giovedì 8 dicembre 2011
Il marinaio sorrentino che curò i pirati feriti, il racconto della prigionia in Somalia
Vico Equense - I primi giorni di prigionia sono stati duri, ma poi è prevalso il suo istinto di sopravvivenza. Ha curato dei pirati feriti e questo gli ha permesso di non essere privato di alcuni oggetti personali. Giuseppe Maresca, marinaio di Vico Equense finito nelle mani dei sequestratori somali, è tornato a casa da qualche giorno. Non ha voluto feste di bentornato e a tratti racconta quegli attimi di terrore. Parole che Antonino Maresca, il padre del ragazzo, ascolta con le lacrime agli occhi. Giuseppe ha incontrato alcuni familiari e gli amici del cuore. Vuole stare lontano dalla confusione, bisogna capirlo. Vivere per mesi sotto sequestro non è una passeggiata. E’ un trauma difficile da superare, ma i familiari sono sicuri che ce la farà. “E’ un ragazze forte, lo conosciamo bene”. Giuseppe, almeno per il momento non ha voluto raccontare nulla sui pri mi giorni del sequestro. Non una parola sui terribili particolari dell’assalto alla Rosalia D’Amato. Ma poco alla volta trova la forza di affrontare l’argomento. Ha confidato che uno dei pirati si è ferito durante l’abbordaggio al mercantile. Giuseppe è stato il primo ad inter venire e a prestargli le prime cure, senza tirarsi indietro. Una situazione paradossale. I sequestra tori, per questo motivo, gli hanno permesso di tenere il telefono cellulare e il computer. Ha cercato di curare anche un pirata del gruppo di mantenimento, colpito da broncopolmonite. Il cibo, ha spiegato Giuseppe agli amici e ai familiari, era sufficiente ma sempre le stesse pietanze. Riso, carne di capra, montone e olio di palma come condimento. Gli ostaggi era no costretti a mangiare con le mani e il marittimo di Vico Equense ha perso sette chili. Poi si è fatto coraggio e gli hanno permesso anche di pescare. Era l’unico a cui era consentito di passeggiare liberamente per la nave. In poche settimane è riuscito a vince re la diffidenza dei soma li. Raramente ha ricevuto minacce e maltrattamenti, ma ora ha bisogno di riposare per rimettersi in sesto. I marittimi, appena arrivati in Oman, sono stati visitati e riconosciuti inabili al lavoro per il grave trauma psicologico legato alla terribile prigionia. (Fonte: Fabio Orecchiuto da Metropolis)
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