venerdì 24 marzo 2017

Vitalizi, i tagli senza futuro tra dubbi e ricorsi annunciati

Gli ex parlamentari pensano già alla Corte costituzionale 

Fonte: Francesco Pacifico da Il Mattino

Da due giorni Antonello Falomi, presidente dell'associazione degli exparlamentari, è subissato dalle telefonate degli ex colleghi. Tutti gli avrebbero chiesto di impugnare davanti alla Corte Costituzionale il prelievo di solidarietà sui vitalizi passato a Montecitorio, su iniziativa della vicepresidente Marina Sereni. E a tutti Falomi ha consigliato la calma. «No, non stiamo già scrivendo i ricorsi, stiamo soltanto studiando la delibera». Ma l'ex Ds e Rifondazione condivide lo sdegno per quello che «sarebbe stato un blitz. Noi non facciamo parte della Camera, quindi non è obbligatorio che ci consultassero. Ma a quanto ci risulta, l'ufficio di presidenza sarebbe stato investito dell'argomento all'ultimo minuto». Ergo, anche Laura Boldrini sarebbe stata presa in contropiede. Sono un fiume in piena i 2.600 tra ex onorevoli, senatori e loro parenti, che direttamente e indirettamente sono titolari di vitalizi calcolati secondo le vecchie regole. Gente che, secondo il presidente dell'Inps Tito Boeri, costa alla collettività 193 milioni di euro all'anno. Racconta uno di loro, chiedendo l'anonimato: «È un colpo basso che colpisce il ruolo e la sovranità stessa del Parlamento. Abbiamo accettato già in passato un contributo di solidarietà, ci siamo rifiutati di fare ricorso e abbiamo noi proposto che questi soldi fossero vincoli a borse di studio. Nulla di tutto questo è stato fatto, adesso non ci va di passare per parassiti».


Aggiunge un altro ex parlamentare: «Queste norme valgano soltanto per la Camera. Hanno fatto un pasticcio. E tutto per una guerra interna al Pd, per evitare che passasse la proposta del renziano Matteo Rich etti. E per che cosa poif Per risparmiare appena 2,4 milioni di euro!». E il punto è proprio questo: quanto è incisiva la proposta del Pd sui vitalizi? A ben guardare poco. La proposta della Sereni prevede un'aliquota del 10 per cento sulla parte eccedente i 70mila euro lordi per quei 506 ex deputati che guadagnano questa cifra. Tra gli 80 e 90rnila la decurtazione è del 20 per cento, del 30 fino a 100mila euro, mentre sopra questo livello 200 ex parlamentari si vedranno applicare un contributo pari al 40 per cento. Ma sempre e soltanto sull'eccedenza. In totale mille eletti a Montecitorio prima del primo gennaio 2012, i quali - in sostanza -restituisco no tra gli 83 e i 600 euro al mese lordi. Antonello Falomi nota che «in questo modo non si colpiscono quelli che sono stati in Parlamento soltanto due giorni». Aggiunge un suo collega: «La proposta del Pd è così bislacca, che riduce l'assegno a chi ha fatto più legislature e versato più contributi». Argomento questo molto scivoloso: l'istituto Bruno Leoni ha calcolato che quello di parlamentare è, con le vecchie regole, l'unico lavoro che permette di recuperare sulla pensione il 35 per cento in più rispetto di quanto versato. Numeri che hanno spinto Tito Boeri a proporre di ricalcolare con il metodo contributivo gli assegni in essere: secondo lui si risparmierebbe ro così 76 milioni all'anno. Proprio il presidente dell'Inps ha espresso seri dubbi anche sulla proposta fatta dai Cinquestelle. I quali si sono visti respingere dall'ufficio di presidenza della Camera una misura che non riguarda i vitalizi in essere, ma punta a equiparare le regole pensionistiche degli attuali parlamentari a quelle degli altri lavoratori: infatti i grillini vogliono abolire gli ultimi privilegi come il poter ritirarsi a 65 anni con soltanto 5 anni di versamenti, che scendono a 60 con dieci anni di contributi, oppure il tetto d'imponibile (l00mila euro) sopra il quale scatta la cumulabilità con altri redditi. Ancora ieri Danilo Toninelli twittava che la proposta «azzerava i vitalizi», quindi la spesa, a differenza di quella del Pd, che ha «tagliato soltanto l'uno per cento del privilegio». In attesa di vedere cosa si deciderà per il Senato, il prossimo passo potrebbe essere giurisprudenziale. «Ma è complessa la strada di un ricorso alla Costituzione», spiega Giuliano Cazzola, esperto previdenziale e "pensionato" della Camera, «Non fosse altro perché il diritto tutela l'autonomia e l'autogoverno delle stesse Camere. Quindi perché la Consulta non dovrebbe rispettarle? Sempre l'alta corte, con la sentenza 173, ha dichiarato legittimo il contributo voluto dal governo Letta, soltanto perché eccezionale e non ripetuto. Bocciò invece quello di Monti, perché i tagli andavano in cassa e non venivano reinvestiti nel sistema». In quest'ottica potrebbero fare giurisprudenza i pruni ricorsi fatti dagli ex consiglieri regionali, uno dei casi sui quali l’ opinione pubblica si è più appassionata (e per motivi anche comprensibili). I quali oggi costano, con i loro 3.200 vitalizi, poco meno di 170 milioni sui bilanci di questi locali. Nel novembre del 2015 il tar del Friuli Venezia Giulia ha respinto le richieste di 51 di loro, che si erano affidati all'ex parlamentare e legale di Berlusconi, Maurizio Paniz. Adesso si è in attesa delle al tre sentenze, perché la stessa strada l'hanno seguita gli ex eletti di Lazio, Piemonte, Lombardia, Marche, Campania, Molise, Abruzzo, Toscana o Trentino Alto Adige. Perché a livello regionale c'è un federalismo dei vitalizi: la Toscana ha di fatto abolito soltanto nei casi di doppi stipendi, la Sicilia ha in queste ore introdotto una tassa, la Lombardia ha innalzato l'età per riceverli a 66 anni e rimodulato il quantum in base al reddito, mentre in Campania, lo scorso dicembre, si è provato - inutilmente - a far passare in bilancio un emendamento per equiparare le pensioni dell'aula di Palazzo Santa Lucia a quelle della Camera.

Nessun commento: