sabato 13 ottobre 2012

A Sorrento il primo “porto di tradizione” in Italia, tra i resti archeologici di una villa di epoca romana

La bella storia dell’Asso vel’a tarchia, associazione velica e culturale impegnata da anni nella tutela ed il recupero dello storico patrimonio marinaro della penisola sorrentina

Sorrento - La penisola sorrentina è terra di antiche tradizione marinare, di maestri d’ascia, di marinai e comandanti che solcavano i mari in cerca di fortuna, e di una flotta costituita da velieri, tartane e feluche. E proprio la tutela ed il recupero di queste tradizioni, da troppo tempo trascurate, costituiscono lo scopo sociale dell’associazione velico-culturale “Asso vel’a tarchia”, presieduta dal sorrentino Giancarlo Antonetti, comandate superiore di lungo corso e “commodoro” ancora in servizio con la Tirrenia di Navigazione (ora Compagnia Italiana di Navigazione), che da anni si batte per conservare la memoria storica della locale marineria velica e per la tutela ed il recupero di queste tradizioni. Dopo oltre 30 anni di attività culturale, fatto di recuperi di barche d’epoca, regate, convegni, produzioni di cortometraggi e l’ormai immancabile appuntamento velico in costiera con il “Trofeo Eduardo De Martino”, giunto quest’anno alla sua 24esima edizione, è stato coronato un altro sogno: realizzare a Sorrento, primo in Italia, un “porto di tradizione” all’interno di un’area archeologica marittima. Infatti, sulla scia dei cosiddetti “harbour heritage” nordeuropei e dei porti storici siti in alcune aree del mediterraneo, a Sorrento è stato possibile far rivivere, con attuale funzionalità, un approdo di epoca romana. Nel gennaio 2007 l’associazione, dopo un travagliato iter legale con la confinante struttura alberghiera, riesce a preservare la pubblica fruizione dell’area ed ottiene, da parte dell’amministrazione comunale e su parte del prospiciente specchio acqueo, una concessione demaniale marittima per “imbarcazioni d’epoca”, supportata dai pareri favorevoli delle competenti soprintendenze per i beni ambientali ed archeologici, dando così vita ad uno splendido connubio tra arti marinaresche, bellezze naturali e storia.

L’intera area che funge da cornice a queste “signore del mare”, è composta da due ninfei, minore e maggiore, numerose peschiere, una banchina sommersa ed un imprecisato numero di grotte e cunicoli; il sito è stato dichiarato di “interesse particolarmente importante” con decreto ministeriale del 19 marzo 1993, a firma dell’allora ministro per beni culturali Alberto Ronchey, e conserva una delle più importanti testimonianze archeologiche della penisola sorrentina e dell’intera Regione Campania: gli ambienti marittimi della “villa romana” dove soggiornò tra il 6 e 7 d.c., in esilio forzato, Agrippa Postumo, il nipote dell’imperatore Augusto. Anno dopo anno, grazie alla passione degli iscritti all’associazione, le imbarcazioni d’epoca sono divenute sempre più numerose, fino a raggiungere quest’anno le 10 unità ed il numero è destinato ad aumentare, grazie alla continua e sapiente opera di restauro dei maestri da’ascia della penisola sorrentina, tra i quali Nino Aprea dell’Antico Cantiere del Legno Aprea di Marina Grande a Sorrento, Michele Cafiero dell’omonimo cantiere di Meta, e Antonino Tramontano di Marina Piccola, sempre a Sorrento. Tra le imbarcazioni storiche oggi visibili nel sito, “soggetti” imperituri di uno splendido quadro d’autore che solo la natura ed il sogno di alcuni uomini di mare hanno reso possibile, vi sono i gozzi “Santa Rosa”, una “menaide” del 1950, e “Santa Maria del Lauro", realizzato su un progetto del 1919, le lancette sorrentine “Salvatore” del 1945 e “Miccarella”, il dinghy 14 piedi “Fara”, vanto dell’ammiragliato inglese, ed i due caratteristici dinghy 12 piedi “Sunshine” e “Mizar”, oltre a “Francesca Bella”, tipica “barchetta” utilizzata per la visita alla Grotta Azzurra di Capri. Insomma, un angolo di paradiso in penisola sorrentina, tra storia, tradizione e tutela dell’ambiente…

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