di Filomena Baratto
Vico Equense - Sono tempietti con immagini sacre o statue in nicchie scavate. Molte sono chiuse in teche con luci e fiori, ai bordi delle strade. Di varia forma e grandezza, costruite in periodi diversi, in punti strategici, come ai crocicchi, nelle strade di campagna, accanto alle chiese, lungo i viottoli. Tanti altarini dove siedono Santi e Madonne a mani giunte, sguardi assorti, come se caricassero sulle spalle il peso del mondo. Tempietti “on the road”, che ricevono dai passanti, in un mondo frettoloso, qualche minuto di preghiera. La fede a portata di mano e di occhi. Ricalcano i vecchi altari delle case romane, rivolti ai Lari, i protettori del focolare domestico, gli spiriti degli antenati. Col Cristianesimo, oltre a mantenere un legame col passato, diventano un modo per rassicurare il viandante di una presenza in punti cruciali e a volte inaccessibili, di confine o in luoghi poco frequentati. Sono espressione di religiosità popolare e di devozione. Sotto i loro occhi accadono fatti, eventi, incontri. Anche il più distratto fa il segno della croce, lancia uno sguardo, ritrova un pensiero di pace. Tra i cristiani ci sono quelli che platealmente hanno bisogno di sbaciucchiare il santo, fermarsi per una preghiera e poi ci sono quelli che non hanno nemmeno la forza di alzare lo sguardo per non sentirsi sicuri di poter chiedere, ma in cuor loro hanno mille grazie da attendere. Hanno qualcosa di misterioso e allo stesso tempo attraggono. Ancora oggi un punto di riferimento per me è quella di Caporivo su per la strada di San Salvatore, che ricordo sin da bambina, e mentre una volta mi sembrava enorme, ora a vederla così piccola, stride col ricordo. Sotto il tabernacolo si restava a parlare per ore o ci si fermava a prendere tempo prima di decidere dove andare. Era un punto nevralgico sotto il lampione di fronte e il piccolo altarino sulle nostre teste che aveva l’aria di sorvegliarci.
Così un punto di strada illuminato dove anche le idee prendevano luce. Chissà che santi e santini non ci abbiano accompagnati tutti nelle nostre passeggiate, nelle varie stagioni dalle loro postazioni! Un tabernacolo c’è sempre nella nostra vita, al quale abbiamo confessato un desiderio, fatto un voto, una promessa, o chiesto di sciogliere un nodo. E penso anche alle Croci, come quella sulla Raffaele Bosco, prima di Massaquano o il Crocifisso di Seiano. Come non buttare l’occhio alla Madonnella di Lourdes ai Bikini, prima di entrare in galleria, posta sulla strada come a ricordarti di stare attento, o alla Madonna di Santa Maria del Toro, sulle maioliche lucide blu, ricca di sfumature del mare. Chi scende dalla stazione se la trova di fronte colpito dalla tenerezza di una madre che accoglie tra le braccia il figlio. Ce ne sono altre per i sentieri, in posizioni particolari, capaci di raccontarci storie di vita del passato e del presente. Sono come finestre aperte, che diventano poi ricettacoli di insetti e animali, di vegetazione che cresce spontanea e di strati di polvere, che raccontano dei loro anni. E ci sarà sempre qualcuno che provvederà ad accendere una luce o a portare un fiore, simbolo di una fede che non crolla e mantiene accesi i cuori, piccoli gesti ripetuti nel tempo che ne alimentano altri più importanti. Da piccola ce n’era una sotto casa mia e ogni volta che rientravo, ero portata a inchinarmi e a fare il segno della croce emulando gli adulti. Gesti ripetitivi in ossequio alla Madonnina, testimone oculare dei miei pensieri che trasformavo in discorso davanti a lei. Abitudine questa tratta da mia nonna che concludeva sempre, lì davanti, con “quello che vuole Dio”. Una frase da cui trassi un insegnamento: quello che volevo io veniva dopo il Suo volere”. Ora non parlavo più ad alta voce, ma passando sotto l’edicola mi interrogavo se quello che volevo fosse di suo gradimento. Tutte le mie domande venivano poi esaminate al catechismo. Sarà anche un modo infantile e bigotto ma ciò che accade in tenera età diventa premessa della nostra fede da adulti. E come non ricordare l’episodio tratto da I Promessi Sposi in cui i bravi aspettano Don Abbondio sotto il tabernacolo, da cui ebbero il coraggio di intimargli:” Questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai!”. E chissà che tutti i tabernacoli non siano testimoni di storie insopportabili e segreti da mantenere.
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