mercoledì 4 gennaio 2017

La cappella di Santa Lucia a Massaquano

di Filomena Baratto

Vico Equense - La Cappella di Santa Lucia è un tesoro nel borgo medievale di Massaquano, nascosta in una stradina di fronte alla Chiesa, subito a destra per chi sale da Vico. Tante volte sarò passata lì davanti, da bambina, prendendo la Cappella per una normale chiesetta e invece rappresenta una vera chicca artistica. La cappella si presenta come un ambiente raccolto, a misura di preghiera. Quelle figure laterali e quella mastodontica scena davanti, danno l’idea di un piccolo assaggio di ascesa al cielo dove ci si incontra con tante anime. E’ formata da un unico ambiente a forma rettangolare larga 4,50 m. per 6,50 di lunghezza e alta 7 m, con volta a crociera. Presenta ancora la sua originaria struttura gotica e colpisce, già all’ingresso, la parete frontale completamente dipinta anche se mancante di intonaco nella parte alta, mentre emerge la Vergine sul letto di morte circondata dagli Apostoli. Da un documento del 1648 si legge che il vescovo Ludovico da Napoli, nel 1385, concesse al sacerdote Bartolomeo de Cioffo la possibilità di erigere una cappella dedicata a Santa Lucia. Sorse accanto all’abitazione del cappellano che ebbe l’ufficio di celebrare messa, incarico che sarebbe passato poi ai suoi successori di linea diretta. L’intento era quello di creare una cappella funeraria privata anche se la scelta di scene tratte dalla vita di Santa Lucia e lo stesso tema della Dormitio Coronatio fanno credere che forse la Cappella era stata eretta per una sepoltura probabilmente femminile. Si pensa alla madre di Don Bartolomeo, ma i documenti non danno alcun riferimento in tal senso. Altro motivo per cui sorse la Cappella fu quello di coltivare il culto di Santa Lucia. La lunetta sul portale mostra proprio il martirio della Santa di Siracusa, protettrice della vista. La Cappella è stata restaurata durante un lungo periodo che va dal 1991 al 2007, per riprendere i dipinti e parte della struttura, a cominciare proprio dalla lunetta sul portale.
 
Chi si accinge a visitarla ha un impatto notevole per trovarsi immerso nella pittura trecentesca tipicamente giottesca. Giotto fu a Napoli tra il 1328 e il 1333 invitato dal Re Roberto D’Angiò, detto il Saggio. Questi si fidava solo di maestranze francesi, ma in seguito al successo di Giotto, lo chiamò a Napoli, nello stesso periodo in cui soggiornò anche Boccaccio. Giotto partecipò alla Chiesa di Santa Chiara a Napoli e alla Sala Magna della reggia di Castelnuovo coadiuvato da Maso di Banco e dal cosiddetto “Parente” Stefano. Tra i suoi aiuti locali un pittore napoletano Roberto d’Oderisio. Quest’ultimo era già attivo negli anni trenta del secolo per la costiera amalfitana e dipingeva alla maniera di Giotto, ma si presenta più duro nei passaggi cromatici e nei profili. Ebbe grande fortuna durante l’ascesa al trono di Giovanna d’Angiò, la quale cercò con l’arte di camuffare una realtà sociale e politica in disgregazione. Gli affreschi riprendono la lezione di Giotto a Napoli a cominciare dalla parete di fronte all’ingresso. Qui abbiamo L’Assunzione della Vergine nelle due fasi: Dormitio e Coronatio. Per Dormitio si intende il lungo sonno della Vergine prima di essere assunta al cielo, poichè nella religione cristiana la morte era solo per i peccatori. La Dormitio di Maria è essa stessa oggetto di culto. La parte alta dell’affresco destinata alla Coronatio, presenta una caduta di intonaco. La Morte e l’Assunzione di Maria era un tema ricorrente nel Medioevo ed è un modo orientaleggiante di rappresentazione fin verso il quattrocento. La presenza di Giotto a Napoli e la sua lezione divennero preziose per gli affreschi campani soprattutto con questo tema che riprendeva il prototipo giottesco della Cappella Palatina di Castelnuovo. Presente non solo nella Cappella di Santa Lucia a Massaquano, ma anche per la Cappella Coppola del Duomo di Scala e per la Cappella San Giovanni in Toro a Ravello. Le scene riprese sono tratte da Vangeli apocrifi, del tutto particolari e nuove, di gusto bizantino. Vediamo l’Arcangelo Gabriele impugnare la spada e tagliare le mani all’ebreo Jefonia per aver cercato di rivoltare il catafalco su cui dormiva la Vergine. Al lato sinistro della Dormitio è posta Santa Caterina, a destra Santa Lucia, con la lampada in mano, segno di luce, ovvero sapienza, entrambe a grandezza d’uomo. In alto abbiamo l’Incoronatio, mancante della parte centrale facendoci chiedere se la Vergine fosse già incoronata o nell’atto di essere incoronata. Ma essendo questa rappresentazione strettamente legata a quelle di Scala e Ravello, porta a credere che anche qui che la Vergine fosse incoronata dal Figlio. Sulla parete sinistra della Cappella c’è l’apertura di una sagrestia. Si notano ancora oggi segni di un passaggio, tompagnato, tra la Cappella e la casa del sacerdote. Le scene sulla parete di sinistra riprendono la vita della Santa (283-304) vissuta sotto la grande persecuzione cristiana di Diocleziano. Lucia, in seguito alla grave malattia di sua madre, fece voto che, se fosse guarita, avrebbe lasciato il fidanzato. In seguito alla guarigione della madre, il suo pretendente, non accettando di essere respinto, denunciò alle autorità che Lucia era una cristiana. Tra le scene più belle la guarigione di sua madre Eutichia, la condanna della Santa, l’ascensione della sua anima al cielo. Nella parete di destra le storie della Passione di Cristo. Tra le scene ci sono frammenti dell’entrata di Gesù in Gerusalemme, parti di un’Ultima Cena, più giù la Lavanda dei piedi, nell’Orto degli ulivi. Dai frammenti rimasti si evince che molto probabilmente le pareti dovevano essere divise in otto riquadri dove raffigurare le storie. Lo stato dei dipinti è buono solo per la parete di fronte, lateralmente ci sono molte lacune, scoloriture e pittura abrasa. A un primo sguardo degli affreschi pare che il pittore abbia avuto un’esigenza più di tipo spaziale che di rifinitura. L’ignoto autore dei dipinti ha posto serie di personaggi a grosse pennellate con colori ben assortiti tra chiari e scuri, prediligendo quelli caldi del marrone, i terra di Siena e quelli più intensi per le ombre. Colori più che scelti, dettati dai pigmenti, le cosiddette terre provenienti da giacimenti naturali. La mano si mostra allenata non solo alla definizione delle figure, ma anche ai gruppi di figure ben assemblate, segno di aver ripreso scene simili più di una volta. Qua e là piccoli dettagli che riportano una pittura intensa anche nei contenuti come l’angelo che si strappa le vesti nella Crocifissione, o quello che raccoglie il sangue di Cristo o ancora l’angelo che trasporta l’anima del ladrone. Tra tutte spicca il trapasso dell’anima di Santa Lucia portata da un Angelo verso l’Alto, tra le mani di Dio che la attendono. La parete frontale presenta una migliore definizione rispetto a quelle laterali che hanno subito cambiamenti e perdite maggiori. E’ questo un prezioso documento storico e artistico da mantenere vivo, a conferma che questi luoghi sono forniti di bellezze naturali e beni culturali. L’arte va tenuta in grande considerazione, perché oltre a fornirci bellezza è anche motivo di aggregazione e di confronto.

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