martedì 24 marzo 2009

Pd, alle Europee liste col 40% di donne

Divieto ai sindaci e ai governatori

Le liste del Pd alle Europee di giugno saranno composte almeno al 40% da candidati donna: lo stabilisce il regolamento per le elezioni, approvato all'unanimità dalla direzione del partito. E che contiene un altro punto molto importante, negli ultimi tempi al centro di un serrato dibattito interno: no alle candidature di sindaci e governatori in carica. Come Antonio Bassolino, uno dei nomi che era circolato come possibile candidato. Un principio, questo dell'esclusione di chi guida enti locali, chiesto esplicitamente dal segretario, Dario Franceschini. Il documento, in otto articoli, prevede che siano candidate persone "che assumano su di sè la responsabilità di rappresentare gli elettori italiani per l'intero mandato". E, soprattutto, le candidature dovranno rispettare "il principio della parità di genere": un pari di donne e uomini. Il partito, a livello regionale e provinciale, lancerà poi delle "consultazioni larghe" tra la base per identificare candidati con "il massimo della condivisione". La segreteria nazionale, invece, proporrà sia i capilista delle cinque circoscrizioni che "ulteriori personalità nel mondo delle professioni e del lavoro, della cultura, dell'associazionismo, del volontariato che diano prestigio alla lista". Le liste definitive saranno approvate dalla direzione nazionale entro il 21 aprile prossimo. Lo statuto prevede poi che ogni candidato si impegni a rispettare il codice etico del Pd e a "mantenere un comportamento eticamente irreprensibile verso tutti gli altri candidati", e cioè a fare una campagna elettorale rispettosa. E sempre oggi, il ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna, ha ribadito il suo no alle quote rosa: "Tutto ciò che prevede l'imposizione per legge della presenza delle donne - ha spiegato, da Napoli - non mi vede favorevole in linea di principio. Credo che per garantire la maggiore presenza delle donne nelle istituzioni bisognerebbe lavorare maggiormente sulle strutture organizzative e sugli statuti, selezionando una classe dirigente dal territorio legittimata anche dal consenso popolare". (Repubblica.it)

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