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sabato 20 maggio 2023

Storie di dolci e lavoro la saga dei Veniero da Vico a New York

di
Stella Cervasio da la Repubblica Napoli 

Francesco Durante, con i due volumi di "Italo-americana" vent'anni fa aggiunse un altro tassello al rapporto Italia-Usa sotto il profilo della narrativa, modificando la percezione dell'emigrante che si spinge oltreoceano: "Partono i bastimenti" non era il segnale di una sconfitta e di un lacerante esilio, ma piuttosto - nei testi che il saggista anacaprese aveva saputo ritrovare - un viaggio di scoperta, di se stessi e degli altri diversi da sè, e in molti casi un'appassionante avventura. “Una generazione divisa tra due mondi – scriveva Durante nell’introduzione a uno dei volumi della collana che dirigeva per Avagliano, "Transatlantica” – la quale, pur avendo già decisamente optato per l'America in cui è cresciuta e si è formata, non sa ancora bene, tuttavia, che cosa fare dell'altro e più antico suo retaggio.” Negli Stati Uniti le pasticcerie spesso sono anche ristoranti, contenitori e distributori di cibo a tutte le ore del giorno e della notte, e la domenica sono un riferimento non solo per le famiglie. Ne è un esempio Junior's a Broadway, per capirci, quello famoso per la cheesecake "più buona del mondo": ai suoi tavoli non si sente più smarrito chi si trova a dover trascorrere una domenica senza lavoro o senza famiglia nel giorno in cui la frenesia della città che non dorme mai è un po' attenuata. Anche gli italiani trovarono facile e confortante aprire botteghe di dolci una volta trasferiti oltreoceano, ed è dell'avventura di una di queste famigia, i Veniero, che ci racconta l'autrice televisiva Germana Valentini nel volume "Veniero. Storie di emigranti italiani a New York" (Colonnese editore). Il capostipite, Antonio Veniero, classe I871, lascio Vico Equense con alcuni compaesani, arrivando a Manhattan prima dell'emigrazione di massa. per stabilirsi nel Lower East Side. Apri un negozio sull'undicesima e importò il caffè alla napoletana a New York, tostandolo da solo nel suo cortile. Siamo ai primi del Novecento. L'ascesa, in seguito a un duro lavoro: il pasticciere originario di Vico Equense produsse torte del costo equivalente oltre 500 dollari odierni.

  Visse 45 anni a New York, poi passò il testimone ad altri: i suoi successori, i pronipoti Zerilli, hanno raccontato la lunga storia dagli albori del secolo breve a oggi che l'azienda è giunta alla quarta generazione e produce dolci di origine italiana e non solo, come quelli che in Usa chiamano "sosomelli" o i buccellati ai fichi siciliani, Un lungo viaggio che, strada facendo, ha visto la bottega di quello che era stato un giovanissimo imprenditore sorrentino trasformarsi a partire dalla palazzina di mattoni rossi di uno dei tenements - le prime case popolari affollate e difficilmente vivibili del quartiere dell'immigrazione, fino a diventare la pasticceria multietnica di Vip come Frank Sinatra. È difficile riuscire a farsi raccontare da chi ha scelto di trasferirsi oltre l'Oceano, stati d'animo e difficoltà incontrate. La lingua, i modi di pensare e di vivere, le stratificazioni di culture del melting pot statunitense, assai diverso da quello d'origine e poi, appunto, quel rapporto controverso con gli avanzi di un mondo che non apparteneva più a questi nuovi americani, pur continuando tenacemente ad appartenergli, lo volessero o no. Nelle antologie non scritte di chi ama gli States e li frequenta, c'è un bellissimo racconto di una famiglia originaria di Torre del Greco, trasferitasi in America quando ormai l'emigrazione di massa era un ricordo, solo per ricongiungimento familiare con un parente, anche lui pasticciere ma a Hoboken, New Jeresey. Il cognato, ex capitano di macchina sulle navi, cercò lavoro in un ospedale di New York, dove avrebbe diretto il settore delle caldaie. «Mio cognato non parla americano”, disse il pasticciere al manager che li ricevette. La risposta fu: «L’importante è che conosca la lingua delle caldaie.” La religione del lavoro, il senso del dovere hanno visto il figlio di quel signore subito assunto, un ingegnere che lavora nel settore del papà, tra i più attivi soccorritori della tragedia dell'11 settembre. Le loro foto e quella di Antonio Veniero, che si fece ritrarre dal fotografo alle fine del secolo in abito elegante, cravatta dal nodo allentato e grandi moustache, non sono distanti, nell'album degli italiani che si sono distinti lontano da casa.

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