giovedì 6 febbraio 2014

“Stringimi prima che arrivi la notte”

Sorrento - “Stringimi prima che arrivi la notte” è il titolo di un intenso romanzo sull’anoressia e il male di vivere di un autore giovanissimo residente a Roma, Claudio Volpe, presentato il 2 febbraio da Carlo Alfaro con Domenico Casa, relatore, e Grazia Russo, lettrice, nell’ambito del ciclo di incontri letterari alla libreria Tasso in piazza A. Lauro a Sorrento. Il libro, uscito per “La dinamica realtà” delle “Edizioni Anordest”, è l’opera seconda dell’autore, dopo il successo di critica e di vendite con “Il vuoto intorno”, presentato al Premio Strega 2012 da Dacia Maraini e Paolo Ruffilli con giudizi entusiastici. Protagonista del romanzo, Alice, una ragazza di poco più di vent'anni e un fiume di tormenti interiori: l'essere una figlia adottata, platonicamente innamorata di un padre buono ma disorientato, Raimondo che cerca conforto alle sue incertezze tra le braccia di Annuska, un’artista dei burattini, e in conflitto con la madre, Delia, cardiochirurgo ossessionato dalla morte che per sfuggire alla sua crisi esistenziale decide di partecipare a una missione in Afghanistan. Alice cade vittima del mondo oscuro che incita l’anoressia, attraverso i famigerati blog Pro-Ana, dove il bisogno di controllo e sicurezza riduce alla morte le persone. Ana è la dea dell'anoressia, è la trasfigurazione del corpo, la sublimazione dell’anima. Un problema emergente- commenta il dottor Carlo Alfaro- perché sempre più persone, strette nella morsa della solitudine, dell’insicurezza e della paura di vivere, si rifugiano in un ideale estetico che offra loro un baluardo di protezione. “Una pizza da consumare insieme come simbolo del vivere il cibo come valore positivo e non come sede di conflitto”, ha aggiunto Adriana, moglie del campione pizzaiolo Giovanni De Gregorio, titolare di “Johnny pizza e sfizi”, pizzeria sorrentina amata dai giovani. “Stringimi prima che arrivi la notte” è alla fine solo apparentemente la storia di una disgregazione familiare e personale, ma è invece soprattutto un invito al perdono delle proprie deficienze nel nome di un amore che vada oltre la stretta quotidianità. “Amo raccontare quegli angoli di umanità disprezzata, derisa, umiliata. Scrivo contro la presunzione dei potenti. Scrivo la bellezza della gente comune”, dice Claudio Volpe.

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