venerdì 14 dicembre 2018

La Mostra del presepe napoletano nel centro storico di Vico Equense

di Filomena Baratto

Vico Equense - Nella chiesa della Santissima Annunziata è in esposizione una mostra presepiale di artisti vari, organizzata dal Comune di Vico Equense in collaborazione con l’Associazione stabiese dell’Arte e del Presepe, che sta riscuotendo grande successo. Tra gli organizzatori Massimiliano Greco, presidente dell’Associazione stabiese e Umberto Di Martino di Vico Equense. L’altro ieri sera la mostra si è arricchita della presenza di Peppe Barra, cantante e attore del teatro napoletano, che ha fornito spunti e aneddoti della sua vita per parlare del presepe. L’arte presepiale napoletana raggiunge la sua migliore fioritura artistica nel ‘700 sotto l’impulso di Carlo III di Borbone. In questo presepe la Natività è manifesta e posta alla luce del sole più che nascosta come all’inizio e acquista un valore simbolico con tre nuclei al suo interno: la Natività, intesa come il bene, l’apparizione ai pastori come momento dell’annuncio e la taverna simbolo del male che si oppone al bene. L’acqua elemento purificatore con la sua fontana di solito in posizione mediana tra natività e taverna. Sin dall’inizio il presepe napoletano fu considerato come una “ragazzata”, come tenne a dire Luigi Vanvitelli, ma il successo e l’interesse nato intorno a questa forma d’arte smentisce categoricamente questo giudizio. Quello allestito nella Santissima Annunziata è opera di molti artisti che hanno creato pezzi veramente unici, frutto di pazienza e passione. Nelle scene c’è vita vera, con la Natività come superamento del bene sul male e una quotidianità fatta di gesti, di espressioni, di sentimenti. Una fissità che parla e ci riflette, ci interroga e ci spinge a porci domande, a entrare nella nostra natività interiore. E’ un fermare il tempo dei valori, attimi di bellezza e gioia di vivere anche quando si rappresentano scene tristi e malinconiche.


E cosa sono la tristezza e la malinconia se non espressioni di un sentire intenso e profondo che tocca la nostra sensibilità? Nelle teche tante scene preziose, che accendono il sorriso in chi le ammira, per i dettagli, il realismo di un repertorio antico in cui si leggono anche aspetti odierni. Peppe Barra vede il presepe come una continuità di affetti e tradizioni da tramandare ai giovani, quegli stessi che rifuggono eventi artistici del genere. Bisogna trasferire loro, affermava l’attore napoletano, le tradizioni e il sapere antico che non trovano più spazio nella vita quotidiana, rapita da una modernità priva di affetti e di sostanza. Le scene piene di dettagli di vita ci inducono a rallentare i ritmi, le corse e vivere le nostre piccole felicità di tutti i giorni. Ancora Peppe Barra parlava di famiglie intere sedute a tavola che preferiscono i display ai volti dei vicini, e invece bisogna perdersi negli sguardi, nello scrutarsi per fermare la vita con attimi di poesia e di arte e ammirare le mille minuzie che i tanti maestri del presepe mettono in luce opponendosi alla fretta di oggi. I giovani dovrebbero beneficiare di quest’arte che trasferisce quello che sembra perduto per sempre. Il pubblico in chiesa passava in rassegna scene su scene, una festa per i sensi e l’animo. I Magi, la vita casalinga, aria di festa in interni dove si mescolava il sacro e profano come nella scena del presepe nel presepe e l’albero già pronto. E poi la tombola, i bambini, il pandoro, gli struffoli, la natività al suo culmine, la verdura, gli animali. E ancora le taverne e i pastori addormentati, il caro bue e l’asinello, simboli del bene e del male, del vecchio e del nuovo come vuole la simbologia dei vangeli. Il bue segno positivo sin dall’antichità, mentre l’asino segno del male. Lo stesso Gesù, nel suo ingresso a Gerusalemme cavalcava un asinello come a significare di domare il male. Il presepe è un repertorio di fatti, di simboli, di cristianesimo e di cultura in una tradizione diventata parte integrante del popolo napoletano. Il presepe non è una rappresentazione di fine anno ma la rappresentazione della vita stessa, racchiuso nell’animo partenopeo tanto che Eduardo De Filippo ci costruì una storia di teatro diventata la rappresentazione del presepe stesso per antonomasia.

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