sabato 29 giugno 2019

Il gabbiano di via Nicotera

di Filomena Baratto

Vico Equense - Non si era mai visto un gabbiano aggirarsi per la città e fermarsi davanti a una pescheria. In questi giorni abbiamo imparato che più che volare un gabbiano vuole mangiare. E se vi aspettate che lo faccia a mare, vi sbagliate! Si mantiene a debita distanza ma non perde di vista l’amico che gli offre il pesce. Avevamo appreso la lezione da Jonathan Livingston, il gabbiano del romanzo di Richard Bach. Nella storia si allontana dallo stormo e va per la sua strada. Il suo sogno è la ricerca del volo perfetto. Gli altri volavano per mangiare, Jonathan per sentirsi libero. E aveva messo a tutti il desiderio di avere le ali per volare, per accarezzare i propri sogni, alla ricerca di una strada interiore. Il gabbiano di via Nicotera si posa sul tetto delle auto, forse non conosce la libertà di Jonathan, o forse è una lezione già appresa, ma di sicuro conosce chi gli fa del bene, chi gli fornisce da mangiare. E sa anche attendere prima di ricevere il buon boccone affinando la pazienza. A questo punto si potrebbe riscrivere il racconto e dire che mentre gli altri pescano a mare, il nostro gabbiano ha capito che l’uomo può fare meglio delle sue ali. Che sia un gabbiano volto all’accidia? O sta sperimentando la sua perfezione attraverso l’amicizia? O che con la sua bellezza possa ricavare più della fatica in giornate di volo per mare? E chi ci dice che non si sia stancato di un mare e un’aria dove il cibo non è più genuino come una volta? Il gabbiano, lui e il mare in un rapporto di amore e inquietudine. Si vedono stormi planare sulla preda e infilarsi nell’acqua per uscirne col becco pieno. Poi ritornano nei loro covi sulle rocce a picco dove elevano i loro gemiti. Danno musica al silenzio del cielo e, insieme al suono del rincorrersi delle onde, raccontano le loro avventure nelle giornate marine. Il gabbiano simbolo di libertà per le sue ali sempre tese in alto quasi a incontrare le nuvole e il sole, così ampie, eleganti, mentre sorvola l’etere che riporta i racconti e i miti di ogni terra.
 
Il gabbiano, come Jonathan, metafora dell’uomo nel suo vagare per la vita, alla ricerca della sua strada. Il mare, il suo sostentamento, il cielo, la sua libertà, la terra, la sua casa. Ma Jonathan non si accontenta di volare solo per il cibo. Aveva necessità di scoprire il volo, la strada, quella perfetta e per questo lasciò lo stormo. “Se proprio vuoi studiare, studia la pappatoria e il modo di procurartela! ‘Sta faccenda del volo è bella e buona, ma mica puoi sfamarti con una planata, dico bene? Non scordarti, figliolo, che si vola per mangiare.” Così gli dice il padre per ricondurlo al gruppo. Jonathan cerca la strada maestra che lo porti in paradiso e con i suoi voli aveva capito che non sono gli occhi a vedere ma l’intelletto. Il nostro Jonathan vicano è andato oltre: non vola né per la pappatoria, né per conoscere, il cibo glielo offrono e lui non batte ciglio, ha preso la strada della terra. Un gabbiano controcorrente! Ponendosi sul tetto delle auto in sosta, in tutta la sua bellezza, invoglia l’amico a offrirgli il pasto. Come se gli rendesse un dono per il suo piumaggio bianco, il becco giallo, in quella posizione regale che non passa inosservata. Perché andare a tuffarsi nelle onde se l’uomo gli agevola il compito? Il nostro Jonathan è al passo con i tempi. Fino a quando tutti si comportano come tutti, nulla si imparerà. E se il gabbiano vorrà invecchiare su quel tetto di auto? Appollaiato, raccolto, con gli occhietti quasi a chiudersi, fedele fino alla fine al suo boccone? Chissà! Di sicuro un gabbiano è sacro e nessuno mai lo manderà via. Gli uccelli rappresentano il punto di unione tra l’uomo e la natura. Disfarsene sarebbe tremendo. Come accade ne La ballata del vecchio marinaio di William Wordsworth: una tempesta si abbatte sulla nave ma la presenza di un albatros mette di buon umore i marinai. Inspiegabilmente il capitano uccide quell’albatros, quanto basta per innescare una maledizione. Il vecchio marinaio si era permesso di spezzare la sottile unione dell’uomo alla natura e da qui la tragedia. Jonathan farà la sua esperienza, ma anche gli uomini impareranno da lui. E se di sua iniziativa non tornerà più, starà altrove a imparare la vita.

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