giovedì 10 marzo 2011

Cambiare tutto e non cambiare niente

Di Luisa Bossa

La vicenda delle prossime elezioni comunali è ancora tutta da decifrare. L'annuncio del prefetto Morcone, che si è detto disponibile a candidarsi per amore della città, è una ottima notizia e continua la ricerca di una condivisione di tutto il centrosinistra. La speranza è che si ritrovi la capacità di creare unità, condivisione, di non alimentare inutili frammentazioni e provare a costruire una speranza concreta per la città. Intanto, però, l’inglorioso tentativo dell’opposizione di far cadere anzitempo il sindaco Iervolino merita una riflessione. “Non sanno nemmeno dimettersi”, ha detto, con una punta di comprensibile soddisfazione, il primo cittadino. Figuriamoci se sanno amministrare una città come Napoli, bisognerebbe aggiungere. Il tema, in effetti, è proprio questo. Se dopo diciotto anni di gestione del centrosinistra, la gente sente il bisogno di cambiare, è comprensibile. Del resto, la democrazia ha nell’alternanza uno dei punti fondanti. I cittadini hanno il diritto di invocare un cambiamento, se non sono soddisfatti. Lo hanno fatto alla Regione Campania, e prima ancora alla Provincia di Napoli. Ma è stato un vero cambiamento?



Questa è una riflessione da fare. Vediamo, per esempio, l’identikit dei consiglieri comunali di opposizione che non hanno saputo “nemmeno dimettersi”. Uno aveva fatto l'assessore con Rosa Russo Iervolino e dopo aver attraversato alcuni partiti (socialisti, pd, udc) è approdato ai finiani e ha provato a mandare a casa il sindaco. Un altro aveva fatto il capogruppo del Pd e poi, folgorato non si sa su quale via, è prima passato con l'Udc e poi si è dimesso, peraltro male, provando a far cadere l'amministrazione di centrosinistra, nella quale era stato eletto. Un altro ancora, figlio di un ex assessore regionale di centrosinistra, dopo aver lasciato il Pd ed essere approdato non si sa bene dove, è passato all'opposizione. Non manca, ovviamente, anche quello di Italia dei valori, così intransigenti nei toni ma poi lesti anche loro a fare qualche salto della quaglia nei momenti che contano. Insomma, il tentativo del centrodestra di mandare a casa l'amministrazione di centrosinistra addirittura due mesi prima della scadenza naturale della consiliatura, consiste, in buona sostanza, nell'aver acquisito dalla maggioranza un manipolo di consiglieri.
Un gruppo di persone che prima ha viaggiato, per anni, comodamente, in posti di comando, con i rispettivi familiari, sul carro del vincitore, e adesso che si sente aria di sconfitta, con il centrodestra che ha vinto Provincia e Regione, e ambisce alla conquista del Comune di Napoli, ecco che salta giù e sale sull'altro carro. Vincere, quindi; sempre e comunque. Il trasformismo, si sa, è sempre esistito. La lusinga del potere interroga la coscienza individuale, il proprio senso etico, lo spirito con il quale si conduce un impegno politico. Ma riguarda anche la capacità dei partiti politici di selezionare i propri gruppi dirigenti. Se un gruppo di consiglieri passa dalla maggioranza all'opposizione per il potere, è certamente un malcostume dei singoli ma è anche una responsabilità politica, che i partiti devono assumersi. Come si può tollerare che in un Consiglio comunale si formino decine e decine di gruppi, talvolta composti di una sola persona, solo per incassarne i benefit? E in che modo si compongono le liste, si scelgono i candidati, si selezionano quelli che devono occupare posizioni così rilevanti? Altri interrogativi se li devono porre, però, anche i partiti che acquisiscono i trasformisti. Il centrodestra ha srotolato uno striscione, nelle ore successive alle fallite dimissioni dei 31 consiglieri. C'era scritto "abbiamo liberato Napoli". Mi viene da chiedergli: da chi? Visto che parte di quelli che, secondo loro, hanno male gestito in questi anni, se li sono presi, di quale liberazione parlano? La sensazione è di rivedere le scene delle provinciali e delle regionali: pezzi di ceto politico che avevano governato col centrosinistra si spostano con il centrodestra, e vanno ad occupare le stesse poltrone di prima. Ruoli strategici per soggetti che amano il potere. Cambiare tutto e non cambiare niente, insomma. Un film già visto. Speriamo che per le comunali di Napoli cambi almeno il finale.

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