venerdì 18 agosto 2023

Caro vita, intervista a Valentina Stinga «Una filiera da ricostruire con consumi a km zero»

di Francesco Vastarella Il Mattino 

Valentina Stinga, sorrentina, laurea alla Bocconi, imprenditrice, sposata e in attesa di una bimba, neoeletta presidente provinciale Coldiretti per il prossimo quinquennio. È la prima volta di una donna alla guida a Napoli della storica organizzazione di agricoltori. Scelta al femminile nel segno dell'ottimismo e di una robusta preparazione tecnicoeconomica. Prezzi della frutta impazziti, campi abbandonati, consumatori più esigenti. Ha un futuro l'agricoltura in provincia di Napoli? «Una annata molto scarsa per quantità e qualità. Innegabili gli effetti devastanti per una grossa fetta di territorio e di agricoltori della provincia di Napoli che operano anche in provincia di Caserta e Latina. Si paga il conto di una crisi strutturale di decenni e di una crisi congiunturale per il clima, per i mercati nazionali e internazionali, per le tecniche di coltivazione e sicurezza dei trattamenti chimici che hanno innescato problemi nuovi». Frutta estiva, pesche, prugne, albicocche, pere della provincia di Napoli non le assaggeremo più? «Nel campo dell'agricoltura la provincia di Napoli viaggia a più velocità. Ci sono aree come la Costiera sorrentina dove ci sono imprese che puntano sull'eccellenza, soprattutto negli ortaggi, ma le produzioni non possono essere intensive. Ci sono poi aree storicamente vocate a coltivazioni intensive dove bisogna riconquistare spazi, purtroppo piccoli, inseguendo anche progetti di tutela ambientale, mi riferisco al Nolano, al Giuglianese, ai Campi Flegrei, ampliando lo spettro delle coltivazioni ed elevando le qualità. È complicato ma la sfida è necessaria».

 

Nel campo della frutticoltura la Campania e Napoli hanno perso peso e riferimenti importanti come il mercato all'ingrosso di Giugliano o l'ortomercato di Aversa. Senza filiera distributiva come si esce dalla crisi? «La provincia di Napoli ha un know how agricolo forte, le nuove generazioni hanno voglia di crescere. Ma bisogna cominciare dal basso con azioni comunicative per i consumatori». Sta trascinando il discorso sui mercatini Coldiretti e prodotti a chilometro zero? «È un buon punto di partenza nell'interesse di chi coltiva e di chi compra. Una tappa dell'avvicinamento, del rapporto diretto eliminando inutili e costosi passaggi. Insomma, la costruzione di una filiera distributiva efficace che possa far tornare al riutilizzo dei suoli. Operazioni coraggiose e con i risultati tutti da verificare, ma fuori dai circuiti speculativi». Ci salverà la produzione per soli consumi locali? «Non proprio così. La distribuzione di prodotti agricoli è sottoposta a leggi di mercato ma anche a contingenze ambientali e climatiche, a mesi, a caldo e freddo. Molto più complesso di quanto si possa immaginare. L'effetto prezzi di questi giorni ne è l'esempio. Non pensiate che le produzioni estere che invadono il nostro mercato non subiscano gli stessi giri e raggiri. Per questo bisogna umanizzare le produzioni, legarle ai territori e ai consumatori che dovranno apprezzare qualità e sicurezza più che bellezza». Lei è ottimista, ma dopo quest'annata teme un'altra fuga dai campi, soprattutto in provincia di Napoli? «Purtroppo sì. E pensare che sembrava ormai alle spalle la crisi provocata dalla tragedia della Terra dei Fuochi, quasi dimenticata dai consumatori e dai produttori dopo umiliazioni ed esclusioni. Ma arrendersi farebbe male alla gente e anche al territorio». Come se ne esce? «Ricostruendo la filiera dal basso, una campagna davvero amica e alleata per la salute, offrendo il meglio della nostra frutta e verdura, tornando alle coltivazioni tradizionali dove è possibile, ridare nuova vita alle eccellenze. Chi può deve acquistare direttamente dall'agricoltore. Quest'anno abbiamo dovuto sospendere in più casi anche feste e sagre per mancanza di prodotto. Ma la sfida del futuro deve cominciare già oggi, subito».

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