di Maria Teresa Russo, insegnante presso la scuola elementare di Vico Equense
L’anno scolastico sta per cominciare e il mio pensiero va soprattutto ai ragazzi che affronteranno per la prima volta il corso di studi della scuola secondaria superiore. Si tratta infatti di un passaggio quanto mai importante per gli adolescenti che si accingono a diventare adulti, ma che trovano spesso una scuola non sufficientemente preparata ad accompagnarli in questa delicata fase della loro vita.
Non a caso, il primo bienno della scuola secondaria superiore registra in Italia il maggior numero di abbandoni (drop out) e quindi di insuccessi. Su questo dato la scuola è chiamata a riflettere seriamente, senza sottrarsi all’ascolto e al confronto, per valutare attentamente le strategie da adottare al fine di garantire a tutti i ragazzi il successo formativo.
In particolare, la recente normativa, introduce il concetto di “bisogni educativi speciali”, rispetto ai quali è necessario attrezzarsi per saper intervenire opportunamente. Ma anche prima il lavoro del docente ha sempre avuto una sua peculiarità, che consiste nella capacità di ascoltare i ragazzi, di comprenderli, di attivare strategie e metodi di lavoro idonei per accompagnarli con successo nel percorso formativo.
Purtroppo non succede sempre così e capita che si possa bocciare ripetutamente una persona senza nemmeno rendersi conto dei danni che può provocare quella bocciatura, vissuta come un fallimento personale da parte di ragazzi spesso fragili e con situazioni familiari problematiche.
La scuola è attrezzata oggi a offrire risposte serie e professionali a questi casi? E sa comunicare adeguatamente alle famiglie queste criticità, perché si possa intervenire sinergicamente per risolverle?
Mio nipote non ha avuto, ad esempio, la fortuna di incontrare una scuola accogliente, capace di ascoltarlo. Si tratta di una frequentatissima scuola secondaria di secondo grado di Sorrento, il cui Dirigente scolastico si è rifiutato ripetutamente di incontrarmi, a testimonianza di un atteggiamento di chiusura grave, che sicuramente non ha favorito le sorti di questo ragazzo.
Avevo semplicemente l’obiettivo di discutere dell’importanza di non abbandonare gli studenti difficili, ma di dare loro delle opportunità all’interno della scuola e di parlare con i docenti per sapere quali strategie stavano adottando per il recupero di questi ragazzi. Non mi è stato possibile farlo, perché mai sono riuscita ad avere un appuntamento per un colloquio con la Dirigente, che evidentemente ha preferito non ricevermi.
Le famiglie sono certe di poter trovare nella scuola un valido alleato per costruire un percorso di formazione positivo per i propri figli, ma purtroppo non sempre è così e questo accade soprattutto perché per i docenti è più semplice esprimere un giudizio negativo, scaricando spesso sull’ordine di scuola precedente le responsabilità delle carenze dello studente, invece di chiedersi come fare per garantire il successo scolastico.
Qualcuno ha scritto:
La mattina, quando entrate nella vostra aula, osservate i vostri alunni, uno ad uno, nessuno escluso, cercate di capire come è stata la loro giornata - anche per loro può essere stato faticoso stare 5 ore seduti ad ascoltare (immaginatevi al loro posto) – create con loro delle connessioni, conosceteli meglio, fatevi raccontare i loro interessi e da qui partite per intessere con loro delle relazioni e arrivare, attraverso un obiettivo educativo, a quello didattico.
Mi auguro che queste parole possano servire a far riflettere i docenti sul proprio metodo di lavoro, che rischia spesso di condannare all’abbandono scolastico tanti adolescenti, e siano utili anche agli alunni e alle loro famiglie, perché chiedano sempre di più alla scuola, in termini di ascolto, comprensione e strategie motivazionali.
Buon anno a tutti
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