Fonte: Giuseppe Guida da La Repubblica Napoli
Siamo a cavallo degli anni '80 e le regioni erano state da pochi anni istituzionalizzate e rese operative. La Regione Campania, ovviamente, non ne usciva bene. Il suo rendimento politico ed economico si collocava al gradino più basso, assieme alla Calabria. In sostanza le domande cui la ricerca intendeva rispondere erano: «che cosa sono le regioni?», «quanto hanno fatto?», «come lo hanno fatto?».
Le medesime domande possono essere riproposte oggi, al termine degli ultimi cinque anni di governo regionale di centrodestra e a pochi mesi dalle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale. Per farlo, si può semplificare la questione esaminando il caso delle politiche sulle quali la regione Campania ha speso la maggior parte del tempo: quelle relative al territorio, alla sua finta tutela, ai paesaggi vincolati al contrario, al sempiterno condono.
La campagna elettorale di Caldoro e del suo giro si aprì all'insegna del laissez faire urbanistico. Promesse generiche di riaprire il condono del 2003, di blocco delle demolizioni (in una regione dov'è notorio che non si riesce a demolire nulla), di semplificazione delle norme, di lotta ai vincoli paesistici responsabili della crisi del settore del settore dell'edilizia o addirittura della stasi economico-finanziaria di ampi territori.
Si trattava di promesse vaghe e generalizzanti, appresso alle quali si sono persi quattro anni di governo urbanistico del territorio, materia purtroppo delegata proprio alle regioni.
Ovviamente non si è concluso nulla, così come del resto in altri settori: il disastro in quello dei trasporti, le politiche del lavoro senza risultati tangibili, la gestione "personalizzata" dei fondi europei, le briciole alla ricerca scientifica, le politiche agricole che non sono riuscite ad incidere sulla sciagura economica ed identitaria (oltre che sanitaria) di "terra dei fuochi".
Nell'urbanistica è successo qualcosa ancora di diverso. I molteplici assessori succedutisi, esperti in tutt'altro, hanno continuamente elaborato una serie di normative e strumenti per infilarsi tra i vincoli, tra le competenze di altri enti (come le sovrintendenze), nelle scelte locali dei comuni, persino tra gli articoli della Costituzione, come l'articolo 117 che disciplina la potestà legislativa di regioni e Stato. Un'attività sovradimensionata e apparentemente bulimica, che ha tentato di fare tutto e il contrario di tutto. Non a caso il disegno di legge sul paesaggio, che da un paio d'anni vaga per le commissioni e per il consiglio regionale, contiene (ma a questo punto si può dire conteneva), norme incidenti proprio sul paesaggio, ma al contrario, rovesciandone dimensioni e ampiezza delle tutele e avendo come fuoco la riduzione dei vincoli alle falde del Vesuvio, in Penisola Sorrentina, nell'area Flegrea, persino nel parco archeologico di Elea-Velia.
Un darsi da fare privo di senso logico, se non quello di rilanciare (o, meglio di alterare) l'industria edilizia, dopo che non c'era riuscita nemmeno la legge sul piano casa, che, più volte modificata, sostanzialmente ha liberalizzato l'attività edilizia dovunque. Un fatto che da solo dimostra che senza programmazione, senza pianificazione e senza una visione logica ed argomentata dei percorsi di sviluppo, la liberalizzazione e la deregulation servono a poco, se non ad accontentare la parte dell'elettorato più ingenua e poco attenta.
Alla fine, di tutti questi tentativi rimane ben poco: una teoria di norme ingestibili, che in molti casi si elidono a vicenda ed in altri sono rimaste solo intenzioni. Persino quello che ci si ostina a chiamare "condono", la cui norma è stata di recente impugnata dal Governo, è solo un tentativo piccino di pompare un po' di fumo per confondere le idee. Non era un condono (e non lo poteva essere) e, soprattutto, la "riapertura" dei termini che, nella pratica operativa dei comuni, non erano mai stati chiusi, non leva e non aggiunge nulla al casino normativo che tiene, quello sì, ingessata buona parte dell'indotto in un territorio che avrebbe bisogno di una consistente operazione di riqualificazione, riciclo e riuso dei tanti materiali urbani manomessi.
La vicenda regionale del governo del territorio può dirsi quindi conclusa qui, senza troppi danni e certamente con molti meno guasti generati da altre leggi (come la 19 del 2001) pensate ed approvate dall'allora centrosinistra, il cui "rendimento", evidentemente, per dirla di nuovo con Putnam, è senza dubbio stato migliore. Purtroppo.
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