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mercoledì 21 dicembre 2022

Vico Equense. Valeria Esposito, operatore sociale: droga a Vico cronaca di un'emergenza annunciata

Valeria Esposito

I primi arresti 30 anni fa. Ma da allora poco è cambiato. Non servono animatori parrocchiali, ma professionisti preparati

di Valeria Esposito, counsellor professionista da Agorà

Vico Equense - Erano gli anni Novanta. Posso dire" io c'ero”. All'epoca ero una giovane operatrice della Comunità semiresidenziale per tossicodipendenti a Vico Equense, piena di entusiasmo, fiera di far parte di un gruppo con cui condividere idee e ideali. Con il tempo, la pratica e un vagone di delusioni ho cominciato a guardare le cose con più distacco e obiettività; almeno mi piace pensarlo. In quegli anni, durante un incontro pubblico tenutosi al Sozi Carafa, per lanciare le attività della Comunità e sensibilizzare la cittadinanza, l'allora Presidente lanciò “l'allarme coca in Penisola sorrentina". Inutile dire che molte voci si levarono a protestare, manifestando sdegno per quest’onta - ritenuta infondata - che andava ad offuscare la tranquillità borghese e sonnolenta della nostra amata penisola. Sono passati trenta anni, niente è cambiato. Anche le reazioni sono le stesse. Indignazione o incredulità. C'è chi scende dalle stelle e chi dalle nuvole, senza aspettare Natale. E non insegna niente vivere all' ombra di un vulcano, sotto il cui placido aspetto cova la lava. Se una cosa non si vede, non necessariamente significa che non ci sia. L’esperienza del Covid non ha insegnato proprio niente. E’ mia opinione che, se non si comincia a ragionare in modo serio riguardo al fenomeno droga, e a tutti gli intrecci che ad esso sono connessi, nessuna azione si rivelerà efficace. Soprattutto, credo che si debba smettere di pensare che il nostro dovere è compito di qualcun altro.


 

La droga non si sconfigge, e questo è un dato acquisito. Ma la si combatte, e anche Con risultati eccellenti, se uno Stato forte coinvolge, in una programmazione frutto di un'attenta lettura del territorio, tutti gli agenti sociali che, indirettamente o direttamente, vi sono coinvolti. Va quindi bene coinvolgere i genitori: ma i genitori, prima di essere formati, vanno informati. E va bene anche il coinvolgimento delle parrocchie: ma davvero si può pensare di affidare a volontari non competenti in materia, e già impegnati in una serie di azioni nobilissime (assistenza agli anziani, raccolta cibo e indumenti, e così via) il gravoso compito di agire in questo campo, che comporta un carico emotivo pesantissimo e una percentuale di successo bassissima? Una figura sembra non venir mai menzionata, sebbene sia l'unica ad aver titolo ad agire: il professionista, personaggio per lo più sconosciuto, vista le l'esitazione a far ricorso alle sue prestazioni. Prestazioni che, forse è bene ricordarlo, si maturano grazie a decenni di studio. E con la pratica sul campo. E’ lapalissiano, eppure qualcuno ancora lo ignora. La droga è "roba" da professionisti. Se non usciamo da questa impasse, sottraendoci al pressappochismo ipocrita che gioca sempre a uno scarico di responsabilità, al mancato ricorso alle giuste competenze (e non solo in questo campo), non smetteremo mai di lamentarci "che le cose non vanno bene”, o che in Parlamento, o in altri luoghi, siedono persone, per niente "deputate" a quel ruolo, totalmente inesperte, a occupare quel posto solo per giochi politici. Occorre, una volta per tutte, una politica sociale innovativa e rivoluzionaria. Una campagna di prevenzione seria ed efficace. Chi scrive ha più volte manifestato, anche in sedi istituzionali, la viva preoccupazione per la ricaduta della pandemia sulla tenuta psicologica delle persone, in particolare degli adolescenti. Senza lanciarsi adesso in una disamina della crisi che attraversa il mondo giovanile, privo di entusiasmo e di certezze, appare chiaro che l'aumento del consumo di droga è un dato da considerare, in una riflessione sullo stato delle politiche giovanili e sul disagio giovanile, che voglia dirsi veramente tale. Provo sconcerto nel leggere della preoccupazione che questa vicenda leda l'immagine della penisola. La penisola è fatta di persone, ciascuna con una sua propria specifica responsabilità, civile e morale. A me preoccupa, invece, l'immagine di chi si guarda allo specchio; riflesso che gli rimanda senso di vuoto, solitudine e disperazione. La droga può costituire una via di fuga; anche dalla noia, perché no. Le strategie da attuare sono tante, a cominciare dal coltivare una cultura del bello e dell'accoglienza. Una più che trentennale attività di conduzione di gruppi giovanili mi porta ad affermare con decisione che il gruppo è un antidoto potente all’ isolamento, alla solitudine, all’emarginazione, alla paura. Se si cominciasse ad agire prima che si verifichi un emergenza, i prossimi titoli dei giornali potrebbero sorprenderci. E il mio augurio per il nuovo anno. 

Valeria Esposito, counsellor professionista, ha iniziato il suo percorso professionale come operatore nella Comunità semiresidenziale per tossicodipendenti a Vico Equense, per occuparsi in seguito, nell'area compresa tra Massalubrense e Torre Annunziata, di minori a rischio, curando anche i contesti familiari. Esperta di politiche giovanili e di comunità, ha condotto, per conto di AGITA, su sua ideazíone, il progetto Teatromoto, attivo a Poggio Picenze (AQ) dal 2009 al 2018, in favore delle popolazioni terremotate. Conduce da più di trenta anni gruppi di adolescenti, nell'ottica della crescita consapevole e dello sviluppo dell'autostima. E' sua ferma convinzione che non si nasca per legarsi nell'odio, ma nell'amore.

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