Francesco Schettino |
Meta - Cinque anni di accuse e recriminazioni, polemiche e sospetti. In mezzo 32 morti, uno dei più gravi incidenti navali della storia d'Italia e una complessa vicenda giudiziaria alla quale la Cassazione potrebbe presto scrivere la parola «fine». Potrebbe arrivare domani la sentenza nei confronti di Francesco Schettino, il comandante della Costa Concordia che il 13 gennaio 2012 naufragò al largo dell'isola del Giglio stroncando la vita a 27 passeggeri e cinque membri dell'equipaggio. Un verdetto che potrebbe confermare i 16 anni e un mese di reclusione stabiliti dalla Corte d'appello di Firenze a maggio 2016: un'ipotesi in cui, per il marittimo metese, si spalancherebbero le porte del carcere. Pochi giorni fa gli avvocati Saverio Senese e Donato Laino, difensori di Schettino, hanno depositato motivi aggiunti al ricorso presentato il 3 ottobre 2016 per chiedere alla Cassazione l'annullamento della sentenza d'appello. Tra queste carte figura un parere pro veritate di Giovanni Flora, penalista di fama nazionale e docente presso l'università di Firenze, che rafforza alcuni dei nove motivi alla base del ricorso di Schettino. Un esempio? L'ex comandante sarebbe stato sottoposto a una sezione della Corte d'appello diversa da quella deputata, secondo le tabelle di organizzazione degli uffici, a pronunciarsi sui reati di omicidio colposo e lesioni colpose.
Il che avrebbe impedito a Schettino di essere giudicato in modo imparziale. In più, nel suo parere, Flora condivide un'altra tesi: l'inesistenza delle circostanze aggravanti a carico di Schettino. Il «colpo a effetto», però, è rappresentato da un video che gli avvocati Senese e Laino hanno voluto sottoporre alla Cassazione. Si tratta di un filmato di circa 25 minuti, diverso rispetto a quello diffuso sul web il 10 marzo scorso, durante il quale Schettino offre la propria versione della tragedia del Giglio e si sofferma sulle prove che sarebbero state disattese dai giudici di primo e secondo grado. A cominciare da quella relativa alle porte stagne che, in seguito all'impatto della Concordia con gli scogli, non avrebbero tenuto: un aspetto sul quale la difesa del marittimo aveva invocato invano una perizia. Di tutti questi elementi la Cassazione dovrebbe tenere conto in vista del verdetto, che potrebbe arrivare nella tarda serata di domani. Anche se, nell'ipotesi in cui la discussione dovesse andare per le lunghe, i giudici hanno già fissato un'altra udienza per il 4 maggio (data che cade nella settimana di sciopero indetta dalle camere penali e che, di conseguenza, rischia di far slittare il calendario). Probabilmente, però, non ce ne sarà bisogno. Dopo la relazione della consigliera Carla Menichetti, la requisitoria del sostituto procuratore generale Francesco Salzano e le arringhe degli avvocati, i giudici dovrebbero pronunciare la sentenza che potrebbe rinviare Schettino alla Corte d'appello o confermare la decisione di secondo grado e spedire il marittimo in carcere. L'ex comandante della Concordia non seguirà i suoi avvocati a Roma, ma attenderà il verdetto nella sua casa di Meta. Chi ha avuto modo di incontrarlo lo descrive come «fiducioso e determinato». Negli ultimi tempi Schettino si è concentrato sul processo rileggendo le carte e fornendo spunti di riflessione ai suoi legali. «Il comandante è il miglior consulente di se stesso», osserva l'avvocato Senese che si prepara all'udienza finale davnti alla Cassazione. Questo «faccia a faccia», però, potrebbe fare da preludio a un'altra battaglia giudiziaria. Nell'entourage del marittimo, infatti, comincia a farsi strada l'ipotesi di un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo: una possibilità che sarà valutata concretamente solo in caso di conferma della sentenza d'appello.
Nessun commento:
Posta un commento