giovedì 24 aprile 2014

"Dobbiamo imparare a convivere con il pericolo"

Peduto, presidente dei geologi: vanno attenzionate le due costiere e l'area Castellammare - Vico Equense

Fonte: Ciriaco M. Viggiano da Il Mattino 

«Le frane in penisola sorrentina? Un pericolo con il quale bisogna convivere, vista la fragilità del territorio»: ne è convinto Francesco Peduto, presidente dell'Ordine dei geologi della Campania. Un po’ di pioggia e la penisola sorrentina si sbriciola. Perché le frane sono così frequenti? «Rientra nella natura sia delle pareti calcaree sia dei costoni tufacei. Si tratta di rocce molto antiche, risalenti a più di 200 milioni di anni fa, che hanno subito tutte le fasi tettoniche dalle quali è poi nato il nostro territorio. La pioggia si infiltra nelle fessure e le rocce si dilatino fino a spaccarsi. Un'altra causa sono le escursioni termiche: in penisola sorrentina le frane si verificano anche d'estate, quando si registrano forti sbalzi di temperatura tra la notte e il giorno. Non bisogna dimenticare, infine, che la penisola sorrentina è una zona sismica e che i movimenti tettonici accrescono il rischio di frane». La storia insegna che le frane lungo la Sorrentina sono aumentate a partire dagli anni ’50, quando si è intensificata l'opera dell'uomo sul territorio. Che legame c'è tra l'urbanizzazione e l'estrema fragilità del territorio della penisola sorrentina? «In generale, l'intervento dell'uomo può accelerare il crollo di rocce già destinate a sbriciolarsi. Per esempio, l'uso di esplosivo per l'apertura delle cave può isolare blocchi di roccia e facilitarne il crollo. Ma il rischio di frane aumenta anche con gli incendi, il taglio degli alberi e le sollecitazioni legate al transito di treni e mezzi pesanti nelle gallerie».
 
Come giudica la politica di tutela del territorio realizzata a livello regionale? «In Campania sono stati fatti grandi passi avanti. Abbiamo un Piano dell'Autorità di bacino estremamente dettagliato e aggiornato già per la terza volta. La Regione sta finanziando misure non strutturali: i rocciatori controllano periodicamente le pareti a ridosso delle strade e verificano la presenza di massi a rischio crollo. Da poco, inoltre, è terminato il corso di formazione per i tecnici al servizio della Protezione Civile. Questi presidi territoriali risultarono molto utili nel 1998, in occasione della tragedia di Sarno: il personale formato agevolò le evacuazioni e contribuì ad affrontare numerose situazioni di pericolo». Le sembra sufficiente per prevenire o ridurre il rischio idrogeologico? «Al momento il territorio è presidiato da 50 geologi e altrettanti ingegneri. In futuro avremo circa mille tecnici a disposizione. Non è ancora abbastanza ma siamo senz'altro sulla strada giusta». Quali sono le zone più a rischio tra la penisola sorrentina e la costiera amalfitana? «Le Autorità di bacino hanno individuato decine e decine di zone rosse. Oltre alle due costiere, il rischio di frane e colate di fango resta alto nell'intera zona compresa tra Castellammare e Vico Equense. La tragedia di Pozzano lo dimostra e ce lo ricorda. Non è facile individuare singoli punti critici: occorre ragionare in un'ottica di protezione areale, cioè estesa a tutto il territorio dove insistono centri abitati e arterie stradali».

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