Cercasi classe dirigente campana di sinistra, max quarant´anni, possibilmente per bene, magari istruita, dotata di una particolare, ammirevole abnegazione per il pubblico interesse.
La bramano da sempre coloro che non si rassegnano a morire bassoliniani, come non si rassegnarono, praticamente un´era geologica fa, a vivere pentapartitici. Se ne sono accorti persino Andrea Cozzolino ed Eugenio Mazzarella, che della gloriosa stagione del centrosinistra vincente sono stati protagonisti non proprio secondari: vedi gli accorati interventi su "Repubblica" di ieri. Una classe dirigente che lasci scorrere linfa fresca nel ramo disseccato del meridionalismo: giusti gli auspici di Alfredo Reichlin, nel suo splendido pezzo comparso su questo giornale martedì scorso. Giusto, giustissimo, però? Come la vogliamo, questa classe dirigente? Simpatica, allegra, deliziosamente casinista, alla Velardi? Leggermente tetra, completamente dentro il palazzo, alla Cozzolino? Dubbiosa, cattolica, alla Mazzarella? Oppure anguillesca, temibilmente bipartisan, alla Villari? Credo che siano tipologie diverse, alle quali aggiungerei l´idealtipo tecnocratico come Nicolais, quello storicista come Emma Giammattei e via via allungando antropologie, stili caratteriali, tic, risorse umane e palle al piede. Forse, il centrosinistra regionale ha fatto troppa campagna acquisti nei consigli di facoltà e nei senati accademici, negli ordini professionali, nelle imprese e nel rutilante mondo della comunicazione, per immaginare oggi Frattocchie ammodernate, scuole quadri, naturalmente sprovviste di testi sacri su cui meditare: strutture decisamente fuori moda. E nel dotto disquisire sulla faccenda passa sotto relativo silenzio la chiusura di Emily, la lobby femminile di Annamaria Carloni e Franca Chiaromonte. Un´agenzia di collocamento, certo, per signore e signorine di ottima famiglia e discreto avvenire che, almeno, non si trincerava dietro i paroloni, funzionando da mediatrice tra domanda e offerta di potere. Perché di questo si tratta, del potere. Una stagione sta tristemente finendo e il centrosinistra si troverà costretto a vincere, per l´esibita inconsistenza che somiglia a un disegno scientificamente elaborato, degli avversari. Ecco spiegato il bisogno di facce pulite e biografie inappuntabili. Occorre gestire quel che rimane di un patrimonio di risorse europee e di credibilità elettorale consistenti, a dispetto degli scialacquatori e dei gufatori professionisti. I provini sono perciò aperti. E il meridionalismo, la ripresa della tradizione intellettuale che tante volte non ci ha fatto vergognare di essere nati sotto il Garigliano? Suvvia, bisogna essere assolutamente contemporanei. E poi il meridionalismo porta sfiga, è faticoso, non si usa più. Presuppone una certa idea dell´Italia, seria fino all´antipatia; non ama la feste, i musei trasformati in discoteche, l´uso pubblico dell´arte, i capelli del governatore che cambiano improvvisamente colore. Pare strano, anzi italiano, che a propugnare il ricambio siano quanti dovrebbero andare a casa, ovemai l´ipotesi si verificasse. Dal fronte di coloro che, invece, dovrebbero subentrare, nessun segnale. A quale santo votarsi? Non San Gennaro: anche lui è colluso, visto che continua a sciogliersi per chi comanda. (Marco Lombardi da la Repubblica Napoli)
Nessun commento:
Posta un commento