lunedì 24 aprile 2017

A Vico si va per sentieri

Sperlonga
di Filomena Baratto

Vico Equense - Aprile è il mese in cui la fioritura arriva al suo culmine. Ammirare i prati ammantati di punte colorate e gli alberi stracolmi di foglie nuove è come ubriacarsi di primavera. E’ da tanto che non vado per i prati a raccogliere fiori e tornarmene a casa col mio mazzolino. Mi piace andarmene alla ricerca di particolari scorci da cui non mi sono mai affacciata. Mi immergo tra gli spazi vuoti dei rami e da lì ammiro il panorama. Lungo i sentieri mi piace camminare senza fretta, affacciandomi e curiosando tra i muretti divelti, le piccole siepi, le rocce, gli steccati e di tanto in tanto alzare lo sguardo per controllare il tratto percorso. I sentieri offrono, in questi giorni, l’opportunità di immergersi nella natura, ammirandone quello che non si può nelle altre stagioni. I fruscii, i fischi, i ronzii, i motori lontani, i cinguettii, i sibili, che accompagnano i nostri passi, sono una piccola orchestra di sottofondo. Se per caso vi calate a bere a qualche fonte come quella della Sperlonga, girando la testa da quella posizione, potete osservare il cielo da una prospettiva diversa con sfumature mai viste prima. Si scorge il celeste del cielo sovrapposto al verde cinabrio, o veronese, o del blu oltremare che si posa sul giallo dei fiori, sono piccole scoperte che ci rendono pionieri delle nostre passeggiate. Queste scene, che possono sembrare normali, ci fanno assistere al miracolo della primavera. Così come più avanti ho fotografato gli alberi di ulivo in una lunga serie, come persone in cammino. Lì ho pensato a Gesù nell’orto, un luogo triste che presagisce la sua morte, ma allo stesso tempo ne anticipa la rinascita proprio con la presenza degli ulivi, simbolo di rigenerazione e di pace. Non a caso la pace è rappresentata da una colomba col ramoscello di ulivo nel becco.
 
E su questa considerazione abbraccio con lo sguardo la distesa di ulivi sul piano digradante, un modo per ringraziare la generosità di questa terra fertile. La natura non chiede nulla, ma la cura che riceve ce la rende con i suoi doni. Considerazioni che nascono all’aria aperta, passeggiando, che mai potremmo fare tra le pareti di casa o nella fretta delle nostre giornate cittadine. I muri di cinta lungo il sentiero sono invece pieni di margherite e ciclamini, così come narcisi, i miei preferiti. Ecco che tra le foglie degli ulivi esce un azzurro carico e magari una barchetta, la sagoma di Capri, o la nota forma del Vesuvio, Punta Scutolo con la roccia nei suoi beige e bronzi intensi, carichi di luce. Vedo vasi e ciotole di fiori e cespugli lungo la strada e sugli usci delle case, magari contenitori ricavati dai tini e dalle botti con limoni, bonsai e rami di edera. Scendendo per un viottolo a Bonea, sono giunta sulla porta di un vecchio rudere di convento. E’ rimasto solo l’ingresso con l’intonaco di mille sfumature. Il sole cade su parte della volta che lo sovrasta e gli dona una luce particolare, rendendo vivi alcuni ricordi. Immagino una volta i bambini che entravano da quell’uscio…Il ronzio di un’ape interrompe l’immaginazione e mi fa girare intorno e mi accorgo delle altre case, delle terrazze con tanti gerani, altri portoni e poi siepi, vasi alle finestre, rampicanti e arboscelli teneri appena piantati, un quadretto che già tra qualche mese assumerà un nuovo aspetto. Qui ogni tornante dà una vista unica e quando salgo verso Sant’Andrea sento come se l’aria avesse un sapore, non so precisamente di cosa, ma è un misto di fiori, di erbe, di aromi, di insistenti odori di cibo, di animali, di latte, forse gli stessi rimasti in mente. Mi diverto a riprendere il panorama da varie inquadrature con spettacolari scene agresti e marine. Con un po’ di tempo si può raggiungere Santa Maria del Castello, su, in cima e andare a riempire i polmoni di aria in un incrocio di correnti tra mare e monti, in un prato alto fino alle ginocchia nei viottoli che conducono tutti al punto in cui la roccia cade a strapiombo su Positano. La primavera qui è senza risparmio: fiori sparsi come ricami sull’erba, alberi in fiore che sperperano petali al passaggio del vento mentre alle spalle Faito con la sua roccia, si pone come un padre che accoglie intorno i figli. Basta guardarlo e ci si sente protetti, con i suoi colori brillanti, i tanti ricordi che giungono dalle passeggiate a San Michele, la Lontra, la pineta, la funivia, il Belvedere... Qui il vento sibila ovunque e porta sino a noi le voci e il profumo del mare, gira intorno come un lupo famelico fa con la preda e noi, che non lasciamo la presa fissando lo sguardo su quanto ci circonda, siamo quasi disorientati. Qui anche l’erba canta, proprio come il titolo del romanzo della premio Nobel, Doris Lessing. Aprile è bravo a fare pulizia nei cieli dove crea nuvole dai contorni precisi, ovattati, sbuffi di fumo, spruzzate di panna sospese nell’aria, greggi di pecore al seguito del vento, mandrie di bisonti che caricano per qualche scroscio d’acqua di lì a poco e non mancano poi gli elefanti con su la vedova, Passepartout e Phileas Fogg de Il giro del mondo in 80 giorni. Poi come un incantesimo, la regia appena costruita scompare e appare il cielo nel suo colore regale. Sul ciglio della strada ci sono erbe medicamentose e poi ciuffi di erba difficile da sradicare, piccoli arbusti dal profumo intenso. Scendendo per i versanti fino a Moiano, all’incrocio per Faito, lo scenario diventa da favola: il mare in lontananza e intorno una ricca vegetazione piena di luce mentre il sole, come un occhio di bue acceca la vista. Ad ogni tornante il panorama cattura lo sguardo, anche i muretti che contengono le “pezze” diventano caratteristici per la pietra viva da cui sbucano ciocche di fiori e di erba, steli lunghissimi con punte di fiori gialli. Scendere lentamente è come sentirsi in ascensore, dove ad ogni giro di sentiero si aprono campi di noci, di ulivi, di prato alto e soffice, di colline che emergono come se a disegnarle fosse una matita che le crea e le ricrea. Come ogni passeggiata che si rispetti, il giro si conclude in Villetta. Qui il vento ha la sua casa e anche scompigliando i capelli e alzando i vestiti, non disturba la vista, che a destra e a manca ha solo l’imbarazzo della scelta. Aprile invita ad andare su e giù per colline, a piedi, passeggiando per i sentieri, quelli che nel tempo non abbiamo mai abbandonato. San Francesco, via Arvitiello, Via Scrajo e Santa Maria del Toro, Via Avigliano, Punta La Guardia, Montechiaro, Alberi, Fornacelle, per dire solo qualche nome, ma ce n’è per tutti! Ripercorrere un sentiero non è una semplice passeggiata è un tornare nei luoghi dell’anima.

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