martedì 27 febbraio 2018

La neve

di Filomena Barattto

Vico Equense - La neve vien giù tutta a un tratto portata da Burian, il vento freddo dell’est, giunto quando già avvertivamo gli aliti piacevoli della primavera. Strade col manto saltato, treni bloccati nelle stazioni, montagne innevate come in Trentino e neve anche a bassa quota. Peccato che sul Faito tutta la neve sia scesa ora e la montagna non si sia tramutata allo stesso modo in estate, quando le fiamme coprivano le sue cime emettendo un grido disperato. La neve qui ci coglie sempre impreparati anche con le previsioni. Se non vediamo, non crediamo. Così prendere la decisione di chiudere le scuole ha richiesto del tempo, non si accetta che, nel paese del sole, possa fare la neve. Per un giorno la neve prende il posto della politica o ci si inventerà un motivo per conoscere di chi sia la colpa. Forse di Putin che avrà dirottato sull’Italia il vento siberiano per metterci in una morsa tale da farci venire qualche nostalgia del Muro, del passato, e attirarci nella sua rete! O forse si saranno messi d’accordo per rendere inospitale il paese ai rifugiati? Possibile che gli immigrati vogliano ammirare uno spettacolo a pochi chilometri da casa, già a Napoli, per esempio, e provare ancor di più attrazione per il Belpaese. Ma no, di sicuro quelli delle scie chimiche avranno costruito Burian su misura per depistare le elezioni, attirando l’attenzione su argomenti più naturali!
 
Ma c’è da credere che sia una manovra per mettere sotto gli occhi di tutti, politici in primis, il clima che sta cambiando e di questo dobbiamo prenderne atto. Ma tolti tutti i dubbi di chi abbia mandato Burian, che assume sembianze di un personaggio del tipo “Mi manda Picone”, visto che molti si saranno chiesti chi ce l’ha mandata la neve, se la destra o la sinistra, se l’Europa preoccupata dei nostri risultati elettorali o il Padreterno a scuoterci dai nostri torpori mentali, possiamo ben dire che il suo arrivo ci rende bambini. E non da ultimo il motivo potrà leggersi in un ritorno al passato, al nostro e anche a quello politico, magari con nostalgia, quando una volta era meglio anche se credevamo di stare peggio. Stamattina il manto bianco ci ha portato almeno due mesi indietro, come in un Avvento posticipato. Per la strada poche auto, le scuole chiuse. Il colore bianco salta agli occhi indicandoci purezza, spiritualità, e passando su ogni cosa ha reso il paesaggio pulito. I ragazzi raccolgono la neve dai tetti delle macchine per farne palle e lanciarsele senza risparmio. Le strade sono trappole piene di buche profonde da aggirare per non caderci dentro. L’aspetto più piacevole è stato quello di vedere gli alberi con le braccia alzate al cielo, come a raccogliere quei fiocchi leggeri. Tutti in fila, ordinati, l’uno accanto all’altro, muti. Sui loro rami nemmeno un passero, i nidi bagnati, e odono solo il tonfo dei fiocchi che toccano il suolo. La neve dà un nuovo assetto al paesaggio: cambia i colori e gli umori. Ci si sente come ovattati in un mondo di fiabe con un tocco di malinconia ai nostri pensieri. La lentezza delle movenze dei fiocchi ultraleggeri, impalpabili, ci riporta a giorni assolati, al Natale, alla costrizione di stare inattivi e al pensiero che basta così poco per cambiare tutto dentro e fuori. L’unica neve cui siamo legati è quella delle ampolle di vetro dove sono contenuti paesaggi e personaggi immersi nell’acqua e ad ogni piccolo tocco l’ampolla diventa nevosa. In questa campagna politica così sterile, pagliaccia e vuota, la neve giunge per un confronto con la natura. E tutto per breve tempo mentre il sole già fa capolino! Giunge inaspettatamente mentre siamo intenti ad altro. E dobbiamo convenire che forse la cosa di cui proprio non siamo capaci, e lo dobbiamo ammettere, è quella di fare politica, se parliamo di una politica per gli interessi di tutti. Quella particolare, per gli interessi ristretti, da noi va alla grande, in barba alle regole, alle leggi, e alla neve!

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