Giuseppe Galasso |
Fonte: Bruno Discepolo da Il Mattino
Se l'aspettativa generata dall'emanazione della cosiddetta legge Galasso, a metà degli anni '80 del secolo scorso, fu quella di avviarci, come Paese, ad una stagione di intensa pianificazione in tema di ambiente e paesaggio, oggi ed a distanza di oltre trent'anni, non possiamo che prendere atto di un parziale fallimento di quell'illusione. Allo stesso tempo si può affermare, con convinzione, che quel 1985 e il varo della complessa sene di decreti e leggi, poi battezzati «Galasso» e «galassini», che videro la vita in poco meno di un anno, ha costituito uno spartiacque nella cultura italiana, prima ancora che nelle pratiche tecniche, amministrative e disciplinari. Prima di allora e dell'innovazione promossa dallo storico napoletano, divenuto nel frattempo sottosegretario ai Beni culturali e ambientali, la salvaguardia delle aree di particolare pregio e valore paesaggistico era affidata ancora alla legge 1497 del 1939 sulle «bellezze naturali» che, insieme alla coeva normativa di tutela per i beni storici, artistici e architettonici, costituiva la legislazione di riferimento, dovuta al ministro Giuseppe Bottai, e da allora, dal tempo del regime fascista, rimasta sempre in vigore.
La cesura che si produce, con l'approvazione in particolare della legge 431, nell'agosto del 1985, è che l'azione di tutela delle aree riconosciute come beni naturalistici e ambientali non è più riservata a particolari contesti di elevata o eccezionale bellezza ma estesa ad una serie di categorie di territori o aree, viste sotto il profilo morfologico, e come tali incluse tra quelle da proteggere e valorizzare: ad esempio le fasce costiere, le sponde dei fiumi e dei laghi, le cime delle montagne, i boschi e le foreste, naturalmente i par chi e le riserve naturali. In secondo luogo, la legge affida concretamente e positivamente un ruolo centrale alla pianificazione, ad una tutela attiva espressa attraverso gli strumenti di programmazione e governo del territorio, nella fattispecie nei piani paesistici da redigersi a cura delle Regioni. Sotto questo profilo, l'iniziale considerazione circa un bilancio largamente negativo trova conferma nella storia di questi ultimi trent'anni e nella attuazione della legge, pure con diversità di accenti e risultati nelle diverse realtà territoriali Si pensi solo che, proprio in Campania, nella terra di Giuseppe Galasso, oggetto di tanti suoi studi e ricostruzioni storiche, si produsse uno tra i primi e più gravi conflitti di competenza, di natura costituzionale, con l'attivazione dei poteri sostitutivi da parte dello Stato nei confronti della Regione Campania, per la redazione e approvazione proprio dei piani paesistici. Ma se la produzione degli strumenti di pianificazione di area vasta è stata deficitaria, come d'altronde la gran parte di questa tipologia di piani, importante è stata l'affermazione di un nuovo «paradigma ecologico», una sensibilità sconosciuta nel passato e approdata rapidamente nella cultura del «landscape planning». Alla base del rinnovamento, prima di ogni altro metodologico e disciplinare e, successivamente, delle pratiche amministrative, vi è, forse per la prima volta in ltalia, la necessità di un lavoro multidisciplinare, di un superamento di barriere o separatezze derivanti da statuti scientifici diversi, per approdare ad una visione in grado di ricondurre ad unità i temi della salvaguardia del patrimonio naturalistico, del riconoscimento dell'identità dei quadri ambientali e paesaggistici, della protezione dei beni storico-culturali, del governo delle trasformazioni territoriali. Tutte questioni, queste, ancora di drammatica attualità, perché lungi dall'aver trovato un'adeguata e convincente risposta. Un'ulteriore riflessione, può riguardare la figura di Galasso politico come protagonista del processo riformatore in tema di ambiente e paesaggio. Il percorso parlamentare, e di go verno, dello storico napoletano ricorda da vicino quello di Giovanni Spadolini, come lui storico di professione, esponente dispicco del Partito Repubblicano di Ugo La Malfa. Dieci anni prima della nascita della nuova legislazione ambientale, lo storico fiorentino contribuì significativamente a dare vita ad un nuovo, e autonomo. Ministero per i Beni culturali e ambientali, di cui divenne anche il primo responsabile, avviando un profondo processo di rinnovamento, culturale prima ancora che normativo e organizzativo, nel settore della tutela e salvaguardia del patrimonio storico, artistico, architettonico della nazione. C'è un filo che lega quell'esperienza alla successiva di Giuseppe Galasso ed informa una lunga stagione di incubazione e sperimentazione di alcune significative riforme. Che vedono m prima fila, nella battaglia delle idee e poi parlamentare, il protagonismo di figure e di una cultura laica cui solo in seguito, ed in forme incerte se non contraddittorie proverà ad associarsi il pensiero, e l'azione politica, della sinistra italiana, comunista e socialista. Non è un mistero che lo stesso governo Craxi, di cui lo storico napoletano è autorevole sottosegretario nel Ministero che era stato di Giovanni Spadolini, un decennio prima, in quello stesso 1985, data di nascita della legge Galasso, licenzi la legge n.47, il primo condono edilizio, la madre di tutte le successive e berlusconiane sanatorie per gli edifici abusivi. Forse, in quella lontana stagione di oltre trent'anni fa, non è difficile scorgervi i prodromi di un'Italia complessa e contraddittoria con cui ancora oggi facciamo i conti, in una difficile eredità.
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