Fonte: Marco Demarco da Il Corriere del Mezzogiorno
Insofferenti. Insofferenti a tutto: alla politica e all'antipolitica, al Pd e a Renzi, alle regole e ai codici morali, ai partiti tradizionali e agli appelli degli intellettuali, Roberto Saviano incluso. I campani fotografati dall'ultima tornata elettorale hanno la faccia stravolta dalla stanchezza e dall'attesa. Sono stanchi di aspettare. Cosa? Non lo sanno più neanche loro. Un colpo d'ala, un'idea, una legge speciale? Nessuno può dirlo. L'unico dato certo è che non ne possono più di sentir dire sempre le stesse cose e di stagnare sempre allo stesso modo. È da quando i napoletani hanno eletto de Magistris, nel 2011, che si è capita l'antifona. È da allora, infatti, che è prevalso questo sentimento strano, fatto a metà di ribellismo e a metà di rassegnato non voto. Nel 2010, i campani provarono a mandare a casa Bassolino, l'ultimo mito politico vivente dopo Lauro, Gava e Valenzi, e fu quello il massimo sacrificio che potevano sopportare, il punto più alto della loro consapevolezza civica. Ma venne Caldoro, e fu come passare dal naufragio al galleggiamento senza speranza di approdo. Calma piatta. Troppo, per chi aveva rinunciato a un pezzo da novanta della rappresentanza meridionale per togliersi dalla faccia gli schiaffi dell'emergenza rifiuti. Fu subito cosentinismo, P3, dossieraggi, veleni. E se non quello, furono invece tagli, politiche restrittive, servizi ridimensionati. E che diamine! In questo contesto, Renzi è apparso come l'ultima occasione, non a caso alle europee ha fatto il pieno. Ma poi sono venuti mesi di insopportabile ottimismo. Renzi raccontava un mondo in cui era difficile riconoscersi.
Se vivevamo nei migliori dei mondi possibili, come mai si è tirato tanto la corda su Bagnoli, sul porto di Napoli e su tutto il resto? Il voto per de Magistris fu dunque solo un'avvisaglia. Il resto è venuto ora. Ed è ora che l'insofferenza comincia a farsi progetto, con tutto il paradosso che un simile ossimoro si porta dietro. Ora va bene tutto, a patto però che sia politicamente scorretto. Va bene De Luca e non Renzi, e De Luca proprio in quanto altro da Renzi, che è già diventato cliché, prodotto omologato. E pazienza se il neo governatore ha carichi pendenti e guai con la Severino. Nell'età dell'insofferenza, tutto diventa relativo, anche i valori di una volta, quelli usati per guerreggiare con Berlusconi e i cosentiniani. Per lo stesso motivo, non va più bene Saviano, fino a ieri tenuto in massima considerazione, che per ben due volte è stato lasciato solo: quando ha invitato a non partecipare alle primarie Pd e quando ha chiesto di non votare per le liste che rappresentano il mondo di Gomorra. continua a pagina 2 Editoriale L'insofferenza al potere di Marco Demarco Proprio il Pd è poi diventato lo scoglio contro cui tutte le onde sono andate ad infrangersi fino a travolgerlo. Tranne a Ercolano, classica eccezione che conferma la regola, ovunque è bastato che il Pd desse una indicazione per far fare all'elettorato l'esatto opposto. Come a Giugliano, dove ha vinto Antonio Poziello, l'unico candidato che il partito aveva esplicitamente escluso dalla competizione perché rinviato a processo. E guarda caso. De Luca è andato a sostenere proprio lui, mentre aveva declinato l'invito ad appoggiare il candidato ufficiale del Pd poi escluso dal ballottaggio. Se ribellione deve essere, allora, che ribellione sia. Come a Bacoli, dove addirittura vince un blogger locale, Josi Gerardo Della Ragione, il più giovane sindaco della regione. O come a Quarto, dove il Movimento 5 Stelle, già diventato primo partito a Napoli, strappa anche il suo primo sindaco campano. Una sindaca, in realtà, l'avvocata Rosa Capuozzo, la più votata in Italia tra i colleghi pentastellati eletti In questa tornata. Dove possa condurre questa strategia dell'insofferenza è difficile dirlo. È però facile constatare il rapido mutarsi di quello che voleva diventare il partito della nazione, nel partito dei governatori regionali. I quali cominciano a dettare la linea su tutto: sui migranti (Maroni) sulle riforme (Emiliano) e sulle alleanze politiche (De Luca). E tra breve avranno anche un Senato a disposizione.
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