giovedì 22 marzo 2012

Pd, riformisti e sinistra: resa dei conti

Belliazzi sulla riforma del lavoro scatena il putiferio: referendum tra gli iscritti. Orlando frena

Di Simona Brandolini da il Corriere del Mezzogiorno


È la giornata più lunga e forse più difficile per il Pd. Da qualsiasi punto di vista la si voglia prendere, la riforma del lavoro del governo Monti ha spaccato in due il partito democratico. Da una parte l’anima più riformista o almeno più colloquiante, dall’altra l’anima di sinistra, legata al sindacato, alla Cgil in primis. E in Campania s’è plasticamente materializzato questo dualismo per ora inconciliabile. Un comunicato stampa del responsabile lavoro del Pd provinciale, Diego Belliazzi, a titolo personale, specifica, scatena il putiferio. «La linea del Pd sulla riforma del mercato del lavoro la decidano gli iscritti al partito tramite il referendum previsto dal nostro statuto — propone Belliazzi — La proposta è mia a titolo personale, non coinvolge il Pd di Napoli. Ma in un Parlamento composto da nominati e con una scarsa legittimità popolare, credo che sia più che mai opportuna una verifica sulla posizione che il partito deve assumere, anche in sede istituzionale. Per questo motivo stiamo costruendo una rete nazionale di iscritti, dirigenti, rappresentanti istituzionali del Pd che, a norma dell’articolo 28 dello Statuto del Partito Democratico, chiede il referendum tra gli iscritti sulle proposte del governo e sulle conseguenti scelte in sede politica e istituzionale del maggior partito del centrosinistra italiano».


Belliazzi è una voce tutt’altro che isolata all’interno dei democratici. Ieri la pagina facebook del segretario nazionale Pierluigi Bersani è stata presa d’assalto da iscritti e simpatizzanti contro il Pd. «Il governo Monti ha presentato una riforma che non ha raccolto il massimo consenso che si auspicava e che il Pd riteneva e ritiene essenziale ai fini degli obiettivi di coesione sociale e crescita economica del Paese — termina Belliazzi —. Mi auguro che in Parlamento ci siano modifiche essenziali riguardo la tutela dei diritti dei lavoratori e una reale estensione dei diritti e delle opportunità per i lavoratori precari e gli espulsi dai processi produttivi. Ma questo auspicio e il successivo impegno in sede parlamentare stridono con le dichiarazioni favorevoli a prescindere sulla proposta del governo che pure autorevoli dirigenti del Pd hanno sentito il bisogno di esternare. Meglio, quindi, dare voce democraticamente a coloro i quali ambiamo a rappresentare». Per esempio ad Antonio Bassolino che utilizza twitter per dire la sua: «Monetizzare essenziali diritti di libertà e dignità del lavoro rappresenta un passo indietro, non una modernizzazione rivolta al futuro». E la neoletta segretaria dei Giovani democratici Antonella Peppe cinguetta: «Non c’è riforma senza risorse, non c’è lavoro senza investimenti, non c’è uguaglianza senza diritti». Sono telegrafici il segretario regionale e il commissario provinciale Enzo Amendola e Andrea Orlando: «Per ricostruire l’Italia ci vuole maggiore coesione sociale. Pieno sostegno alla linea di Bersani». E qual è? Il passaggio, necessario, della riforma in Parlamento per eventuali modifiche e miglioramenti. Il responsabile comunicazione del Pd partenopeo Francesco Nicodemo è più chiaro: «Il referendum è sbagliato. Innanzitutto lunedì c’è la direzione nazionale. Lanciare un referendum in questo modo e ora significa solo voler spaccare il partito mentre deve essere unito. Poi c’è il tema della riforma che è perfettibile in Parlamento: su lavoratori atipici, articolo 18, ammortizzatori sociali e costo del lavoro si può migliorare. Come sempre il presidente Napolitano ci ricorda che la riforma non è solo l’articolo 18. Ha ragione perché su questo si gioca la credibilità e anche la vita del partito che rischia di distruggersi». «È importante che in questa fase non si pregiudichi il lavoro svolto in questi mesi di serrato confronto tra parti sociali, mondo dell'impresa, governo, che ha permesso al sistema Paese di recuperare fiducia e credibilità — dice il consigliere regionale Antonio Marciano —. Tuttavia, sostenere lealmente il governo Monti non significa necessariamente rinunciare alla propria autonoma iniziativa di contrasto rispetto ad alcuni provvedimenti, come la revisione dell'articolo 18, che rischiano di indebolire il già precario sistema di tutele del lavoro. Da questo punto di vista, le posizioni serie e responsabili espresse dal segretario Bersani devono essere sostenute con forza da tutto il Pd, dalle sue rappresentanze politiche e istituzionali e dai tanti lavoratori e lavoratrici, dai giovani iscritti». Un colpo al cerchio e uno alla botte. Difficile la vita dei democratici. Come ha scritto il direttore di Europa Stefano Minichini: «O il partito cresce o muore».

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