Parte la campagna acquisti del Cavaliere. Oggi i giornali raccontano ulteriori dettagli, e tornano a riemergere – come due anni fa – nomi e storie di personaggi alquanto improbabili: parlamentari eletti in formazioni microscopiche e altri che si sono fatti cinque partiti diversi negli ultimi dieci anni, parlamentari eletti all’estero e altri che l’ultima volta che hanno cambiato partito era nemmeno sei mesi fa. Michele Serra li definisce oggi gli “uomini-toppa”. Tra questi anche il napoletano Riccardo Villari. Dopo misconosciuti esordi all’ombra di Gava, entra in Parlamento grazie a Mastella. Ma l’Udeur non partecipa alla Margherita, e il buon Riccardo preferisce l’ombra rutelliana all’1% dell’uomo di Ceppaloni. Una conferma alla Camera nel 2006, e poi l’approdo nel Pd. Candidato al Senato per le elezioni anticipate di due anni fa, settimo posto, Villari diventa celebre nell’autunno del 2008 quando viene eletto presidente della commissione di vigilanza Rai coi voti del Pdl e della Lega. Un’umiliazione per Veltroni, che infuriato ne propone l’espulsione dal partito, ottenuta. Unico successo della segreteria di W. Orfano del Pd e del titolo di presidente per lo scioglimento della vigilanza ordinato da Fini, ehm, e Schifani, prende pure la tessera dei Radicali nel 2009. Ora, dopo tante riflessioni, dovrà convincere il collega Francesco Nunzio Testa, segretario provinciale dell’Udc di Napoli, a passare anche lui alla corte del Pdl. Nel 2001 lo batté nel collegio di Pomigliano d’Arco facendo campagna elettorale contro Berlusconi, all’epoca in cui Pierferdi stava con Silvio. Il cerchio magico (del partito) dell’amore si sta per chiudere. Altri corteggiati, da parte del premier, sarebbero in questo momento. Italo Tanoni è uno dei cosiddetti ex diniani, eletto nelle liste del PdL e poi iscrittosi al gruppo misto. Finora ha sempre votato contro il governo, poi è stato ricevuto a palazzo Grazioli ed è passato all’astensione. Sempre è un eufemismo, visto che Tanoni è uno tra i deputati più assenteisti. Oggi si trova in attesa di passare a qualcosa di meglio, ha detto a Repubblica. Anche Daniela Melchiorre è una ex diniana, ma è in realtà è ex anche di molte altre cose. Classe 1970, soltanto cinque anni fa era presidente della Margherita a Milano. Nel 2006 diventa sottosegretario alla giustizia nel governo Prodi in quota PD – o meglio: nella quota Dini del PD – e quando il governo cade si ricandida in parlamento: nelle liste del PdL, però, in quota Liberaldemocratici. A novembre del 2008 però annuncia il passaggio dei Liberaldemocratici all’opposizione (Dini invece rimane dov’è, nel PdL) e nel 2009 si candida alle europee come capolista del suo partito in tutte le circoscrizioni. Conquista lo 0,23 per cento, risultando la lista meno votata dell’intera tornata elettorale. Poco male: sembra stia per essere promossa sottosegretario. Luciano Sardelli, Antonio Milo, Arturo Iannaccone, Antonio Gaglione ed Elio Belcastro facevano parte del Movimento per l’Autonomia, dal quale poi si sono divisi criticando l’approccio autonomista e non abbastanza filogovernativo di Raffaele Lombardo. Dorina Bianchi e Renzo Lusetti hanno lasciato il PD pochi mesi fa, aderendo all’UdC. Anche loro ci starebbero pensando. Poi c’è Ricardo Merlo, parlamentare italo argentino eletto all’estero. Chiudiamo con Pino Pisicchio. La sua carriera politica è movimentata: eletto per la prima volta in parlamento nel 1987 con la DC, dieci anni dopo aderisce ai diniani di Rinnovamento italiano. Quindi entra nella Margherita e nel 2001 viene eletto in parlamento nel centrosinistra. Poi passa all’UDEUR, di cui diventa capogruppo alla camera, e nel 2006 si candida nuovamente in parlamento, però nelle liste dell’Italia dei Valori. L’Idv lo ricandida anche nel 2008, ma lui un anno dopo lascia il partito per fondare Alleanza per l’Italia insieme a Rutelli e Tabacci.
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