Il Cavaliere è rabbioso. Rinvia l’ apparizione a Napoli, e si blinda a Palazzo Grazioli. Si sente sotto assedio, teme il “ribaltone” o il “governo tecnico”. "Noi sappiamo che" il Capo dello Stato ha le sue prerogative "ma ce ne freghiamo, cioè politicamente riteniamo che non possa accadere questo. Anche i partiti hanno le loro prerogative". Lo ha detto il coordinatore del Pdl Denis Verdini riferendosi all'ipotesi che, in caso di caduta del Governo, "il Capo dello Stato, nelle sue prerogative, possa pensare che per risolvere i problemi di questo Paese si mandi a casa chi ha vinto le elezioni, Berlusconi e Bossi, e si mandi al Governo chi le ha perse, Casini e Bersani". “Se ne fregano. – commenta Massimo Giannini su Repubblica - Perché per loro, come si conviene a un populismo tecnicamente totalitario, la "ragion politica" prevale sempre e comunque sulla ragion di Stato. Il leader incoronato dalla gente è sempre e comunque sovraordinato alle norme codificate dal diritto. Questo, fatti alla mano, è dal 1994 il dna politico-culturale del berlusconismo. E così, al grido di "no al ribaltone", le truppe del Cavaliere sono pronte a marciare sul Colle, sfidando Giorgio Napolitano e stuprando la Costituzione, di cui il presidente della Repubblica è il supremo custode.” Intanto i "traditori" finiscono in prima pagina su Libero. Con tanto di foto segnaletica e indirizzo e-mail perché gli elettori possano ricordarsi di loro e scrivere ai "ribaltonisti". Da Italo Bocchino a Giorgio La Malfa sono 15 i destinatari della "letterina" sulla prima del quotidiano, bacchettati perché ingrati voltagabbana. "Molti di voi erano perfetti sconosciuti, eletti solo perché sulla scheda c'era Berlusconi. Ora volete cacciare il premier e andare con la sinistra: i cittadini vi puniranno".
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