sabato 4 marzo 2017

Marzo

Vico Equense
di Filomena Baratto

Vico Equense - Marzo è il mese ambiguo, incostante, che reca pioggia e vento, freddo e sole, in un mulinello di difficile comprensione. A giornate uggiose, tristi e umide, poi se ne alternano altre di sole, terse e ariose, facendoci credere nella bella stagione. Tutti pronti ad alleggerire i guardaroba, appena il sole riscalda l’aria e il tepore entra dalle finestre. Via le muffe, i fumi e i tanfi dell’inverno. Ora sono profumi leggeri, delicati, civettuoli. Sono fiori di campo, pratoline, viole con le chiome appena sollevate sugli esili steli, con batuffoli verdi che fanno capolino dai muri. Delicate, ma tenaci, spiccano il volo tra i sassi, si lasciano accarezzare dal vento e, male che vada, spargono petali al suolo disperdendo il profumo e i semi. Le margherite, regine del prato, fanno a gara per tenersi con le corolle fuori dall’erba e offrirsi alle mani desiderose di averle in pugno. Amano essere stramazzate dalle dita che strappano i loro petali a uno a uno in una cantilena amletica, infinita, fino all’ultimo pezzo. Un mazzolino, un fascio, ghirlande sparse, macchioline gialle, soffioni a cui il vento porta via i suoi leggeri veli, narcisi in gruppo che svettano sui ciuffi d’erba puntando al sole. Un prato di marzo è un dipinto fatto su tela vera, dove ciascun pittore ha posto la sua mano: là l’erba di Renoir, qui i giaggioli di Van Gogh, là i macchiaioli con i tenui colori della campagna toscana.
 
La primavera di marzo è una ragazza capricciosa che a momenti si scopre e poi si copre, si intristisce, ma con un raggio di sole brilla come una stella. Marzo nei viali è profumo di fiori annaffiati dalla rugiada, rigagnoli dove galleggiano insetti, si abbeverano le coccinelle, si posano le operaie prima di tornare all’alveare, dove i moscerini fanno i primi esperimenti con le ali, reggendosi a malapena in coda ai padri. Viaggia il profumo delle ortensie appena vestite di cielo, l’erba emana un profumo intenso e le giovani viti già danno la fragranza asprigna degli acini verdi a grappoli, in fila, nascosti tra le foglie. I muri diventano ripari di lucertole e maggiolini, scarafaggi e formiche, lumache e millepiedi. Viaggiano come pionieri alla scoperta di nuove terre, in file indiane scorrevoli e intraprendenti, come autostrade trafficate. Scorrono riparati tra la parietaria e la gramigna di cui godono il fresco e poi il sole e popolano i muri di confine, dei viottoli e dei sentieri. Passeggiare in questo periodo fa alleggerire della bruma invernale e sentire un’aria diversa, leggera, nuova. Si va alla fiera dei colori con la gamma dei celesti, dei blu, dei viola, dei fucsia, dei verdi e dei gialli. E mentre tutto splende, può sorprenderci un rombo di tuono che dopo poco manda giù una pioggerella inattesa ma benefica per i campi. Il cielo si rannuvola, il grigio prende il posto del sereno e la campagna ridente fino a qualche ora prima, è bagnata e sonnolenta. Viene ripagata da un ricco arcobaleno che incornicia i bordi come un quadro e ride anche senza sole. Poi si scrolla dell’acqua sopraggiunta e comincia tra le foglie la vita nascosta dei piccoli e i timidi esserini che, sicuri di non trovare il nemico, escono in comitiva a respirare la nuova stagione. Marzo è così. Piove e ride per il sole, gioca nei viali e nei cortili, s’intenerisce a vedere giovani ramoscelli e fiori fatti da punte di colore. Nelle vie il vento passeggia accompagnando fogli di carta, alzando polvere, sgattaiolando per le scale a far rotolare corolle di fiori, e come un ladro trasporta più in là quello che ha caricato poco prima. Sui rami piccoli bottoni si affacciano al sole, il vento accarezza le giovani foglie e quanto più i raggi penetrano al loro interno, più si aprono, come dormiglione che si sbracciano di primo mattino. E, appena l’aria sarà calda, verso mezzogiorno, solo allora le panchine accolgono i loro ospiti con trepida attesa. I raggi sciolgono le ansie, accendono piccoli voli con significato nuovo. Marzo scorre sui monti, tra le rocce e i massi dove l’acqua sorgiva e ghiacciata, con suono leggero, che sa di pulito e di fresco, appena scioltasi, si mette in cammino tra ciuffi d’erba e sassi, ruvidi tronchi e tane scoperte. E dagli alberi, allegri, cinguettano i giovani figli di cince e di merli, di passeri e tordi con discorsi mai ascoltati prima, un’orchestra che suona senza fine. Sotto i tetti ci sarà ancora qualche rondine tornata non solo a ricordare chi fu ucciso, ma a cercare il profumo di casa lasciata appena per qualche mese. Nere, inconfondibili, riparano nei nidi ancora in costruzione e un po’ sbadate, per la fretta di accasarsi, lasciano cadere sterpaglia e sassolini con fili di paglia. Un ciarlare insistente accompagna i flussi dell’aria, il sibilo del vento, i fruscii degli insetti, lo strisciare delle lucertole appena svegliate dal sole e dalla fame. Marzo è un bambino che non smette di ridere e scherzare, piange e si fa male, gioca all’aperto con fare ingenuo e, al primo bubbolìo del cielo, corre dalla mamma a cercare riparo.

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