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Valeria Esposito
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I primi arresti 30 anni fa. Ma da allora poco è cambiato. Non servono animatori parrocchiali, ma professionisti preparati
di Valeria Esposito, counsellor professionista da Agorà
Vico Equense - Erano gli anni Novanta. Posso
dire" io c'ero”. All'epoca ero
una giovane operatrice della
Comunità semiresidenziale
per tossicodipendenti a Vico
Equense, piena di entusiasmo,
fiera di far parte di un gruppo
con cui condividere idee e ideali.
Con il tempo, la pratica e un
vagone di delusioni ho cominciato a guardare le cose con
più distacco e obiettività; almeno mi piace pensarlo.
In quegli anni, durante un
incontro pubblico tenutosi
al Sozi Carafa, per lanciare
le attività della Comunità e
sensibilizzare la cittadinanza, l'allora Presidente lanciò
“l'allarme coca in Penisola
sorrentina".
Inutile dire che molte voci si
levarono a protestare, manifestando sdegno per quest’onta
- ritenuta infondata - che andava ad offuscare la tranquillità borghese e sonnolenta della
nostra amata penisola.
Sono passati trenta anni, niente è cambiato.
Anche le reazioni sono le stesse. Indignazione o incredulità.
C'è chi scende dalle stelle e chi
dalle nuvole, senza aspettare
Natale.
E non insegna niente vivere
all' ombra di un vulcano, sotto
il cui placido aspetto cova la
lava. Se una cosa non si vede,
non necessariamente significa
che non ci sia.
L’esperienza del Covid non ha
insegnato proprio niente.
E’ mia opinione che, se non si
comincia a ragionare in modo
serio riguardo al fenomeno
droga, e a tutti gli intrecci che
ad esso sono connessi, nessuna azione si rivelerà efficace.
Soprattutto, credo che si debba smettere di pensare che il
nostro dovere è compito di
qualcun altro.
La droga non si sconfigge, e
questo è un dato acquisito.
Ma la si combatte, e anche
Con risultati eccellenti, se uno
Stato forte coinvolge, in una
programmazione frutto di
un'attenta lettura del territorio, tutti gli agenti sociali che,
indirettamente o direttamente, vi sono coinvolti.
Va quindi bene coinvolgere i
genitori: ma i genitori, prima
di essere formati, vanno informati. E va bene anche il coinvolgimento delle parrocchie:
ma davvero si può pensare di
affidare a volontari non competenti in materia, e già impegnati in una serie di azioni
nobilissime (assistenza agli
anziani, raccolta cibo e indumenti, e così via) il gravoso
compito di agire in questo
campo, che comporta un carico emotivo pesantissimo e una percentuale di successo bassissima?
Una figura sembra non venir
mai menzionata, sebbene sia
l'unica ad aver titolo ad agire:
il professionista, personaggio
per lo più sconosciuto, vista le
l'esitazione a far ricorso alle
sue prestazioni.
Prestazioni che, forse è bene
ricordarlo, si maturano grazie
a decenni di studio.
E con la pratica sul campo.
E’ lapalissiano, eppure qualcuno ancora lo ignora.
La droga è "roba" da professionisti.
Se non usciamo da questa
impasse, sottraendoci al pressappochismo ipocrita che
gioca sempre a uno scarico di
responsabilità, al mancato ricorso alle giuste competenze
(e non solo in questo campo),
non smetteremo mai di lamentarci "che le cose non vanno bene”, o che in Parlamento,
o in altri luoghi, siedono persone, per niente "deputate"
a quel ruolo, totalmente inesperte, a occupare quel posto
solo per giochi politici.
Occorre, una volta per tutte,
una politica sociale innovativa
e rivoluzionaria.
Una campagna di prevenzione
seria ed efficace.
Chi scrive ha più volte manifestato, anche in sedi istituzionali, la viva preoccupazione per la ricaduta della pandemia sulla tenuta psicologica delle persone, in particolare degli adolescenti. Senza lanciarsi adesso in una disamina della crisi che attraversa il mondo giovanile, privo di entusiasmo e di certezze, appare chiaro che l'aumento del consumo di droga è un dato da considerare, in una riflessione sullo stato delle politiche giovanili e sul disagio giovanile, che voglia dirsi veramente tale. Provo sconcerto nel leggere della preoccupazione che questa vicenda leda l'immagine della penisola. La penisola è fatta di persone, ciascuna con una sua propria specifica responsabilità, civile e morale. A me preoccupa, invece, l'immagine di chi si guarda allo specchio; riflesso che gli rimanda senso di
vuoto, solitudine e disperazione.
La droga può costituire una via di
fuga; anche dalla noia, perché no.
Le strategie da attuare sono tante,
a cominciare dal coltivare una cultura del bello e dell'accoglienza.
Una più che trentennale attività di
conduzione di gruppi giovanili mi
porta ad affermare con decisione
che il gruppo è un antidoto potente all’ isolamento, alla solitudine,
all’emarginazione, alla paura.
Se si cominciasse ad agire prima
che si verifichi un emergenza, i
prossimi titoli dei giornali potrebbero sorprenderci.
E il mio augurio per il nuovo anno.
Valeria Esposito, counsellor
professionista, ha iniziato il suo
percorso professionale come operatore nella Comunità semiresidenziale per tossicodipendenti a
Vico Equense, per occuparsi in seguito, nell'area compresa tra Massalubrense e Torre Annunziata, di
minori a rischio, curando anche i
contesti familiari.
Esperta di politiche giovanili e di
comunità, ha condotto, per conto
di AGITA, su sua ideazíone, il progetto Teatromoto, attivo a Poggio
Picenze (AQ) dal 2009 al 2018, in
favore delle popolazioni terremotate.
Conduce da più di trenta anni
gruppi di adolescenti, nell'ottica
della crescita consapevole e dello
sviluppo dell'autostima.
E' sua ferma convinzione che non
si nasca per legarsi nell'odio, ma
nell'amore.
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