martedì 11 giugno 2024

Vico Equense. Gennaro Esposito "Prezzi alti: follia senza maggiori servizi"

Un errore tariffe condizionate solo da eccesso di domanda. I grandi numeri sono una spirale che si autoalimenta e non siamo in grado di fermare. Il  territorio deve difendersi

da Agorà

Vico Equense - Festa a Vico compie 21 anni e ritorna dal 10 al do. 12 giugno. La scommessa dello chef stellato Gennaro Esposito ha vinto. Dalla città d'origine, Vico Equense, ha conquistato la scena nazionale e grande attenzione all'estero. Gli ingredienti assemblati sono semplici: cibo, vino e solidarietà. L'obiettivo è valorizzare le migliori espressioni della cucina italiana e straniera, offrendo a tutti la possibilità di accedere ai piatti gourmet: dall'aristocrazia alla repubblica della buona tavola. I biglietti acquistati sostengono le associazioni del territorio e le istituzioni sanitarie di eccellenza, come il SantoBono Pausilipon, che si prendono cura delle persone fragili e dei bambini: 300mila € di fundraising in media ogni anno. Ma Festa a Vico è anche riscoperta del territorio. "Il cammino di Seiano" punta a rivalutare l'antico borgo dei pescatori, un piccolo gioiello incastonato tra la falesia calcarea che scende a strapiombo dalla statale sorrentina ed il mare che dà sul golfo delle bellezze. Uno scenario unico valorizzato dall'impegno degli operatori della marina che hanno intrapreso un percorso virtuoso con offerta di standard sempre più ambiziosi ed anche con interventi dí riqualificazione delle infrastrutture mediante progetti di finanza. Di questo ed altro abbiamo parlato proprio con Gennaro Esposito, ideatore ed organizzatore della kermesse.


 

Chef, 21 anni di Festa a Vico: da dove è partita e dove arrivata? E' partita come happening per gli chef. Un momento di condivisione, confronto e contaminazione tra vari modi di declinare la cucina contemporanea. Un palcoscenico aperto a chiunque volesse esserci, condividendo i valori di fondo; esaltare materie prime di qualità, sperimentando. Dopo qualche anno, si è aggiunta un'altra mission: la solidarietà. E cosi abbiamo coinvolto associazioni che sul territorio offrono assistenza e cure alle persone fragili. Il costo del biglietto è incassato direttamente da questi operatori. E poi ci sono progetti specifici come quelli avviati con il SantoBono Pausilipon. Nel tempo la Festa è diventata una vetrina che ha messo in evidenza le capacità di tanti chef emergenti e fatto conoscere meglio agli addetti ai lavori un territorio unico come Vico Equense e la costiera sorrentina. Le ultime novità sono legate ad una maggiore centralità del vino mediante percorsi di degustazione esperienziale. E, da ultimo, la riapertura del teatro Aequa, nel centro cittadino, ci ha offerto la possibilità di dare una speciale attenzione al profilo culturale dell'enogastronomia con "speech" dei principali divulgatori ed esperti del settore. Nel futuro di Festa a Vico, cosa c'è? Magari provare ad un essere un tassello di un più ampio disegno che punta a sostenere la candidatura della cucina italiana come patrimonio culturale immateriale Unesco. Qual è il contributo a quest'obiettivo che può dare Festa a Vico? Diffondere la cultura della gastronomia di qualità, rendendola accessibile a tutti, estendere i confini della buona tavola, farla conoscere a quante più persone possibile. La qualità dei piatti, delle produzioni tipiche di eccellenza di cui siamo ricchi, non deve e non può essere esclusivo appannaggio solo di un'élite, ma deve diventare patrimonio popolare. Su questo lavoriamo con la Repubblica del cibo. L'evoluzione che provo a perseguire è questa: ho sempre voluto che Festa a Vico fosse la festa di tutti gli chef, dei produttori, dei cittadini e sempre meno la mia festa. A proposito di Unesco, la città di Vico non ha centrato il riconoscimento come città creativa del gusto. Che fare? Anzitutto, fare tesoro di questa lezione. C'è tanto da imparare dalle sconfitte. Per centrare un obiettivo cosi ambizioso è necessario programmare con rigore e scientificità. Gli operatori devono fare rete ancora di più, la candidatura deve essere recepita come espressione corale autentica della creatività di un territorio. E dobbiamo essere più forti nella proiezione esterna, nelle relazioni e nella capacità di comunicare quello che siamo. La filiera del turismo è tanta parte dell'economia del territorio. Luci e ombre del settore viste da lei. C'è una grande tradizione di ospitalità con operatori che hanno fatto la storia del turismo. Al tempo stesso serve attenzione verso un turismo che è un movimento dinamico continuo e cambia, non di anno in anno ma di mese in mese, con una velocità impressionante. Oggi veniamo da una indigestione di tre anni di over tourism che ha determinato prezzi spesso folli, condizionati dall'eccesso di domanda. Su questo tema mi confrontavo l'altro giorno con il direttore di un importante hotel fiorentino, il quale mi diceva che se i prezzi sono determinati solo dal rapporto domanda-offerta ed alla crescita delle tariffe non corrisponde un proporzionale adeguamento di standard e servizi, rischiamo di fare passi indietro. Questo, in un contesto di straordinaria competizione internazionale, non ce lo possiamo permettere. A tal proposito, il suo collega chef, Peppe Aversa del ristorante "Il Buco", ci ha detto: basta guardare ai numeri in crescita, questo territorio non è in grado di gestire flussi enormi, mancano infrastrutture e servizi e l'ospitalità, che mostra le prime crepe, potrebbe esserne travolta. La convince questo discorso? Conosco e stimo Peppe Aversa. E' partito da zero come me. Lo ricordo quando serviva ai tavoli del "Fauno" a Sorrento, mentre io mi occupavo del banco gelati in un bar di Vico. Ha la saggezza di chi ha costruito il proprio percorso professionale in salita e non si è arreso. Vero quello che dice, ma credo sia ormai troppo tardi per fermare il sistema che si autoalimenta di grandi numeri. La strada che indica è quella giusta, ma possiamo provare a dare il nostro contributo solo attraverso scelte individuali, come fa lui, provo a fare io, sta facendo Don Alfonso ed anche altri. Andiamo a due temi correlati, Festa a Vico ha contribuito a far scoprire tanti giovani chef e, poi, c'è il tema della carenza di organico in tante strutture del turismo dove mancano proprio i giovani: che fare? Sui giovani chef penso di stare con la coscienza a posto. Nell'ambito di Festa a Vico organizzo una degustazione riservata a giornalisti specializzati ed a cui partecipano tanti giovani chef provenienti da tutta Italia e segnalati da clienti, addetti ai lavori, produttori ed amanti della cucina. Sulla carenza di organico, credo che il punto centrale sia questo: nessuno giovane ha più bisogno di lavorare per vivere. Le famiglie sono molto accomodanti su questo fronte. E lo spirito dei tempi che va in questa direzione. Che fare? Motivare i giovani, riprendendo lo spirito della bottega rinascimentale dove si andava ad imparare un'arte. E la cucina può esserlo. Questa credo sia la nuova frontiera per avvicinare alla professione il mondo giovanile. Il tutto unito a rispetto ed attenzione alle persone che collaborano con noi.

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