Antonio Bassolino e Matteo Renzi, i due volti del Partito democratico. Deve esserci stata una ragione se Michele Santoro ha invitato ad «Annozero » il giovane leader fiorentino vincitore delle primarie e il maturo governatore della Campania. E manco a dire che l'intenzione era quella di mettere a confronto la nuova e la vecchia generazione, perché la trasmissione è apparsa a tutti tesa a dimostrare che il vecchio era rapprasentato più dal toscano che dal campano. Il dato, paradossale quanto si vuole, è che il bassolinismo possa apparire oggi più vivo che morto. L'eclissi veltroniana ha generato un altro Benjamin Button, che invece di invecchiare ringiovanisce. Tutti passano, Bassolino resta. Ciò accade, a voler usare le categorie di Giovanni Sartori, perché, dei due partiti possibili, Bassolino rappresenta quello «elettoralistico», fatto per vincere le elezioni e catturare il governo; mentre l'altro, il partito «testimone», pensato per affermare valori etico-politici, non è maggioritario. Il centrosinistra si trova dunque al bivio di sempre: puntare sul modello Bassolino e dunque sperare di vincere; o adottare il modello Renzi e quindi accontentarsi di una testimonianza. Tuttavia, il partito elettorale bassoliniano non è più quello di una volta. Intanto, ha perso pezzi: De Mita, Mastella, una parte della sinistra. E poi non è più intonso, essendo stato spaginato sia dalla magistratura, sia dagli eventi. Al di là del merito giudiziario, che cosa ci dice un imprenditore come Romeo che ritarda a sostituire le caldaie delle case popolari, ma si presta zelante a ristrutturare l'appartamento in fitto del governatore? A quale rapporto pubblico- privato rimanda questa vicenda? A quale vincolo tra politica e cultura alludono i dissensi di intellettuali come De Simone e Fofi? E la vicenda della Tarsu, la tassa sull'immondizia che bisogna aumentare per non essere stati capaci di produrre servizi meno costosi? A quale rapporto tra spesa pubblica e qualità dell'amministrazione riporta? Il partito elettorale garantisce consenso e stabilità, ma non produce crescita civile. Meglio Romeo che altri; meglio assumere netturbini votanti che abbattere costi; meglio dispensare fondi alle compagnie teatrali riconoscenti che agire sulla domanda magari distribuendo voucher agli studenti. Bassolino ha buon gioco quando argomenta che le sconfitte di Rutelli a Roma, Illy in Friuli e Soru in Sardegna non possono spiegarsi con l'emergenza rifiuti, ma ha torto quando sottovaluta l'effetto devastante che il modello campano ha sull'opinione pubblica nazionale. Una recente indagine condotta da Ilvo Diamanti per LaPolis-Limes dice che negli ultimi anni è aumentato il senso di appartenenza nordista ed è diminuito quello meridionale; e dice che oltre un terzo dei cittadini del Nord e delle regioni «rosse» del Centro ritiene, più di ieri, che il Mezzogiorno sia «un peso per lo sviluppo del paese». In queste condizioni, il partito elettorale potrebbe ancora vincere, ma resterebbe da chiedersi con quale beneficio per noi e per l'Italia. (Marco Demarco da il Corriere del Mezzogiorno)
lunedì 16 marzo 2009
Bassolino come Benjamin Button
Antonio Bassolino e Matteo Renzi, i due volti del Partito democratico. Deve esserci stata una ragione se Michele Santoro ha invitato ad «Annozero » il giovane leader fiorentino vincitore delle primarie e il maturo governatore della Campania. E manco a dire che l'intenzione era quella di mettere a confronto la nuova e la vecchia generazione, perché la trasmissione è apparsa a tutti tesa a dimostrare che il vecchio era rapprasentato più dal toscano che dal campano. Il dato, paradossale quanto si vuole, è che il bassolinismo possa apparire oggi più vivo che morto. L'eclissi veltroniana ha generato un altro Benjamin Button, che invece di invecchiare ringiovanisce. Tutti passano, Bassolino resta. Ciò accade, a voler usare le categorie di Giovanni Sartori, perché, dei due partiti possibili, Bassolino rappresenta quello «elettoralistico», fatto per vincere le elezioni e catturare il governo; mentre l'altro, il partito «testimone», pensato per affermare valori etico-politici, non è maggioritario. Il centrosinistra si trova dunque al bivio di sempre: puntare sul modello Bassolino e dunque sperare di vincere; o adottare il modello Renzi e quindi accontentarsi di una testimonianza. Tuttavia, il partito elettorale bassoliniano non è più quello di una volta. Intanto, ha perso pezzi: De Mita, Mastella, una parte della sinistra. E poi non è più intonso, essendo stato spaginato sia dalla magistratura, sia dagli eventi. Al di là del merito giudiziario, che cosa ci dice un imprenditore come Romeo che ritarda a sostituire le caldaie delle case popolari, ma si presta zelante a ristrutturare l'appartamento in fitto del governatore? A quale rapporto pubblico- privato rimanda questa vicenda? A quale vincolo tra politica e cultura alludono i dissensi di intellettuali come De Simone e Fofi? E la vicenda della Tarsu, la tassa sull'immondizia che bisogna aumentare per non essere stati capaci di produrre servizi meno costosi? A quale rapporto tra spesa pubblica e qualità dell'amministrazione riporta? Il partito elettorale garantisce consenso e stabilità, ma non produce crescita civile. Meglio Romeo che altri; meglio assumere netturbini votanti che abbattere costi; meglio dispensare fondi alle compagnie teatrali riconoscenti che agire sulla domanda magari distribuendo voucher agli studenti. Bassolino ha buon gioco quando argomenta che le sconfitte di Rutelli a Roma, Illy in Friuli e Soru in Sardegna non possono spiegarsi con l'emergenza rifiuti, ma ha torto quando sottovaluta l'effetto devastante che il modello campano ha sull'opinione pubblica nazionale. Una recente indagine condotta da Ilvo Diamanti per LaPolis-Limes dice che negli ultimi anni è aumentato il senso di appartenenza nordista ed è diminuito quello meridionale; e dice che oltre un terzo dei cittadini del Nord e delle regioni «rosse» del Centro ritiene, più di ieri, che il Mezzogiorno sia «un peso per lo sviluppo del paese». In queste condizioni, il partito elettorale potrebbe ancora vincere, ma resterebbe da chiedersi con quale beneficio per noi e per l'Italia. (Marco Demarco da il Corriere del Mezzogiorno)
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