolezza di quello che può succedere anche se sa quello dove vuole arrivare. E così la molestia diventa stupro quando, innescato il meccanismo, non lo si può più arrestare. C’è una novella di Verga: Tentazione! che ci fa capire come una molestia si trasforma in stupro, fino alla tragedia. Racconta di tre ragazzi che tornando da una festa, in provincia di Milano, svoltando per una strada di campagna, si trovano davanti una ragazza sola. Il vederla e formulare il cattivo pensiero, è tutt’uno.
 
Complice il buio e la bellezza. Gia’ nel titolo è racchiusa la colpa della carne, a cui i ragazzi non resistono, e sebbene stanchi, sono pronti a divertirsi. Dopo averla circuita e abusato di lei in tre, sono costretti a ucciderla quando si rendono conto che potrebbe denunciarli. Nello sforzo di seppellirla, compiono l’ultimo scempio che è quello di tagliarle la testa, visto che non riescono a sistemarla nella buca che le hanno scavato. A questo punto subentra una terribile paura per quel che è successo e non riescono a staccarsi l’uno dall’altro temendo che ciascuno possa fare da spia. Qui bisogna fare una distinzione per quanto concerne la passione che, nell’animo semplice del popolo si fa istintiva con gesti violenti che riportano ad atti primitivi, istinti primordiali, come una forza da incanalare, segno di quella ancestrale aggressività necessaria alla sopravvivenza. Ma la passione alberga allo stesso modo anche in un animo più elevato, che si comporterà come nell’altro caso, forse usando maggiori astuzie. In un rapporto di violenza la donna risulta solo un contenitore per accogliere il male dell’uomo. Il quale, pur ammettendo dopo la sua colpa, non riesce a contenersi. E’ schiavo delle situazioni, è incapace di riflettere, ragionare sugli eventi, sottomesso al suo stesso bisogno. Nella Lupa dello stesso Verga, gli aspetti si capovolgono, la donna diventa ossessivamente bisognosa di essere accolta mentre l’uomo, non potendo liberarsi dalla persecuzione di cui è oggetto, giunge perfino a ucciderla. Nella Lupa c’è un istinto femminile al di sopra di ogni normale considerazione, che diventa letale per lei. Come se quell’ancestrale bisogno di essere accolta diventasse condanna fino a trovare la morte. Il sesso confonde e diventa disastro quando si vogliono staccare sesso e amore e viverli separatamente. Nello stupro c’è un ritorno alla primitività, a un istinto eccessivo che diventa disfunzione. Talvolta l’ istinto viene salvaguardato come nella leggenda del ratto delle Sabine. Romolo vuole popolare il suo territorio e con l’inganno, per servirsi delle donne, organizza una festa, che diventa un vero e proprio stupro delle ospiti. Per quanto l’episodio venga condannato, la grande causa di popolare Roma giustifica la presa delle donne con violenza. Ancora oggi, malgrado si faccia opposizione alle violenze sessuali, si dirà sempre che le motivazioni albergano altrove: la gonna troppo corta, la notte complice, la provocazione, il fidarsi degli amici, il denunciare con ritardo, insomma la colpa sarà sempre della donna vista come istigatrice e mai delle cattive intenzioni di chi la avvicina. L’ONU nel 1975 decretò la violenza sulle donne come il crimine più diffuso al mondo e lo è ancora oggi, dopo quasi 50 anni. Lo stupro, cosa ben diversa dal molestare, che potrebbe essere la sua anticamera, è un atto depravato e da condannare.”Vis grata puellae…”, la violenza piace alla donna, diceva Ovidio nell’Ars Amatoria, ma lo pensano così anche i misogini, e in molti che sanno esercitare solo la forza. L’uomo violento lo è in tutte le sue espressioni. Ma d’altra parte come crediamo di scardinare questa piaga se nel mondo, veder morire gente è all’ordine del giorno e, stabilito che si muore anche per un sopruso, la violenza di uno stupro, sarà vista sempre alla stessa stregua della guerra, che si combatte in più parti del mondo. E così diventa una guerra come un’altra e mai inteso come una lotta di genere. Questo è uno dei motivi per cui oggi, malgrado le attenzioni e le considerazioni e le battaglie a favore delle donne, si muore ancora di stupro, così come si muore in guerra.

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