di Antonino Siniscalchi Il Mattino
«Per questo dolce ho tratto ispirazione dal percorso della mia crescita professionale. Ho voluto mettere insieme i prodotti caratteristici della mia terra, adattarli al tema del concorso e metterli in perfetto equilibrio per "Miéttece a mana toja"». Sì, la mano di San Gennaro ha ispirato Ferdinando De Simone, ventinove anni domenica prossima, pastry chef del ristorante stellato Lorelei di Sorrento, che si è imposto per il miglior dolce realizzato nel corso della sesta edizione del contest «San Gennà... Un dolce per San Gennaro by Mulino Caputo». Un cake agli agrumi di Sorrento, realizzato con la Caputo Pasticceria, arricchito con fior di ricotta, ganache al cioccolato fondente Sao Thome, amarene Agrimontana, infuso di fiori estivi e basilico. Cosa rappresenta questa prestigiosa affermazione per un giovane pastry chef che ha acquisito la formazione "sul campo" nelle cucine di grandi ristoranti italiani, dopo una brillante carriera studentesca? «Sono felicissimo di questo premio e dico ai giovani come me: impegnatevi, studiate, sognate e vedrete che ogni traguardo diventerà raggiungibile. Ogni giorno deve essere una sfida a migliorarsi e a superarsi. Questi concorsi sono fondamentali, che si vinca o no. Sono l'occasione per ricercare nuovi abbinamenti, mettersi alla prova e confrontarsi con i colleghi». Il diploma di tecnico dei servizi ristorativi all'Istituto De Gennaro, la laurea in Tecnologie alimentari alla Federico II, ma come è diventato pastry chef? «Mi son formato nelle cucine di alcuni ristoranti italiani. Sono cresciuto con tanta voglia di imparare, ho acquisito esperienze al fianco di Ciro Sicignano, giovane chef del ristorante Lorelei, con il quale sono cresciuto sperimentando tanto insieme. Tra i miei maestri Antonio Mellino del ristorante Quattro Passi, Thierry Tostivint e Anthony Genovese de Il Pagliaccio, Philippe Bernachon di Bernachon Chocolat a Lione e Daniel Svensson pastry chef del gruppo Heston Blumenthal. Importante l'amicizia con Gino Fabbri dal quale traggo costantemente ispirazione e esempio. Al Lorelei ho curato sempre l'ambito dolce della cucina, motivato di mettermi in gioco nella propria terra!». La crescita professionale, ma chi l'ha indirizzata nella scelta? «La passione per questo mestiere l'ho ereditata da mio padre. Ebbene sì, sono figlio d'arte. Mio padre, chef di cucina, sin da piccolo mi ha trasmesso la bellezza e l'amore per questo lavoro. Mi ha sempre ricordato, comunque, le difficoltà che comporta. È grazie al suo esempio se sono riuscito ad acquisire una professionalità che proverò sempre a migliorare per renderlo orgoglioso dei suoi insegnamenti».
Questa affermazione rappresenta un punto di partenza. Cosa si propone per il futuro? «Il mio sogno è quello di aprire una bella boutique di pasticceria dove sarà possibile degustare le mie creazioni. Magari coinvolgendo anche mio padre e tutti coloro che mi hanno aiutato e mi aiuteranno a raggiungere obiettivi importanti». Il dolce che le è riuscito meglio? «Forse, inaspettatamente, è la "Crostatina Rock": una crostatina con zucchero rock, crema al latte di bufala, "dulce de leche", verdurine e frutta primaverili o autunnali, a seconda della stagione, cavolfiore, verza, broccolo, spinacini e mela verde, il tutto accompagnato da un sorbetto alle erbe dei Monti Lattari». Con una preghiera a San Gennaro: «Miéttece a mana toja».
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