mercoledì 24 agosto 2016

E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio (Einstein)


di Filomena Baratto

Vico Equense - Ieri, investita da un discorso, ho notato che è costume, quando si parla degli altri, non prendere in considerazione i fatti in modo oggettivo, ma lasciarsi condizionare dal proprio modo di vedere, dalla propria storia, dalle proprie delusioni, dalle proprie paure. Ogni cosa è legata al proprio vissuto e letta con la lente personale. La cultura non ci preserva dal pericolo di vedere la realtà dall’oblò del nostro piccolo io. E in questo mare proliferano quei sentimenti che ci fanno leggere la realtà a nostro utile: l’ipocrisia, il cinismo, il sarcasmo, l’ironia, la presunzione, che, come liane, ci permettono di saltare un vuoto e restare aggrappati a qualcosa, seppur fragile. E se un’esperienza ci mette a dura prova, vogliamo a tutti i costi mostrare forza, ovviamente fittizia, per allontanare da noi l’accaduto. L’atteggiamento peggiore è leggere i fatti passati con valutazioni attuali dimenticando il contesto in cui sono nati, producendo solo disastri anche a livello interiore. Ci sono persone che si portano addosso colpe da anni, senza aver mai avuto il coraggio di capirle fino in fondo e magari scoprire che oggi è cambiata la prospettiva, molto diversa a confronto con quella di un tempo. E’ un restare attaccati a situazioni mai risolte, mai ben interpretate, per cui ci si trova ancorati al passato quasi disconoscendo il presente.
 
Sono distorsioni di vedute che valgono sia per coloro che hanno vissuto tali situazioni, sia per altri che le conoscono e proprio per questo si ergono a giudici. Un pessimo alleato nella lettura del passato è il pregiudizio, un valore stagnante che non fa andare oltre, che non riesce a riqualificare i fatti né a leggerli nelle loro intime pieghe e si limita ad una lettura falsata con un riscontro soggettivo, senza apporto né cambiamento di veduta. Il pregiudizio si nutre di rivalsa, di odio, di incomprensione, di torto ricevuto, di sentimenti quali la vergogna e la paura, aumenta nella bassa considerazione e stima di sé, ma anche nella sua eccessiva valutazione e nel credere che la nostra vita dipenda dal giudizio degli altri. Se è vero che siamo quello che gli altri pensano di noi, è pur vero che ciascuno ha una coscienza per cui deve poter modificare giudizi distorti. Il pregiudizio prolifera dove non c’è scambio, né collaborazione, ciascuno chiuso in se stesso da cui non esce e per cui si confronta poco, per credere di aver visto abbastanza e di non aver bisogno di altro. Il pregiudizio aumenta quando la nostra vita ci limita, ci tratta, secondo noi, come non meritiamo, ci bistratta, in quel caso restare ancorati a vecchi schemi, vecchi sentimenti, vecchi rancori, rappresenta quasi una forma di difesa. La vita, purtroppo, ma aggiungerei anche meno male, cambia, ci rende diversi, ci trasforma e come noi anche le nostre vite, le nostre aspettative, i nostri sentimenti, il senso che diamo alle cose. La vita, col tempo, sana e insegna, chiarisce ed educa. Il nostro sforzo, prima ancora di alimentare un pregiudizio, deve essere volto a comprendere chi siamo. Sforzo questo che tralasciamo per un’attività meno impegnativa come quella di tagliuzzare la vita degli altri, come spettatori di un film, preferendola per non esserci coinvolgimento interiore e poter riscontrare tante pagliuzze, mentre abbiamo abbandonato la nostra ricca di travi e, per questo peso, poco piacevole. L’attività di guardare la vita degli altri, anche se ci insegna tante cose, è una lezione di cui non facciamo tesoro, per credere che la nostra sia diversa e forse migliore. Illusione che aumenta il nostro pregiudizio. Se ci poniamo a spettatori degli altri, non abbiamo il tempo di approfondire la nostra conoscenza e nemmeno ci poniamo delle domande. Ci piace vivere di riflesso per avere meno scosse nella nostra pelle. Chi agisce non ha tempo di soffermarsi sugli altri, è proiettato a costruire la propria felicità. Il pregiudizio è una prigione fatta di schemi rigidi con cui analizziamo il vissuto, un modo freddo e vuoto di vivere con cattiveria, superbia, convinzione, invidia, arroganza. Ci serviamo del pregiudizio quasi sempre per gli altri, attuando, in questa discriminazione, la sua negatività. Si fonda sull’emettere un giudizio prima ancora di conoscere i fatti e le persone e si pecca di presunzione visto che possiamo solo ipotizzare. D’altra parte su cosa si fonda? Sul sentito dire, sul vago sapere, sul sembrare e su deduzioni sbagliate, ma anche su quanto dicono gli altri senza appurarlo. Solo una conoscenza approfondita di una persona ci dà la possibilità di essere critici e, anche in quel caso, proprio per aver capito bene, dovremmo astenerci dal giudicare. Esso è oltretutto pericoloso, predispone, quando persiste e non viene rimosso, a pericolose asserzioni. Il pregiudizio è come un binocolo, ci fa sembrare esageratamente grande la vita degli altri mentre la nostra, che conosciamo bene, a confronto, sembra regolare. Una società sana non è quella che non sbaglia, ma quella che riconosce gli errori e impara a non farne oggetto di pettegolezzo e non eroga giudizi a gettito continuo. Ci sono persone che credono di avere il diritto di additare, di scavare, di trovare pagliuzze a destra e a manca senza sapere di portarsi dietro macigni. E niente male se chi professa questa disciplina è per lo più credente, scuotitore di petto, che sa di incenso ad ogni festa, che crede di essere assolto in quanto, come gli altri, si porta dietro un macigno. E’ una persona in cui l’apparenza sovrasta la sostanza, che ha perso credibilità da un pezzo, e che, malgrado la vita non gli sorrida più, si erge di diritto a spregiatore degli altri. Il passato va sempre rivisitato con occhi nuovi, alla luce della nostra vita di oggi e il pregiudizio non agevola il compito, resta solo un freno che irrigidisce il nostro pensiero. I fatti vanno letti apportando nuove valutazioni che tengano conto dei nostri progressi e del punto in cui siamo giunti, per comprendere e non giudicare. Comprendere implica il voler imparare dagli eventi, il giudicare è un’attività che nessuno può permettersi, in questa attività è insito l’errore.

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