domenica 28 agosto 2016

La lezione (ignorata) dell`Aquila

Scuola Romeo Capranica di Amatrice
Fonte: Bruno Discepolo da Il Mattino

Con il passare delle ore almeno un po' delle nebbie che ancora avvolgono la vicenda del crollo di un'ala della scuola Romeo Capranica di Amatrice sembrano diradarsi ed iniziano a delinearsi i contorni di una tipica storia italiana. Della quale non sappiamo ancora la fine ma di certo i capitoli scritti sin ad ora non incoraggiano all'ottimismo. Ma prima ancora, perché occuparci proprio di questa scuola, il cui collasso parziale non ha causato nemmeno una vittima e la preannunciata indagine della Procura di Rieti ruoterà necessariamente intorno all'interrogativo se siano stati spesi bene o sperperati poco più di cinquecentomila euro? Con un terremoto che ha mietuto quasi 300 anime e stime, tra ricostruzioni che si ripetono ciclicamente e previsioni di interventi preventivi che sfiorano i 300 miliardi di euro, vale proprio la pena soffermarsi sul caso di questa piccola scuola di paese? Capire cosa è accaduto alla «Capranica» è essenziale in un momento in cui sono davvero poche le certezze nei confronti di avvenimenti così tragici. La storia, in estrema sintesi, è la seguente. Nel 2008 l'allora Provincia di Rieti stanzia un milione e 263.600 euro per realizzare un edificio scolastico ad Amatrice.
 
Di quei fondi si perdono le tracce e quattro anni dopo, ed in un tempo record di pochi mesi, si effettuano lavori di ristrutturazione della sede attuale dell'istituto finalizzati al miglioramento statico e sismico, con un nuovo finanziamento di poco più dimezzo milione di euro del Ministero dell'Istruzione, transitati dalla Regione, secondo quanto affermato dal sindaco Pirozzi, oltre a 100mila euro del Comune. Nel dicembre scorso, infine, l'ultimo capitolo con un nuovo appalto per realizza re opere finalizzate alla «prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi non strutturali» (la Repubblica di ieri), in cantiere, per lavori pari a 172mila euro, sarebbe dovuto iniziare a giorni, da quanto si apprende, ed interessare anche la copertura. Non sono mai partiti solo perché, nel frattempo, il 24 agosto ad Amatrice è arrivata l'Apocalisse. Sulla polemica che, quasi da subito, è scoppiata intorno al caso del crollo di un edificio oggetto solo quattro anni prima di lavori strutturali, è intervenuto ieri il primo cittadino, Sergio Pirozzi, per puntualizzare che, nel caso della «Capranica», non si può parlare di adeguamento sismico ma solo di miglioramento perché l'edificio è vincolato come bene architettonico. In questi casi, la normativa vigente prevede che, soprattutto in presenza di monumenti appartenenti al passato, non sia possibile ottenere il prescritto adeguamento, se non al prezzo del possibile stravolgimento dell'architettura preesistente, ed in questi casi ci si possa arrestare ad una soglia per così dire intermedia; devo solo dimostrare, allora, che attraverso le opere progettate e realizzate, rispettose dei caratteri storici e artistici del bene architettonico, si sia conseguito un oggettivo miglioramento del suo possibile comportamento in caso di sisma rispetto a quello che sarebbe stato in assenza dei nuovi interventi. A questo punto è lecito porsi alcuni interrogativi. Se per caso si fossero manifestate alcune anomalie, ad esempio nel modo di eseguire i lavori progettati o anche errori di progettazione, allora sarebbe facile risalire alla causa che ha determinato i cedimenti che hanno portato alla distruzione di una parte dell'edificio. Resterebbe però da chiarire come tutto ciò sia potuto accadere, eludendo le molteplici fasi di controllo e verifiche che accompagnano nel loro iter realizzativo le opere pubbliche in Italia: la validazione del progetto, il ruolo del direttore dei lavori, il deposito del progetto strutturale al Genio Civile, i collaudi tecnico-amministrativo e statico, ecc. Su di un altro livello, ancora prima si colloca un diverso tipo di interrogativo: se cioè non vi sia, nelle sequenze e procedure che abbiamo contribuito a costruire in tutti questi anni (le uniche vere certezze, a parte le metodologie di intervento e le strutture della Protezione civile, restando ancora drammaticamente scoperti i livelli di prevenzione) una sorta di bag del sistema che finisce per rivelare, drammaticamente, tutte le défaillances del programma. Che significa che mai nessuno, nella processualità appena ricordata, si è chiesto il senso delle operazioni che si andavano compiendo: non si utilizzavano i fondi per realizzare, presumibilmente un nuovo e più sicuro edificio. Sene impegnavano però almeno la metà per migliorarne il comportamento m presenza di un sisma, non potendo far ricorso a tutto quanto oggi scienza delle costruzioni e più innovative tecnologie mettono a disposizione dei tecnici, perché in presenza di un bene tutelato (sulla qualità architettonica di quell'edificio, almeno da quello che si vede dalle immagini televisive è più che lecito avere delle riserve, come d'altronde sulla norma, cui facilmente era assoggettata la Capranica, del vincolo ope legis per edifici di oltre 70 anni e di proprietà di un ente pubblico). Non contenti di tutto ciò, ci si apprestava a spendere altri denari per opere non strutturali ma comunque ritenute vulnerabili. Davvero sfugge la logica, sia chiaro, non tanto del singolo caso ma di un modo di operare che, certamente, è molto più diffuso e generalizzato. E se è davvero così, c'è da restare sgomenti. Qui non si tratta solo di fondi eventualmente buttati al vento ma della sicurezza dei luoghi dove lo Stato accoglie, e prende in consegna, i nostri figli. Se il terremoto del 24 agosto avesse tardato di una quindicina di giorni, e di orario, ora non si discuterebbe di procedure e verifiche tecniche, l'Italia starebbe piangendo una seconda volta le sue vittime innocenti, dopo San Giuliano di Puglia.

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