sabato 24 giugno 2017

Caldo e siccità, agricoltura ko in Campania razionata l'acqua

Fonte: Francesco Pacifico da Il Mattino

Soltanto in Campania si da per spacciato il 30 per cento dei raccolti. La siccità sta distruggendo i pomodori dell'Emilia Romagna o quelli dell'agro nocerino-sarnese. Aggredisce nella pianura padana le distese di mais e i foraggi indispensabili per sostenere i più grandi allevamenti bovini e la produzione di formaggi del Paese. Mette un'ipoteca sulle vendemmie in Toscana e Veneto. Il caldo record sta colpendo tutti i principali capisaldi dell'industria agricola italiana. Quella che con il suo +4,2 per cento ha tramato la crescita record nel primo trimestre dell'anno (+1,2) e che con i suoi 246 miliardi di euro vale circa fl 16 per cento del Pii ed è in grado di tenere m piedi una filiera di 1,6 milioni di aziende con 272 prodotti Dop e Igp e 4.866 specialità regionali. Coldiretti ha calcolato che dall'inizio dell'anno le scarsissime precipitazioni (è piovuto meno della metà rispetto allo stesso periodo del 2016) sono costate al settore già un miliardo di euro. Ma è una stima provvisoria, che dimostra quanto siano insufficienti gli 8,6 milioni promessi dal governo contro l'emergenza idrica. E c'è già chi scommette su prossimi rincari dei prezzi alimentari. L'area più colpita in Campania è quella che va dall'agro nocerino sarnese al Cilento.
 
I consorzi agricoli si lamentano che nel bacino del Sele l'Acquedotto pugliese pompi troppa acqua (4,5 metri cubi al secondo) e spiegano che riescono a irrigare le loro terre soltanto grazie alle vasche di accumulo riempite di notte. Colpite le migliaia di ettari coltivate a ortaggi o i kiwi, che necessitano di più acqua. Di questa situazione ne risentono anche gli allevamenti di bufale, con sempre meno foraggi, e quindi i caseifici di latticini. Sul Vesuvio c'è timore per prodotti d'eccellenza come albicocche e pomodori del piennolo, soprattutto nelle zone prese di mira da piromani. Nella bassa Irpinia invece l'isterica alternanza tra gelate (a fine aprile), la siccità e il fortissimo vento della scorsa settimana stanno mettendo a dura prova noceti e noccioli: il clima pazzo infatti fa cadere i frutti prima del tempo. In generale i produttori già stimano una perdita del 30 per cento dei raccolti. Secondo Stefano Masini, direttore dell'area ambiente e territori di Coldiretti, «siamo di fronte a cambiamenti climatici profondi, che ci spingono a un intervento strutturale straordinario. Negli anni Cinquanta, con le grandi bonifiche, abbiamo creato la più grande rete (dieci chilometri) di canali per l'irrigazione, adesso servono opere idrauliche per la raccolta in invasi medio o piccoli. E non parlo di grandi dighe. È indispensabile in un Paese con acquedotti colabrodo e che raccoglie soltanto I ' per cento dell'acqua piovana. I consorzi di bonifica avranno pronti migliaia di progetti, ma nessuno è stato ancora finanziato da governo e Regioni». La situazione, intanto, è drammatica in tutto il Mezzogiorno. In Puglia, dove Coldirettì ha calcolato una diminuzione delle piogge del 26 percento dal 2012, i coltivatori di grano di Foggia e Bari temono un dimezzamento del raccolto e lamentano l'aumento dei costi per le risemine. Ridotta anche la produzione di frutta in un'area dove mandorli, peschi o ciliegi sono fioriti a febbraio. Nella vicina Basilicata è allarme albicocca: non c'è stata una gradualità di maturazione e tutta la produzione è stata immessa forzatamente sul mercato, facendo crollare le quotazioni. In Calabria, invece, c'è da fare i conti anche con il tripide dell'olivo, un parassita che soprattutto nell'area del crotonese determinala prematura caduta di fiori e frutti. Gli invasi sono a secco in Sicilia, dove è corsa contro il tempo per anticipare l'inizio della stagione irrigua negli agrumeti. Guardando al Centro Italia il Lazio, soprattutto sul versante della raccolta di frumento, registra un calo delle produzioni del 40 per cento. Umbria e nelle Marche vedono scarseggiare il fieno per gli allevamenti bovini e ovini, mentre girasoli e granoturco nella zona del Trasimeno sono pressoché secchi. I foraggi scarseggiano anche in Toscana, dove l'emergenza colpisce cereali (-40 per cento), ortaggi e frutta (-50), Ã apicoltura e viti (-20) e olivi (-40). In Emilia Romagna, il principale serbatoio agricolo del Paese, si temono danni irreversibili se il Po scenderà sotto i 450 metri cubi di portata (ora siamo a 650). Qui si concentra il 35 per cento della produzione nazionale. Non a caso la giunta locale (come quelle di Sardegna, Veneto e Toscana) è stata la prima a richiedere al governo lo stato di calamità. Sono in sofferenza soprattutto le colture dal pomodoro (secondo Coldiretti «tra Parma e Piacenza si rischia di perdere un quarto delle passate italiane»), delle barbabietole, dei cereali e degli ortaggi. In Veneto si sta già lavorando per anticipare (si spera di una sola settimana) la vendemmia, senza contare che le gelate di aprile hanno arrecato un duro colpo ai campi di radicchio. Nel vicino Friuli la regione ha già decretato lo stato di sofferenza idrica per garantire l'acqua ai circa 26.000 ettari di coltivazioni. Si rischiano raccolti ai minimi storici in Piemonte, dove la giunta Chiamparino ha già proclamato lo stato massima pericolosità da incendi. I consorzi hanno iniziato a irrigare le distese di mais e le foraggere. Le precipitazioni di maggio hanno dato, invece, sollievo alle vigne. Pascoli e prati asciutti invece m Lombardia. Qui il caldo ha costretto gli allevatori a tagliare del 20 per cento la produzione di latte.

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