Sono centinaia e centinaia gli operai del gruppo Fiat, da Mirafiori a Pomigliano d’Arco, da Melfi a Cassino, da Termoli a Foggia (Iveco), che si stanno aggiungendo alle decine di «coraggiosi» dello stabilimento campano Giambattista Vico che, con una lettera al Giornale, hanno mandato a quel Paese i leader di Pd (Pier Luigi Bersani), Sel (Nichi Vendola) e Idv (Antonio Di Pietro). Rotto il fronte e preso coraggio, ecco allora pervenire alla nostra redazione una valanga di firme, che riportiamo in parte in questa pagina (le altre saranno pubblicate domani) contro chi, come la sinistra rappresentata da Bersani, Vendola e Di Pietro, fa dell’ipocrisia la propria bandiera. «Noi che abbiamo votato sì a quell’accordo - come scritto dai primi firmatari, riferendosi all’intesa su Pomigliano, poi definita ieri - ci siamo stancati delle continue dichiarazioni tese a sostenere chi non aveva valide alternative da proporci. Noi che ogni giorno andiamo in fabbrica e che per 1.200 euro mensili lavoriamo sulla catena di montaggio, con una pinza a saldare, non accettiamo più questa ipocrisia da parte vostra». Non resta che aspettare, ora, che anche coloro che l’altra sera ci hanno chiesto di non riportare le proprie generalità, pur condividendo la protesta, possa ripensarci lasciando in disparte i timori. «Io sono tra questi - spiega un operaio di Pomigliano, delegato di una delle sigle che hanno sottoscritto l’accordo - e ho chiesto di togliere la firma pur condividendo al 100% i contenuti della lettera. L’ho fatto solo in segno di rispetto per il sindacato a cui appartengo e per evitare arrabbiature. Dico solo che in Italia si sta scrivendo un nuovo libro e che c’è chi sta sbagliando tutto». L’allusione è al leader della Fiom, Maurizio Landini, il quale ieri non ha risposto alle domande poste dagli operai nella loro missiva. Una per tutte: «Se la Fiom avesse proposto una valida alternativa al piano Marchionne, invece di limitarsi alla legittimità del referendum ed esortare solo per un “no”, l’avremmo fatto? (scrivere al Giornale, ndr). Landini, invece, ha scelto la strada della retorica: «Provate ad andare sulle catene di montaggio e vedete se continuate a pensarla allo stesso modo», ha affermato riferendosi ai «compagni» Piero Fassino e Sergio Chiamparino, gli esponenti del Pd torinese favorevoli all’accordo in itinere per Mirafiori. Ma anche Landini dovrebbe fare un esame di coscienza, visto che ha preferito la più sicura carriera sindacale al lavoro di saldatore in fabbrica. Stipendio sicuro e, se va bene, domani una poltrona a Montecitorio. Proprio come tanti altri sui «compagni». (Il Giornale.it)
1 commento:
Ma quale sinistra???
Questa è una maniata di burocrati cialtroni attaccati alla loro poltrona che nulla sa dei problemi reali dei lavoratori.
Braccia sottratte all'agricoltura...
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