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lunedì 22 ottobre 2018

Social e smartphone protesi dell`Io. Sempre più connessi, sempre più soli

Esperti a congresso, in aumento le «patologie del vuoto» 

Fonte: Raffaele Nespoli da Il Corriere del Mezzogiorno

Le patologie che colpiscono chi si nasconde dietro allo schermo di un pc o di uno smartphone e, più in generale, il tema del cambiamento indagato sia sotto il profilo clinico che sotto quello sociale e culturale, hanno animato il congresso nazionale della Federazione italiana delle associazioni di psicoterapia (presieduta dallo psichiatra e psicoterapeuta napoletano Giuseppe Ruggiero). Un congresso che ha portato a Napoli personaggi del calibro di Patricia Crittenden (presidente dell'Associazione Internazionale per lo Studio dell'Attaccamento) e Frank Lachmann (fondatore dell'Istituto per lo Studio Psicoanalitico della Soggettività di New York). «Viviamo in quella che si chiama look at me generation - spiega Ruggiero -, gli adolescenti hanno il bisogno di essere riconosciuti e visti, e la rete lo consente». Tuttavia, questo individualismo non è scevro da problemi. Lo specialista partenopeo spiega che smartphone e social sono come delle «protesi del nostro Io». Chiaramente la tecnologia in sé non è ne buona ne cattiva, ma neanche neutrale». I social, aggiunge Ruggiero, «sono una scorciatoia, un passepartout attraverso il quale mettersi in contatto con gli altri. Tuttavia quelle connessioni non sono relazioni vere e proprie, non si creano legami, ci si connette, appunto. Cosi l'adolescente si sente protetto dallo schermo, non ha bisogno di mettersi in gioco ma senza accorgersene si isola». Siamo sempre più connessi ma anche sempre più soli. Ruggiero sottolinea come questa situazione finisca per generare forme di sofferenza psichica, quelle che gli addetti ai lavori chiamano «patologie del vuoto».
 
Un vuoto esistenziale, che affligge chi non trova il proprio posto nel mondo. Spesso i ragazzi non riescono più a cacciare le incertezze attraverso l'aiuto di genitori e insegnanti, che dovrebbero sempre essere figure di riferimento centrali. Ancora una volta i social diventano un rifugio. «Il fenomeno degli Hikikomori (letteralmente "stare in disparte", ndr) in Giappone è un vero e proprio problema sociale. Adolescenti che vengono fagocitati dal mondo virtuale sino a restarne prigionieri. Diventano "dipendenti" dalla rete». In Giappone sono nate cliniche apposite. In Italia, fortunatamente, non siamo a questo punto, ma di ragazzi che non riescono più ad uscire dalle proprie stanze ce ne sono già tantissimi. «Le nuove forme di sofferenza sono attacchi di panico, depressioni, dipendenze, disturbi del comportamento alimentare, che esprimono la fatica di vivere in un mondo che ci offre tante possibilità di scelta, spesso illusorie, e ci costringe a "non sbagliare mai". La performance deve essere eccellente». Ecco perché al congresso di Napoli gli addetti ai lavori hanno anche insistito sul ruolo della famiglia, che oggi viene declinata in forme e modelli variegati e complessi. Quello che spesso manca è il conflitto generazionale e, diversamente da ciò che si potrebbe credere, è un male. «I genitori si mettono alla pari con i figli, utilizzando gli stessi strumenti offerti dalla rete, come Facebook, Instagram, WhatsApp e soprattutto gli stessi codici di comunicazione. In questo modo, mamme e papa diventano più che altro "contatti", amici; viene meno l'autorevolezza genitoriale. Cosi i genitori sono anch'essi irrisolti non riescono a fornire modelli relazionali ed educativi adeguati». Tutto ciò ha un risvolto drammatico: accanto alla crescita di comportamenti impulsivi e autolesivi, come il cutting, si assiste ad un livello di suicidi adolescenziali sempre più alto.

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