La Campania sempre piu’ terra di mattanza ambientale. Rifiuti tossici sversati su terreni agricoli, in discariche non autorizzate, utilizzati per realizzazione di manti stradali, di mattoni per abitazioni. Legambiente a dieci anni dalla dalla prima ordinanza di custodia cautelare emessa per traffico illegale di rifiuti nel nostro Paese presenta una fotografia con numeri e cifre in seguito all’applicazione del delitto di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” (art. 260 del Dlgs 152/2006, ex art. 53 bis del decreto Ronchi). Dal 2002 sonoben 66 le inchieste che ha visto direttamente o indirettamente coinvolta la Campania, che rappresentano il 34,6 % del totale nazionale, con 337 ordinanze di custodia cautelare. LeProcure che hanno indagato sono otto ( Avellino, Benevento, Napoli, Nocera Inferiore, Nola, Salerno, S.Maria Capua Vetere, Torre Annunziata) e ha visto il coinvolgimento di tutte le forze dell’ordine, dal Corpo forestale dello Stato alla Guardia di Finanza, dalla Polizia di Stato ai Carabinieri, dalla Direzione investigativa antimafia fino alle Capitanerie di porto e all’Agenzia delle Dogane. Numeri e risultati importanti, che hanno consentito di svelare scenari inediti e di “fotografare” un fenomeno, quello dei traffici illegali in Campania che rappresenta un’autentica minaccia per l’ambiente, la salute dei cittadini, l’economia. Basti pensare al record del numero delle aziende campane coinvolte nelle indagini: ben 146 aziende, pari ad oltre 14 aziende che ogni anno vengono coinvolte nei tentacoli della rifiuti S.p.a campana con 456 persone denunciate pari al 13,6% del totale nazionale.
“In dieci anni si è trasformata la figura dell’ecomafioso- denuncia Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania- mentre prima soggetti notoriamente conosciuti come camorristi avevano imprese che gestivano i rifiuti, ora alcuni imprenditori hanno un controllo quasi monopolistico di alcuni ambiti di questo settore, che però sono il braccio economico del clan. Dal camorrista imprenditore siamo passati all’imprenditore camorrista: è un cambiamento sostanziale che rende molto più invasiva e difficilmente contrastabile la presenza della criminalità organizzata nel settore delle imprese. E che ha modificato in modo sostanziale la genetica stessa del mercato. L’imprenditore camorrista- prosegue Buonomo di Legambiente- è infatti un imprenditore a tutti gli effetti: la sua azienda è iscritta al registro delle imprese, ha una partita Iva, paga i contributi e gli stipendi ai suoi dipendenti, ha una contabilità apparentemente trasparente. Bisogna cambiare registro: oltre la richiesta ormai decennale al governo affinché si attivi concretamente per l’introduzione dei delitti ambientali nel nostro codice penale, una riforma di civiltà, che oltre ad assicurare maggiore vivibilità dei territori e alla sicurezza di tutti gli i cittadini, contribuirebbe a tutelare l’economia sana del paese, è necessario- conclude il presidente di Legambiente Campania- che la Confindustria Campania dia segnali concreti di lotta all’ecomafia : chi smaltisce in modo illegale per abbattere i costi, siano esse piccole o grandi aziende, vengono sospese quando indagate ed una volta condannate sbattute fuori. segnali seri e non scontati per svincolare il sistema produttivo campano dai rapporti con la criminalità organizzata e dall’ecomafia” La prima inchiesta in Campania prendeva il nome di Ecoservice e in questi dieci anni, i nomi delle inchieste che hanno smascherato pericolosi network criminali rappresentano un vero e proprio vocabolario criminale e ad tasso tossico: Re Mida, Terra Mia, Marco Polo, Madre Terra, Dry Cleaner, Caronte, Cernobyl, dirty pack, eco boss, rompiballe, carte false, terra dei fuochi, oro rosso, paccotto. I risultati investigativi raggiunti in tutte queste inchieste hanno messo in luce il dietro le quinte della gestione illecita dei rifiuti, un fenomeno che si dipana senza soluzione di continuità su tutto il territorio regionale, nessuna Provincia esclusa e che ha portato al clan dei casalesi ad avere il record per carichi trafficati illegalmente ed è stato messo a nudo come la Campania sia stata sacrificata dalle famiglie mafiose per diventare l’immenso immondezzaio a cielo aperto degli scarti industriali di mezza Italia, con inenarrabili danni ambientali e sanitari. Un affare colossale che già nel 1994 il pentito Dario De Simone quantificava in 5miliardi di vecchie lire all’anno.
Nessun commento:
Posta un commento