martedì 5 settembre 2023

Napoli-New York-Napoli, così la pizza si mangiò il mondo

Luca Cesari ricostruisce per il Saggiatore le rotte e l'epopea di una pietanza nata povera e arrivata negli Usa, fino al successo globale

di Maurizio Bonassina Corriere del mezzogiorno

Non c'è neanche bisogno di apparecchiare la tavola: la pizza, da sola, fa «coperto» e allegria. Dopo viene tutto da sé. Certo, la ricetta originale va tenuta in conto. Tra un boccone e l'altro, masticando storia e leggende, pochi pensano alle origini di quel piatto povero diventato re del mondo. Ma chi sa raccontarlo lo fa con sapienza e colore: Storia della pizza. Da Napoli a Hollywood (il Saggiatore) è scritto da Luca Cesari che di cultura della cucina sa molto. Giornalista e scrittore, storico della gastronomia, Cesari, in queste pagine, parte dall'origine dello sfizioso piatto che ha matrice napoletana e, umile di nascita, accredita poi i suoi ingredienti oltre confine guadagnandosi il podio. Il cibo più amato al mondo fattura, oggi, più di duecento miliardi di dollari all'anno. E se i primi segni dell'esistenza della pietanza risalgono alla fine del Seicento quando un pizzaiolo partenopeo entra in scena in una sacra rappresentazione natalizia, è nell'Ottocento che la preparazione gastronomica comincia a far vetrina: è un pane schiacciato, cotto al forno, aglio e olio di condimento con in più, quando va bene, qualche pesciolino del golfo a fare scena. La pizza, ai tempi, è però indigesta e ben poco apprezzata, tanto da essere considerata una soluzione «sfamapopolo».


Poi la pizza si mette in viaggio, insieme agli emigranti, e approda in America. Lì cresce, «studia», si fa un nome. È dagli Stati Uniti, infatti, che ritorna a Napoli vittoriosa, lievitata, con il gusto che la renderà sovrana. Ma allora quale carta d'identità ha questa pizza? Ha un doppio passaporto, sembra dire l'autore raccontando i viaggi di andata e ritorno tra la città partenopea e New York. Il brevetto è nostro - racconta Cesari - ma la laurea è tutta d'oltreoceano. È nientemeno che Dwight D. Eisenhower, 34° presidente statunitense, che quasi scatena un incidente diplomatico internazionale quando afferma, in pubblico, la superiorità della ricetta Usa: «La pizza americana è molto meglio di quella napoletana». Però - segnala l'autore - in America sono stati comunque gli italiani a portarla alle vette del gusto. Insomma la pizza prende il volo, anche a distanza, sempre per l'ingegno e la passione nostrana. Quelle donne e uomini che nella valigia di cartone avevano speranze, volontà e creatività. Una paternità che rimane italiana e napoletana: questo è sicuro. Oggi, a Napoli, è bene ricordarlo, si contano 8.200 pizzerie. Nel 1901 erano solo 127. Qualcosa è cambiato. «Sì - afferma Cesari - la pizza è una piadina che ce l'ha fatta».

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