di Filomena Baratto
Vico Equense - Le interiezioni sono parti invariabili del discorso usate per esprimere molteplici significati inerenti le emozioni soprattutto nella lingua parlata.
Ce n’è una dalle nostre parti che usiamo spesso, diventata quasi un simbolo del mugugno, del dire tutto e non dire niente, per non rispondere quando siamo presi dai nostri pensieri, o per riflettere mentre gli altri aspettano una nostra risposta ed è il famoso:”Mhmmm”.
Il numero di “m” non è a caso, dipende dall’intonazione, più le emme abbondano, più raddoppia quello che vogliamo intendere. L’interiezione grammaticale si serve solo di “Mhm”, due emme e un’acca, ma noi la carichiamo, ne aggiungiamo delle altre, la vogliamo più ricca, più emozionata, più sentita.
Sarà capitato anche voi di rispondere con un “Mhmm”, una sola consonante la “m” una sorta di parolina jolly, che ci aiuta e che è diventata l’espressione più famosa nel linguaggio quotidiano.
“Mhmmm” per dire che è buono parlando di cibo, magari quando ci avviciniamo ai fornelli e c’è in pentola qualcosa che stuzzica il nostro appetito, quando siamo restii all’ascolto e a domanda rispondiamo “Mhmm” per dire che è così, sì. Vale anche quando ci arrabbiamo e, non sapendo come manifestare il nostro nervoso, affidiamo ad un insignificante “Mhmm” il suono per dire “Adesso basta”, magari accompagnato da qualche gesto.
La “M” è un suono labiale, la prima consonante che si insegna o comunque tra le prime, un suono leggero, viene in mente il mare, la mela, mangiare, mamma, suono sommesso, sembra un’onda che sta per giungere a riva. E’ il primo suono che il bambino pronuncia per imparare a dire “mamma” e sarà per questo che è entrato di diritto nella nostra vita quotidiana. Dobbiamo anche dire che non è bello, né elegante parlare servendoci di questo suono che necessita di un registro più informale, familiare.
Sa di dialetto, di confidenziale e non è prescritto dal galateo. Immaginate due innamorati su di una panchina a baciarsi, ad ogni distacco un sibilo lungo di “Mhmmmmm” per dire “ che buoni”. Espressione di piacere per accompagnare il cibo. Anche i piccoli lo usano, come quando un bambino con la bocca piena di cioccolato si ferma un attimo per far girare il suo indice sulla guancia e pronunciare la famosa “Mhmmmmm”.
La usiamo anche quando ci pongono domande per le quali si attendono risposte e noi, che siamo distratti o non sappiamo cosa rispondere, ci affidiamo a “Mhmmmm” per far finta che eravamo attentissimi all’ascolto e siamo d’accordo.
Ho assistito a un dialogo dove le risposte erano sempre la stessa “Mhmmm”, cambiava la mimica facciale e lo spalancare degli occhi, l’apertura della bocca e quante m si prolungavano. Il dialogo era pressappoco questo:
“Domani arriva tua sorella.”
“Mhmmmm?”
“Si, non ne può più di stare in quella città fumosa!”
“Mhmmmmm” (per dire non sono d’accordo).
“Tu vieni con me alla stazione?”
“Mhmmm!” per dire sì.
“Speriamo che porti i dolci che le abbiamo chiesto!”
“Mhmmmmmm”per dire quanto son buoni.
“Ma sei contenta ?”
“Mm!” per dire sì,sì!
“Oggi ho rivisto Mario, si ricordava ancora di quel litigio che avete fatto”
“Mhmm” per dire che vuoi che sia, e chi se ne importa.
“Meglio così, adesso hai Francesco, ti ama alla follia!”
“Mhmmmmmmmmmm….Mhmmmmmmmm”
“Ma Carlotta , mi ascolti, che mugugni da tre ore , mi sembri una gatta!”
“Eh?, cosa dici? Non vedi che sto “whatsappando” con Francesco, non ho capito, ripeti, cosa dicevi?”
Ecco, una semplice “m” per rispondere e anche confondere.
Dalle nostre parti è la parolina passepartout, ci toglie da ogni imbarazzo, basta la nostra mimica, bastano gli occhi, basta guardarci il viso per capire se è un’espressione positiva o negativa, di piacere o di dolore, seria o spiritosa. L’espressione “mhmm” può significare anche di stare a pensare, significa approvazione, dissenso, dubbio. Espressione sorniona, la usa lo sbruffone e chi prendere in giro qualcuno, o forse solo per il gusto di contraddire. In ogni caso è un pezzo di parola che indica un modo di dire, una licenza diversa da quella di semplice interiezione a cui noi abbiamo dato un carico di significati che per essere tradotti ci serviamo delle smorfie del volto, della lingua degli occhi e dei gesti talvolta.
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