di Conchita Sannino da la Repubblica Napoli
Provate a chiedere loro, ai 18 democratici che hanno firmato una pagina pubblicitaria a favore di Gianni Lettieri, se siano pentiti. O se, come li definisce sprezzante il rivale del Pd, si sentano «trasformisti». «Gli insulti di Morcone svelano la sua vera natura autoritaria. E di cosa dovremmo pentirci? Sveglia: il muro di Berlino è caduto oltre 20 anni fa, sul governo delle città esiste l’alternanza, il Pd non può accampare rendite all’infinito». Quello che è appena scoppiato sarebbe solo l’ennesimo incendio in casa di una sinistra partenopea ridotta a pezzi. Ma nelle elezioni amministrative più trasversali che Napoli ricordi, lo scontro scava un solco profondo tra i due sfidanti. Di fronte ai 18 “dissidenti”, non va per il sottile neanche il segretario regionale Pd, Enzo Amendola. Che punta dritto al vero “regista”: Claudio Velardi, spin doctor di Lettieri. «Questa è un’operazione commerciale da parte di amici, e qualcuno è anche socio in affari, di Velardi, dipendente di Lettieri. È una bolla mediatica. Vomitevole che ci si voglia ricamar sopra filosofia politica». Parole che provocano rabbia o ferite tra i “firmatari per Lettieri”.
Motivazioni analoghe, e storie anche diverse, tra loro. Felice Laudadio, ex assessore della giunta Iervolino (arrestato e poi assolto nell’ambito del processo Romeo) è il più pacato. «Ho firmato per Lettieri perché propone una visione della città che coincide con la mia». Non avrà inciso la vicenda giudiziaria o un implicito giudizio negativo sull’esperienza con la Iervolino? «No, alt a questi pensieri. Nessuno più di me scinde la giustizia dalla politica. Quanto al passato, non intendo condannarlo, anzi le mie idee di sinistra ho provato a praticarle nella giunta. La partita di oggi è il futuro— puntualizza Laudadio—e non c’è nulla di ideologico, ma l’adesione disinteressata a un progetto che è molto convincente. In sintesi, ciò che propone con chiarezza Lettieri coincide con la mia idea di un ruolo per Napoli, sul piano dello sviluppo economico e sociale. Morcone, al di là degli insulti di oggi, non lascia alcun segno». Antonio Napoli, ex segretario regionale Pci, ex assessore con Bassolino e oggi amministratore nell’azienda di comunicazione Claudio Velardi premette che «questo Pd, di cui non ho mai preso la tessera, non può godere di un lasciapassare infinito: la vergogna delle primarie ha avuto un peso e io potrò disporre del mio libero voto o no? Qualcuno può spiegare a Morcone, che reagisce in maniera ignobile, che cosa sono i processi democratici? Oppure un prefetto che esegue ordini altrui non può capirlo?». Eppure lei, Napoli, era uno di quelli che la notte delle primarie reagì con tristezza alla disfatta del suo candidato Ranieri. «Appunto. Se qualcuno nel Pd avesse avuto il coraggio di dire ai 44mila cittadini partecipanti alle primarie: “Per noi ha vinto Cozzolino”, che allora era un avversario, io oggi non avrei votato Lettieri». Siamo in un corto circuito per cui gli ex sostenitori di Ranieri fanno il tifo per Lettieri che, nel suo Pdl, è accusato di essere storicamente vicino ai bassoliniani a e Cozzolino. «Ecco, il Pd apra una riflessione su ciò che rimane di sistema di valori al suo interno. Comunque Lettieri —spiega Napoli — non è mai stato un uomo di destra e ragiona fuori degli steccati. In sei anni di guida degli industriali si è misurato con tutti, il suo vero nemico è sempre stato Antonio D’Amato, la personificazione della destra». Anche Alessandro Pulcrano, ex brillante segretario della Fgci, poi consigliere Ds al Comune dal 1997 al 2001, oggi assicuratore, si indigna per gli insulti di Morcone: «Se fossi a Torino voterei Fassino, se fossi a Salerno voterei De Luca, e io che sostenevo Ranieri alle primarie, comunque ho votato Cozzolino alle europee. Ma a Napoli con Morcone è estinta la possibilità di un ricambio generazionale. Perché richiamare gli elettori al voto di appartenenza politica? Questo è il gioco che a Milano Berlusconi fa a favore della Moratti. Noi napoletani facciamo l’interesse di Napoli». Anche l’ortopedico Paolo Jannelli, figlio del noto senatore Eugenio, vola alto rispetto alle «sciocchezze che dice Morcone». «Il Pd gioca equivocamente su due parole che non portano bene: trasformismo e discontinuità. Io dico che esiste anche un trasformismo della legalità». Chiosa il segretario Pd, Amendola: «Per le primarie abbiamo già chiesto scusa. Neanche il più grave disastro giustifica il sostegno al prestanome di Cosentino e Berlusconi».
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