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sabato 2 novembre 2024

Le interviste impossibili: Antonio Asturi (1904-1986)

In occasione dei 120 anni della nascita del pittore Antonio Asturi, ripropongo questa intervista impossibile del 2/8/2016 di Filomena Baratto 

Vico Equense - Mi accingo con la mia tela, verso le ore 19.00, giù alla Santissima.Annunziata, l’ex Cattedrale simbolo di Vico Equense, per ritrarre uno schizzo di questo scorcio famoso che tanto mi ispira. Questa irrefrenabile voglia mi prende dopo aver visto l’ultimo dipinto di Asturi postato sul Blog. Sono stata pervasa da un’emozione di difficile spiegazione, come se Asturi avesse ripreso esattamente quello che avrei voluto fare io. Una facciata famosa della città vista tante volte ma non così espressiva come quella del Maestro. Il dipinto ci parla con i suoi colori intensi, le forme, la stradina che si perde nel verde. Sono rimasta senza parole e con un desiderio di dipingere. Dopo aver posizionato il cavalletto a debita distanza, per avere la giusta prospettiva, mi appoggio alla ringhiera con i pennelli in mano a guardare il mare. E’ come se la bellezza del suo dipinto mi impedisse di procedere. Penso che se adesso fosse qui, potremmo farlo insieme, con i suoi preziosi consigli. Mi stordisco tra illazioni e pensieri vari e in questa confusione mentale mi appare il Maestro Asturi, come se mi stesse accanto. Ma saranno veramente passati di vita quelli che ci lasciano? Credo che restino nei luoghi a loro cari, restino nell’aria a sintonizzarsi con noi ed io mi intrattengo a parlare con lui. “Maestro, le sembra giusta questa distanza dalla Cattedrale?” “Quando dipingevo erano le mie predisposizioni e condizioni a dettarmi la distanza e le proporzioni. Le figure devono vivere, prendono lo spazio che le diamo noi. Di regola ti fermi quando quello che vedi è bello per te! Se da qui la Cattedrale per te è nella posizione più bella, allora fermati, se dentro ancora non ti si rivela la sua bellezza, avvicinati” “E’ importante il modo di sentire nel rappresentare?” “Come si potrebbe rappresentare se non attraverso il nostro sentire? Sai quanta gente l’ha dipinta? Ma non tutte le rappresentazioni sono uguali. Alcune ti parlano, altre sono inerti! L’arte è emozione, deve parlarti, deve raccontarti e farti innamorare, come è accaduto a te per stare qui. Devi essere rapita!” “E’ più difficile un ritratto o un paesaggio?” I nostri volti sono come paesaggi, c’è descritta la vita, tante proiezioni di noi stessi. Quando dipingevo un paesaggio, mi contenevano completamente: pensieri, carattere, espressioni. Sia nei paesaggi naturali che nei ritratti sono sempre i nostri occhi a leggere la realtà. Il ritratto per essere un bel paesaggio doveva parlarmi della persona, doveva raccontarmelo in poche forme e colori, mentre nel paesaggio dovevo vedere l’anima delle persone, delle piante, degli animali che lo abitavano!” “Ma allora un pittore è anche uno psicologo?”

“Dipingere è creazione. Parte da un’idea, un indizio, un’ illuminazione che si fa invenzione, cresce con la fantasia e così la fissiamo sulla tela attraverso il nostro occhio, grande osservatore. Dipingere rivela lo scienziato che è in noi, l’umanità che ci distingue, i sentimenti, le emozioni che viviamo. E’ sorprendente come la pittura riesca a contenere tanti elementi insieme. Se tutto questo significa essere psicologo, allora il pittore è anche uno psicologo”. “Sono attratta dalle sue maternità. Sono tutte espressive, raccontano di lei” La maternità è la cosa più diffusa e più difficile in pittura. Il sentimento materno accomuna tutti, ma non è uguale per tutti. Ciascuno dipinge nel volto materno e nel piccolo che ha al seno, il figlio che è stato, l’amore ricevuto. Potremmo vivere in un mondo senza parole ma non senza maternità. La maternità è anche lo stretto legame con la madre terra, con la nostra origine. In essa qualcosa di profondamente sacro. Ho racchiuso in tutte le mie maternità l’amore infinito per la mia cara madre. Una maternità ci mette in sintonia con noi stessi e basterebbe prendere esempio per avere più amore per il prossimo. E’ il legame più forte che ci sia!” “Cosa ha provato a dipingere Benedetto Croce?” Una grande tensione. Non era il viso che doveva emergere, la sua forma o la rassomiglianza, ma cosa provava il filosofo, le sue idee, l’animo. L’ho ritratto in età avanzata, quando il filosofo aveva perso l’espressione del pensatore. Ho dovuto cercare qualcosa che me lo risvegliasse ed è stata una vena del collo che pulsava a darmi il mordente di quello che dovevo far emergere. Le persone note mettono a disagio, non sai mai se stai tralasciando un aspetto, se veramente lo stai dipingendo per quello che è. Un dipinto non è solo copia fedele, è vita, devi rendere il soggetto vivo, in movimento. “Ma scommetto che più di tutte ama le sue carrozzelle!” “Come fai a saperlo?” “ Le ho studiate una per una!” “La carrozzella è un mezzo di eterna poesia. Rappresenta il passaggio da un mondo all’altro, un viaggio lento, carico di significati. Bilanciare il peso, mettere a confronto il nocchiero e il cavallo, soppesare pensieri e dosare i movimenti è così affascinante. La carrozzella avanza lentamente come la ruota dei nostri giochi di quando eravamo bambini. Tu forse non la ricordi, ma giocavamo facendo scorrere una ruota con un’asticella, che al tocco la faceva girare e tu procedevi rincorrendola. Poi cadeva, la riposizionavi e ripartivi scuotendola ancora. Così si cresceva. Metteva dentro la voglia di scoprire, conoscere e misurarsi. La carrozzella da sola è il viaggio della vita!” “Se ne volessi dipingere una da dove dovrei cominciare?” “A volte mi partiva prima il cavallo, altre volte il nocchiero, altre volte la massa nell’insieme. “Crede che dipingere nel suo modo, quasi impulsivo, sia più una necessità interiore o un’esigenza creativa?” “Hai detto un’unica cosa! L’impulsività in questo senso è creatività. E’ amore per quello che si ha intorno. E’ l’esigenza di rappresentare i nostri pensieri, le nostre pene e tutto quello che è dentro in modo rapido, senza perdita di tempo, è un voler rapire la bellezza e farla tua. Siamo predatori di bellezza, di momenti di vita. E’ affermazione di se stessi, è culto per l’emozione folgorante. Bellezza è anche ciò che preme per uscire da noi attraverso l’irrefrenabile necessità di mescolare i colori sulla tela”. “Cosa non farebbe della sua vita se tornasse indietro?” “ Perdere tempo in negligenze, pigrizia, ignavia, indifferenza. Credo di non averne perso. L’arte ci risparmia dagli errori! Per me nulla dies sine linea, nessun giorno senza dipingere. La prima volta che non dipinsi per un giorno intero per me fu una tragedia. “La città le ha manifestato grande stima e affetto con la creazione del Museo Asturi. E’ contento?” “ L’arte è contagiosa e sapere che c’è un luogo della città con i miei dipinti, mi rende felice, non a caso sono ancora qui, parlo con te. Essere scoperti un po’ per volta è piacevole e non sarò mai solo, né vi lascerò soli”. “Le chiedo scusa per averla chiamata!” “Siamo partiti dalla prospettiva della Cattedrale per arrivare alla prospettiva di vita! Ma credi che veramente siamo così lontani come sembra?” “Credo che sia frutto della mia fantasia”. “Credo che le risposte te le abbia suggerite io” “Ne è sicuro? Non è la mia voglia di volerle parlare?” “Tu sai che la fantasia ha i piedi per terra? Lo dici spesso nei tuoi scritti e senza fantasia nemmeno la pittura avrebbe vita, né la scrittura, né l’arte in genere”. “Lei è la mia ombra stamattina. Non so se posso dipingere la Cattedrale con la sua ombra in mente.” “C’è sempre un’altra prospettiva, ricorda, un diverso punto di vista. Il tuo dipinto sarà unico e quello che vedrai in questo scorcio, forse non l’ho mai visto io prima.” “Un’ultima domanda, non vada via…Cosa pensa della sua città?” “Penso che sia stupenda, concede a tutti di prendere la vita in modo creativo in tutti i campi e qui la gente è come il mosto, sempre in fermento!” “Ancora una, l’ultima! Cosa avrebbe voluto dipingere ancora?” “Questa è terra di mare e ci dedichiamo a questa forza naturale con animo e corpo. Ma c’è la terra che spesso dimentichiamo, questa terra nostra che ho tanto amato. Se avessi una tela ancora da dipingere, ne farei una vigna, sì, una vigna! “Mi sta suggerendo di dipingere una vigna?” “Dico che forse stamattina sono io che avevo bisogno di te, un’ interlocutrice che desse vita alla mia voglia di dipingere anche da qui. Ti direi dipingi una vigna per me, dopo la Cattedrale, adesso ho bisogno di vedere il tuo punto di vista esattamente da qui!” “Solo se poi mi concederà un’altra intervista dopo la Cattedrale e la vigna!” “Promesso!” “Grazie!”

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