di Giuseppe Guida La Repubblica NapoliGiuseppe Guida
Cosa sta succedendo all'urbanistica in Campania? Economisti, architetti arredatori, storici, biologi, semplici speculatori edili e, ovviamente, politici, tutti dicono la loro sulle strategie urbanistiche. Anche tra gli indiscussi esperti, su questo giornale e non solo, è in corso un dibattito che vede posizioni incredibilmente lontane (vedi gli articoli di Dal Piaz, di Gennaro, Leone, Discepolo). Com'è possibile questa distanza? Il dibattito, assopito per anni mentre in pochi denunciavamo un territorio lasciato privo di regole e certezze normative, è ripartito a valle della presentazione del disegno di legge sulla modifica della legge regionale urbanistica, la n. 16 del 2004. I rischi paventanti sono quelli di una confusione normativa e il fatto che le nuove regole e la nuova forma del piano, vengano appaiati incongruamente alle deregole, come l'articolo 33 quater. Ad oggi, su questo disegno di legge è aperto un tavolo di ascolto attraverso il quale sarà possibile emendare l'articolato. Il disegno di legge ha ovviamente bisogno di modifiche, che l'assessore Discepolo dovrà con equilibrio introdurre, ma al di là dei commi è necessario, però, prendere atto di un fatto reale: oggi il territorio regionale, anche quello vincolato a chiacchiere con i piani paesaggistici, è privo di regole certe e quelle vigenti sono sistematicamente violate da altre leggi e norme in deroga che consentono di operare trasformazioni, edificare, ampliare, cambiare destinazioni d'uso, altezze, realizzare volumi interrati, impianti tecnologici (eolici, telefonia mobile, ecc.), infrastrutture, discariche, piscine, parcheggi, siti di stoccaggio, ecc., al di fuori di qualsiasi previsione omogenea di piano e strategie condivise e indirizzate alla tutela dell'interesse collettivo.
Legiferare significa anche a queste condizioni reali e rispondere a questioni relative ad ampie rigenerazioni di centri storici e periferie, ma anche a questioni di microrubanistica, tipo: come mai oggi è possibile costruire piscine di qualsiasi dimensione sui suoli agricoli dell'isola di Procida o tra i limoneti di Sorrento? Tanto per dirne una. Concetti come la sostenibilità degli interventi, consumo di suolo zero, connessioni ecologiche, densità, carico urbanistico, tutela delle coste, ecc., sono completamente assenti dai processi di trasformazione reali oggi in atto alle nostre latitudini e, ancora più grave, dal dibattito pubblico e politico. Questa casualità nel governo del territorio vale, come detto, sempre e dovunque nel territorio regionale. Anche sui territori di quei pochi comuni (il 15% circa) che si sono dotati di un piano urbanistico comunale di nuova generazione, al netto di varianti e deroghe a piacimento. Nulla, ad oggi, ad esempio, intersecando più leggine, impedisce l'edificazione in zona agricola. Nulla, ad oggi, proibisce di realizzare manufatti lungo le coste, persino sulle falesie, se realizzate con i soliti trucchi, tipo utilizzare acciaio e vetri mobili (ci sono vetri immobili?) e giocare sulla dicotomia temporaneo/definitivo. Nulla, ad oggi, vieta di realizzare nuovi alloggi o ampliare le volumetrie esistenti senza prima verificare il dimensionamento e i vecchi standard, e nulla impedisce di distruggere un uliveto in Cilento o nell'area sorrentino-amalfitana per 21 Riproduzione autorizzata Licenza Promopress ad uso esclusivo del destinatario Vietato qualsiasi altro uso realizzare un parcheggio interrato per centinaia di box. Nessuna norma, ancora, obbliga al riuso delle acque, al riciclo vero dei materiali da scavo e demolizione, ad utilizzare prioritariamente i suoli degradati e già urbanizzati, previa definizione esatta e non illogica di "degradato" e "urbanizzato". In questo contesto, che mette la Campania nei primi posti tra le Regioni con il maggior consumo di suolo (10.34%, dati Ispra) e soprattutto di suolo pregiato, viene calato questo nuovo disegno di legge sull'urbanistica, che dovrebbe risolvere almeno le difficoltà ad approvare un piano urbanistico. Un consumo di suolo che in molti comuni di bordo della Città Metropolitana di Napoli è sopra al 20%, come mai? Quanto ha inciso il Piano Casa che questa legge regionale stabilizza scombussolando tutto il sistema di pianificazione? E l'assenza di controlli? Tra l'altro, un dato come il consumo di suolo potrebbe essere anche indice di sviluppo e crescita, come avviene per la Lombardia, regione addirittura al primo posto per livelli di consumo di suolo in Italia. I dati (e l'esperienza) dicono, invece, che in Campania le trasformazioni e, quindi, il consumo del suolo, sono a carattere prevalentemente speculativo e parassitario, spesso agite da aree grigie dell'imprenditoria e quasi mai avvengono all'interno di un disegno programmatico di sviluppo equilibrato della città e di qualità diffusa degli interventi. Vista in questa prospettiva, l'operazione di aggiornamento delle norme regionali in materia urbanistica è sicuramente interessante e da condurre in porto. L'importante però è partire da una premessa: non sono solo le sole strategie urbanistiche prive di cogenza o un piano provinciale, metropolitano o comunale a garantire ad un territorio la ripresa e l'uscita dal declino: bisogna far emergere una nuova consapevolezza e formare una nuova cultura di rispetto dei suoli e delle architetture, senza predare con facilità. Ma per farlo non bastano strumenti meramente "strategici", o i principi enunciati nel disegno di legge senza parametri ed indicatori e quindi pericolosamente friabili, ci vogliono regole e vincoli chiari e condivisi e per i quali, una volta definiti, si impediscano le scorciatoie, le furbizie e le finte valorizzazioni a senso unico. © RIPRODUZIONE RISERVA
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