domenica 27 novembre 2016

Quando Fidel chiese del Vesuvio e dell`evacuazione

Fonte: Alessandro Senatore, Presidente dell'Istituto di Cooperazione e Sviluppo Italia-Cuba da Il Corriere del Mezzogiorno

Napoli - Lo confesso ero emozionato e per questo, contrariamente alle mie abitudini, mi ero anticipato e avevo preso il primo treno del pomeriggio per Roma. Non potevo arrivare in ritardo ad un appuntamento con la storia. Già perché quale che sia l'idea che ognuno ha di Fidel Castro, di certo è stato un protagonista del secolo scorso. L'incontro si svolse in una tiepida giornata autunnale del 1998 in un hotel romano e riservato ad un ristretto numero di invitati, selezionati dall'ambasciatore di Cuba in Italia. Quando Fidel comparve in sala, insolitamente vestito in giacca e cravatta, con un elegante completo scuro, si avvertì quella profonda emozione, che solo grandi personaggi sanno regalare. La sua presenza incuteva uno straordinario rispetto. Ebbi la sensazione La storia Quando Fidel chiese del Vesuvio che, al di là delle frasi di circostanza tipiche delle presentazioni, Fidel fosse sinceramente interessato a conoscere l'interlocutore di turno, a capire cosa facesse e quale interesse nutrisse per il suo Paese. Sapevo che era un appassionato della storia di Roma antica e che era affascinato dal Vesuvio ma non mi ero preparato nessuna frase perché volevo presentarmi in modo spontaneo. Del resto da avvocato ero certo che non mi sarebbero mancate le parole.
 
Venne il mio turno e terminata la presentazione che l'ambasciatore fece su di me, illustrando l'attività di solidarietà per Cuba che con passione stavo portando avanti, trovai le giuste parole per rivolgermi al Lider Maximo: «Comandante, sono un avvocato come lei, sono nato nel 1959, un anno a lei caro (l'anno della Rivoluzione), U mio no- me è Alessandro (Alejandro era il suo nome di battaglia). Penso che lei ed io abbiamo qualcosa in comune». La risposta di Fidel fu un enorme sorriso e il suo sguardo si addolcì improvvisamente. Parlammo una decina di minuti del Vesuvio, della Capri di Tiberio, della flotta romana a Miseno, tra lo stupore degli altri invitati, che si erano intrattenuti a parlare con lui per pochi minuti. Fui colpito dalla sua sete di conoscenza e dall'umiltà manifestata nel voler apprendere. Lo incuriosiva l'idea di come fosse possibile che alle pendici del Vesuvio vivessero milioni di persone e mi chiese se fossero stati previsti piani di evacuazione. Dopo circa un'ora l'ambasciatore annunciò che Fidel sarebbe andato via. Quasi tutti avevano portato delle immagini di Fidel, da solo o con il Che, e gli chiesero di apporre un autografo su quelle foto, cosa che Fidel non fece. Io avevo portato con me "Guantanamera" una raccolta di poesie di José Marti "l'eroe nazionale cubano, autore tra l'altro di " Versos Sencillos " in segno di rispetto per il simbolo dell'identità cubana. Glielo porsi per chiedergli di autografato, Fidel si fermò e compiaciuto vi appose la sua firma. Ricordo con emozione il mio incontro con un uomo che ha rappresentato i sogni di una generazione e che ha sfidato il gigante americano. C'è chi parla di lui in maniera totalmente negativa ma se gli ultimi tre Papi hanno sentito il bisogno di recarsi a Cuba, un motivo ci dovrà pur essere.

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