martedì 7 novembre 2017

Pietre e fango sulle strade ecco il «conto» degli incendi

Faito
Area vesuviana e Lattari in tilt: frazioni isolate, scuole chiuse

Fante: Ciriaco M. Viggiano da Il Mattino 

Frane favorite da incendi e abusivismo edilizio. Piani di emergenza destinati a rimanere lettera morta a causa della mancanza di risorse che affligge i Comuni. Una burocrazia asfissiante che impedisce il rapido intervento degli enti preposti. L'ondata di maltempo abbattutasi ieri sulla provincia di Napoli non ha solo causato danni e disagi a centinaia di migliaia di residenti, ma ha pure riacceso i riflettori sulle falle del sistema di protezione civile in una delle aree più popolose d'Italia. I nubifragi hanno messo in ginocchio l'area da San Giorgio a Cremano alla penisola sorrentina. Le situazione più critiche a Vico Equense, dove il Monte Faito ha ceduto in più punti e una valanga di detriti ha invaso il centro abitato costringendo l'Eav a riaprire la funivia, e a Gragnano, percorsa da una colata di fango che ha contribuito all'allagamento di case, negozi e chiese. Disastri annunciati, se si pensa agli incendi che hanno devastato i Monti Lattari nella scorsa estate e alla piaga dell'abusivismo edilizio che affligge quelle stesse zone. Ne è convinto Claudio d'Esposito, presidente del Wwf Terre del Tirreno, secondo il quale «sbancamenti di terreno, taglio di alberi, captazione delle acque e cementificazione di alvei e montagne hanno alterato gli equilibri del territorio». In particolare, la scomparsa di ettari di vegetazione non ha fatto altro che agevolare il cedimento del terreno e delle rocce sotto la pioggia battente.
 
«Un albero assorbe fino a 700 litri di acqua al giorno - spiega d'Esposito - oltre a rallentare l'impatto della pioggia sul suolo e a contenere il terreno con le proprie radici. Gli incendi e l'abbattimento di molte piante ha privato il territorio di queste risorse». A mettere in ginocchio gran parte del Napoletano sono stati ieri anche gli allagamenti. Come quello che ha determinato la chiusura della galleria di Varano che collega Castellammare a Sorrento. Nella città stabiese la pioggia ha persino invaso parte dell'ospedale e danneggiato la sala consiliare. Non a caso il sindaco Antonio Pannuilo ha ordinato la chiusura delle scuole al pari del suo collega gragnanese Paolo Cimmino. Ma questi disagi sono proprio inevitabili? «I piani comunali di protezione civile non vengono applicati tempestivamente - osserva il «disaster manager» Marco Celentano - e spesso gli enti non sono in grado di dare loro attuazione a causa della mancanza di risorse umane e finanziarie». Così succede che i residenti e gli stessi volontari non sappiano fronteggiare le emergenze; «La popolazione dovrebbe essere coinvolta nella conoscenza del rischio e dei piani, oltre che nelle procedure di autoprotezione aggiunge Celentano - Se la gente sapesse che, in caso di forte maltempo, non bisogna parcheggiare l'auto in zone allagabili o che occorre raggiungere i piani alti delle abitazioni e tenersi in contatto con i soggetti che diramano l'allerta, i disastri non si verificherebbero». Il maltempo non ha risparmiato Castellammare dove per le infiltrazioni è crollato l'intonaco del soffitto dell'aula consiliare mentre si svolgeva il Consiglio: tanta paura ma nessun ferito. Allagata la radiologia dell'ospedale. Problemi a Torre Annunziata, con Rovigliano sommersa dall'acqua; Torre del Greco, dove un'auto è stata quasi risucchiata in un pantano, Boscotrecase, m cui i detriti hanno ostruito una strada, e San Giorgio a Cremano, dove una scuola è stata danneggiata e conseguentemente chiusa. In poche parole, in ginocchio è finita buona parte del parco dei Monti Lattari. «È una fase delicata - sottolinea il presidente Tristano Dello Ioio - Bisogna accelerare su programmazione e prevenzione, anche se gli ostacoli non mancano». Un esempio? Un territorio assai vasto, vittima di una innumerevoli incendi e a forte rischio idrogeologico. Senza dimenticare la burocrazia che rallenta il reperimento e la spesa dei fondi necessari per far fronte alle emergenze. «Tutto ciò - conclude Dello Ioio - conferma che i Parchi devono essere autonomi nella gestione, con una propria protezione civile e un proprio organico, oltre a svolgere la funzione di coordinamento tra gli enti. Solo così si possono scongiurare disastri o, almeno, fronteggiarli in modo adeguato».

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