venerdì 21 novembre 2008
La penisola sorrentina devastata a norma di legge
Ogni volta che ritorno in Penisola Sorrentina, o mi ritrovo a studiarne ambiti storici o parti di paesaggio per ricerca o per lavoro, mi imbatto per forza di cose nella meschinità di alcune normative urbanistiche che ne stanno consentendo il sacco in uno strano, connivente e molto probabilmente opportunista silenzio generale, anche delle associazioni ambientaliste. Più volte, su questo giornale, ho ricordato quello che sta succedendo. In una notte del 2001 alcuni consiglieri regionali infilarono un articolo nella legge 19 che ne estendeva alcune norme alla Penisola, spiegando che esse andavano in deroga alle norme del Put, il piano paesistico vigente dal 1987. Nella sostanza, quelle deroghe consentivano, in particolare, a chiunque di costruire parcheggi interrati dovunque e di qualsiasi dimensione e, in generale, affidavano ai tecnici dei privati la certificazione della regolarità di tutto ciò che riguarda l´edilizia, senza prevedere strumenti e azioni di controllo adeguati, né prima, né dopo la fine dei lavori. L´incredibile risultato è stata la sublimazione di buona parte dell´abusivismo in atto regolamentare, tanto che oggi in Penisola gli abusi integrali sono pochi essendo stati tutti assorbiti in leggi, varianti, delibere, controlli mal fatti, facili chiusure di occhio, amicizie e pacche sulla spalla. Nei mesi successivi a quella legge, da un lato scoppiarono le polemiche che però si andarono stancamente spegnendo, dall´altro furono presentate centinaia di richieste, evidentemente in buona parte già pronte, per costruzioni e deroghe di ogni tipo, ma soprattutto per enormi parcheggi interrati, alcuni dei quali delle dimensioni pari a quelle del Pincio a Roma, sul quale persino il sindaco Alemanno ha avuto dei dubbi. In questi sette anni sono stati distrutti irreversibilmente ettari di agrumeti, uliveti, ampie aree dei caratteristici centri storici, giardini di antichi palazzi e ogni altra area appetibile sulla quale costruttori, politici amici, membri di commissioni edilizie e impresari di diverso conio hanno messo gli occhi prima e le mani dopo. Negli stessi sette anni, tutti gli assessori regionali all´urbanistica e lo stesso presidente Bassolino, che più volte ha visitato la Penisola assicurandone a chiacchiere la tutela, si sono resi conto dello scempio in corso, ma nessuno, per avidità, per poca capacità amministrativa o semplicemente per poco polso nel contrastare interessi privati per milioni di euro, ha posto fine a uno stato di cose talmente esasperato che gli ultimi segnali indicano una difficoltà da parte del mercato ad assorbire i migliaia di box già costruiti e in costruzione. Oltre alla Regione, poi, ci sono i Comuni che, assetati di danaro e di ritorni spiccioli in termini elettorali, stanno usando le già lascive norme regionali come un grimaldello, confezionandone di proprie per ampliare le maglie dei piani regolatori. Quando, ad esempio, su questo giornale, mi sono preso la briga di affrontare un´aspra polemica su una micidiale variante al piano regolatore di Meta di Sorrento, gli stessi amministratori hanno dovuto prendere atto di quelle normative che si accingevano a deliberare contro il territorio, sospendendone l´approvazione. Magro risultato, rispetto a quanto sta capitando in questo e negli altri Comuni dove, grazie alle sole comode leggi regionali, l´edilizia, in un´area tra le più vincolate d´Italia (almeno sulla carta), ha il più alto giro d´affari dopo il turismo. A questo magistrale e ben organizzato danno al territorio, si aggiungono una serie di piccole beffe fatte di siparietti messi in piedi per esporre una tutela di facciata che fanno oggettivamente sorridere. Tutta la controversia sull´auditorium di Ravello, tanto per fare un esempio, è ruotata attorno all´interpretazione delle norme dell´ormai famigerato Put e ai conseguenti ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, operati dalla Regione, dal Comune e dalle associazioni ambientaliste; le stesse norme, insomma, cassate in un sol colpo, per la questione parcheggi, dalla Regione. L´ultima finzione, in ordine di tempo, è l´intesa istituzionale tra il ministero per i Beni e le attività culturali e la stessa Regione riguardante la "Tutela dei beni paesaggistici in Campania", firmata a Firenze pochi giorni fa. In essa si legge che, in linea con quanto previsto dalla Convenzione europea sul paesaggio, la Regione si impegna a «perseguire gli obiettivi della salvaguardia e della reintegrazione dei valori del paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonché nelle altre politiche che possono avere un´incidenza diretta o indiretta sul paesaggio». È possibile sapere dove la Regione intende applicare queste buone intenzioni, se non lo fa nell´area di maggior pregio del proprio territorio? Sono i grossi interessi dei privati o il bene collettivo rappresentato dal paesaggio a richiedere attenzione, impegno e, forse, anche un po´ di rischio e impopolarità? Il modello di sviluppo che la Regione sta offrendo ai Comuni-traino del turismo campano è sostenibile o insopportabilmente famelico? (Giuseppe Guida)
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