Castellammare di Stabia - Una guerra tra fazioni, più che tra partiti: è il quadro della politica stabiese che esce dal racconto dei protagonisti interrogati dagli inquirenti subito dopo il delitto Tommasino. Al centro della battaglia soprattutto la vita interna del Pd. Già nel 2004 la giunta Salvato (centrosinistra) era caduta per una migrazione dei consiglieri della maggioranza che la sostenevano. Nel 2008 la proliferazione delle tessere aveva fatto scattare l’allarme. Poi il delitto Tommasino e la scoperta che uno dei presunti killer, il diciannovenne Catello Romano, era iscritto al Pd. Intanto gli inquirenti avevano ascoltato come persone informate dei fatti assessori e consiglieri e le loro dichiarazioni disegnano una situazione a dir poco allarmante. Spiega l’assessore dell’epoca Rosario Cuomo: «Le divergenze all’interno del gruppo consiliare del Pd avevano determinato la creazione di due fazioni, delle quali una sosteneva il sindaco Vozza mentre l’altra non la sosteneva. La prima era formata dal defunto Tommasino, da Iovino Antonio, da Nastelli Carlo, Cinque Antonio, Pisciotta, Franco Faella e Michele Costagliola. L’altra fazione era invece composta da Mimmo Cuomo, Domenico Ragone, Franco Castellano, Longobardi Nino ed altro..». E Giovanni, il fratello della vittima, già assessore della giunta Salvato, spiega agli inquirenti: «Mio fratello da tempo era in radicale contrasto con Cimmino Gaetano e Iovino Gennaro, personaggi che Gino aveva già ”smascherato” nel 2007, in occasione dei brogli nella campagna di tesseramento della Margherita Stabiese. Grazie a mio fratello la vicenda aveva avuto una forte risonanza mediatica a livello nazionale...». (d.d.c. il Mattino)
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