Nando Uliano |
Fonte: Roberto Fuccillo da La Repubblica Napoli
Pompei - Ventitrè liste, e nessun simbolo di partito, per eleggere 15 consiglieri. Così due anni fa Pompei si presentò al voto, e di quella sfarinatura oggi è forse vittima il sindaco eletto, Nando Uliano, defenestrato dalle firme di dimissione di 10 consiglieri, fra cui due, decisivi, della sua residua maggioranza. Sindaco civico quanto basta per uscire vincente dalla bagarre fra le fazioni dei partiti, e anche tanto trasversale da trovare l'appoggio di settori del suo Pd e della destra di Fratelli d'Italia, fino ad avvicinarsi di recente a Luigi de Magistris, che infatti gli aveva conferito la delega a Cultura e siti Unesco in Città metropolitana, e che ora constata: «Uliano è stato sfiduciato da alcuni consiglieri della sua stessa maggioranza che nottetempo hanno firmato le dimissioni assieme ai consiglieri di opposizione». Quel nottetempo sa di tradimento. De Magistris aggiunge che «ho avuto il piacere di conoscere Uliano come consigliere metropolitano e come sindaco e, pur sedendo egli all'opposizione rispetto alla mia maggioranza, ne ho sempre apprezzato la libertà di pensiero. Evidentemente tale libertà gli è stata fatale. Gli auguro di rialzarsi presto». Dispiaciuto anche Forza Italia, col suo coordinatore metropolitano Paolo Russo, che parla di Uliano come «vittima di scorribande dei potenti e mammasantissima del Pd». Lo stesso Pd che sembra considerare la vicenda un incidente di percorso: «La fine anticipata di un'esperienza amministrativa è sempre una notizia triste - nota la segretaria regionale Assunta Tartaglione - In un Comune strategico come Pompei pesano quei limiti e responsabilità nella gestione che hanno contribuito allo sfaldamento della maggioranza.
Prendiamo atto della sfiducia nei confronti del sindaco, ma allo stesso tempo riteniamo fondamentale in questa fase dare continuità al Grande progetto Pompei». Sindaco, la vita continua, anche senza di lei «Ero iscritto al Pd, venivo dalla Margherita, ma qui ero l'unico renziano quando tutti andavano con Bersani. Ho segnalato irregolarità a tutti, a Renzi, a Orfini, a Seracchiani, sulle primarie, sulle tessere. Mai successo nulla. E i vertici regionali rispondono al capogruppo regionale Mario Casillo, che mi ha sempre fatto la guerra». Era con Renzi, ma ha osteggiato il progetto della stazione presso gli scavi. «Sì, ma alla fine il ministro Franceschini mi disse che il sindaco ero io. Credo abbia capito anche il soprintendente Massimo Osanna, che è stato il primo a chiamarmi, per dirsi sconsolato che ora lui resta solo. Mi ha chiamato anche l'arcivescovo Tommaso Caputo». In giunta c'erano dissapori da tempo. «Avevo rimosso l'assessore Santa Cascone, non potevo andare d'accordo con una persona che mi stracciava le carte in faccia. Ma alla sua componente, che faceva riferimento al consigliere regionale Antonio Marciano, avevo chiesto un sostituto». Invece la lista "Progetto democratico" l'ha lasciata e i tre consiglieri si sono dimessi. «Ero un sindaco sui generis, mi hanno fatto il golpe. Come Josi Della Ragione a Quarto». Siete tutti nell'orbita di de Magistris. «Sono i soliti interessi che riemergono. È la Pompei di coloro che mi hanno lasciato 30 milioni di debiti, la casa di riposo in liquidazione e l'inchiesta sul cimitero (sette arresti, fra cui l'ex sindaco Claudio D'Alessio, per ipotesi di reato relative alla gestione dell'impianto, ndr. )» Pare che l'ultima goccia sia stata un suo provvedimento per l'area davanti agli scavi. «Avevo proibito l'ingresso dei bus nella zona di sicurezza, detto stop alla cartellonistica e alle bancarelle selvagge. Ma non mi fermo, sono già in campagna elettorale per l'anno prossimo. E mia madre Rosa mi ha detto che questo era il miglior regalo per il suo onomastico di ieri». Scusi, con quali forze? «Sono uno scout. Conto sui cittadini». Se non lo slogan, l'hashtag c'è già: #ritorneròpernoniasciarelacittàinmanoaifarabutti».
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