sabato 8 ottobre 2016

Città metropolitana elezioni clandestine

L'analisi di Massimo Villone da la Repubblica Napoli

Si vota domani per l'elezione dei consiglieri della città metropolitana. Un evento che riguarda la vita di oltre tre milioni di persone, e che dunque assume grande rilievo politico e istituzionale. Eppure, non se ne parla, e m larghissima parte i cittadini interessati persino ignorano che debba avere luogo. Perché? La risposta è nel chi vota. Gli elettori sono infatti solo 1536: consiglieri comunali e sindaci dei 92 comuni che fanno parte dell'area metropolitana. Siamo di fronte a una elezione di secondo grado (legge 56/2014). Per risparmiare sono stati infatti cancellati i consigli provinciali elettivi, affidando il compito di scegliere i consiglieri metropolitani alle assemblee elettive e ai sindaci dei Comuni nel proprio ambito. Nell'area interessata vive in parte prevalente la popolazione campana, e i problemi - dall'economia, all'ambiente, alla salute, alla mobilità, alla sicurezza - sono enormi. Sono in competizione sei liste, ma i programmi- se esistono - nessuno li ha visti, esaminati, discussi. Ci sono state le solite polemiche sui candidati, su questo o quello che ha cambiato a sorpresa affiliazione e casacca politica, ed è finita lì. Potrebbe essere il sindaco metropolitano - che in attesa di una legge statale sull'elezione diretta attualmente coincide con il sindaco di Napoli - a presentare un progetto. E in effetti si trova in rete una "Relazione di inizio mandato" in data 24 settembre firmata da de Magistris. Ma è una esposizione burocratico-finanziaria elaborata dal segretario generate e dal ragioniere generale, imposta dalla legge. Manca qualsiasi indicazione di priorità negli obiettivi e nell'uso delle risorse. Manca la politica. Ci dice che la città metropolitana rimane bloccata dai vincoli sulla spesa pubblica e che la Regione Campania, invece di riallocare funzioni verso il basso - come pure dovrebbe - le ha concentrate tutte su sé stessa con la legge regionale 14/2015.



Rimangono in capo alla Regione le funzioni per agricoltura, caccia pesca, politiche sociali, servizi inerenti l'istruzione e le politiche giovanili, la cultura, il turismo, lo sport e il tempo libero. L'unica competenza allo stato "delegata" all'ente è rappresentata dai servizi per il lavoro . n che, conoscendo gli attori, non sorprende affatto. Tutto era in larga parte prevedibile. Certo, i consiglieri comunali e i sindaci che ora si candida no sapevano, quando si sono presentati al voto popolare, che avrebbero potuto entrare a far parte del consiglio metropolitano. Ma potevano mai fare campagna elettorale in vista di una mera eventualità, e prospettare ai propri elettori quello che avrebbero fatto se fossero stati eletti in quella sede? Non meraviglia che nelle ultime elezioni napoletane della città metropolitana non si sia affatto parlato, se non per vaghi cenni. Ora bisognerebbe elaborare un programma ad hoc. Ma se i soggetti politici sono evanescenti e privi di luoghi di elaborazione progettuale, chi lo scrive? Chi lo valuta? Chi lo approva? È così che una elezione di secondo grado scivola fatalmente verso la bassa cucina degli scambi tra le forze politiche. Se continua così, siamo di fronte all'ennesima riforma fallita ancor prima di avviarsi. E preoccupa in particolar modo che il meccanismo in atto per l'elezione di secondo grado nel consiglio metropolitano sia molto simile a quello previsto dalla legge costituzionale Renzi-Boschi per il Senato, che sopravvive, mentre viene abolito il diritto dei cittadini di votare e scegliere i senatori. Ogni consiglio regionale elegge tra i propri componenti alcuni pochi - senatori, più un sindaco, che andranno a Roma senza un programma previamente esposto ai propri elettori, liberi di come vogliono e con le prerogative dei parlamentari per arresti , perquisizioni, intercettazioni. Possiamo aspettarci uno scenario uguale o peggiore di quello cui assistiamo oggi per la città metropolitana. Per il quale Renzi chiede a gran voce un sì nel referendum. Non si taglia un diritto fondamentalissimo come quello di voto solo per ragioni di spesa. E per di più con risparmi che la Ragioneria dello stato ufficialmente certifica nell'ottobre 2014 (!) per il Senato a meno di un decimo dei 500 milioni celebrati da Renzi, e definisce per le province come non quantificabili, e meramente eventuali. Spiccioli. Ma intanto il diritto di voto lo perdiamo.

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